L’Iva per asporto e delivery scende al 10%? C’è l’emendamento, la conferma dalla Legge di Bilancio

L’emergenza coronavirus con le misure restrittive imposte ai ristoranti ha portato alla diffusione dei servizi di asporto e consegna a domicilio e ha riacceso i riflettori su un vecchio nodo della normativa IVA, che le novità della Legge di Bilancio 2021 potrebbero sciogliere definitivamente.

Il DPR numero 633 del 1972, infatti, impone a chi opera nel campo della ristorazione di applicare l’imposta sul valore aggiunta in maniera diversa rispetto al servizio effettuato:

  • per la somministrazione si applica l’aliquota ridotta del 10%;
  • per la vendita di cibi e bevande è necessario applicare l’aliquota specifica del bene ceduto oppure ordinaria, quindi pari al 22%.

Si crea un bivio. A rendere difficile l’orientamento sono i confini incerti della somministrazione.

La stessa Agenzia delle Entrate è intervenuta più volte sul tema e nella risposta all’interpello numero 581 del 14 dicembre 2020, indicando alcuni fattori determinanti di cui tener conto, ha anche sottolineato: “nell’ordinamento fiscale nazionale non esiste una compiuta definizione di somministrazione di alimenti e bevande che consente di individuare incontrovertibilmente tale tipologia di prestazioni di servizi”.

In questi mesi di emergenza coronavirus da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze è arrivato il via libera all’applicazione di un’aliquota unica per i servizi di ristorazione, che permette di superare qualsiasi ostacolo interpretativo.

Durante le interrogazioni a risposta immediata presso la Commissione Finanze della Camera del 18 novembre 2020, il sottosegretario al MEF Alesso Mattia Villarosa si è espresso sul trattamento IVA per asporto e consegna a domicilio con queste parole:

“Allo stato attuale, tenuto conto della riduzione dei coperti per il rispetto degli ingenti vincoli igienico sanitari per la somministrazione in loco degli alimenti, la vendita da asporto e la consegna a domicilio rappresentano modalità integrative mediante le quali i titolari dei suddetti esercizi possono svolgere la loro attività anche se dotati di locali, strutture, personale e competenze astrattamente caratterizzanti lo svolgimento dell’attività di somministrazione abitualmente svolta dagli stessi. Alla luce di quanto suesposto entrambe le ipotesi possono rientrare nell’applicazione delle aliquote ridotte”.

La possibilità di applicare l’IVA ridotta al 10% da parte dei ristoranti per consegna a domicilio o asporto, nelle indicazioni fornite dal MEF, è strettamente connessa all’andamento dell’emergenza coronavirus e delle restrizioni imposte. In altre parole si tratta di una eccezione alla regola che prevede comunque una differenziazione tra somministrazione e vendita, quindi asporto e consegna a domicilio.

A distanza di un mese dai chiarimenti forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, l’Agenzia delle Entrate si è espressa sull’aliquota IVA da applicare all’asporto e alla consegna a domicilio e ha ribadito che, se mancano i presupposti per stabilire che si tratta di una somministrazione, è necessario applicare l’aliquota ordinaria del 22% o comunque specifica del prodotto per la vendita di cibi e bevande.

Nella risposta all’interpello numero 581 del 14 dicembre 2020, inoltre, non si accenna neanche all’aliquota unica prevista in questo momento di crisi epidemiologica.

Tra eccezioni temporanee e difficoltà interpretative, però, arriva la Legge di Bilancio 2021 a mettere il punto sull’aliquota da applicare ad asporto e consegna a domicilio.

Dopo l’arrivo dell’intervento, ufficiale e motivato, dell’Agenzia delle Entrate sul tema, ha deciso di intervenire concretamente il Parlamento, in sede di Legge di Bilancio 2021, allineando le aliquote IVA dell’asporto e della consegna a domicilio a quelli della somministrazione.

Il comma 40 dell'articolo 1 sezione I della legge di Bilancio 2021 assoggetta all’aliquota IVA del 10 per cento le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto. 

Il perimetro della norma è rappresentato dai soli piatti pronti e da quelli preparati al momento per essere immediatamente consumati, per essere consegnati a domicilio, per essere acquistati e portati via (asporto), quindi sono escluse le bevande, alle quali, si noti bene, dovranno essere applicate le aliquote ordinarie, e lo stesso vale per tutte le altre tipologie di beni che non presentano le caratteristiche indicate. Questo perché la norma non assimila l’asporto e la consegna a domicilio alla somministrazione (che è una prestazione di servizi comprensivo di prestazioni di fare, come il consumo in loco, e di prestazioni di dare, come la cessione di beni alimentari di qualsiasi caratteristica), ma assoggetta a una aliquota del 10% i piatti pronti e preparati al momento per il loro consumo immediato, per l’asporto e per la consegna a domicilio, stabilendo quindi un perimetro sul cosa, sul quando e sul come.

La fattispecie, di conseguenza, è autonoma: non può essere ricondotta né alla cessione di beni alimentari propriamente detta, né alla somministrazione di alimenti e bevande.

Infine, questione non trascurabile,  l’intervento normativo ha la forma di norma di interpretazione autentica, la quale non costituisce una modifica normativa ma una interpretazione con forza di Legge di norme già esistenti, e pertanto ha valore retroattivo. 


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