martedì 27 febbraio 2018

Importo NASPI 2018

La misura della prestazione è rapportata alla retribuzione imponibile previdenziale (quella, cioè, su cui sono stati versati i contributi) degli ultimi quattro anni. Infatti, l’importo è pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti:
1) se la retribuzione non supera i 1.208,15 euro mensili (dato da rivalutare annualmente), l’indennità mensile è pari al 75% di tale retribuzione;
2) se supera i 1.208,15 euro mensili, l’indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione più il 25% della differenza tra retribuzione e la soglia 1.195.

L’indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.314,3 euro mensili (dato da rivalutare annualmente). L’importo così determinato a decorrere dal quarto mese di fruizione si riduce del 3% ogni mese. La Naspi non ha durata prefissata; spetta, infatti, per un numero di settimane pari alla metà di quelle di contribuzione che risultano accreditate presso l’Inps a favore del lavoratore negli ultimi quattro anni. Con riferimento alla durata quest’anno il legislatore non ha previsto alcuna norma di favore per gli stagionali che nei due anni precedenti avevano goduto di specifiche deroghe.

NASPI 2018 : l'INPS ne facilita l'invio con domande precompilate

Le domande per la naspi 2018 saranno precompilate per semplificarne l'invio da parte dei cittadini. Lo ha comunicato ieri l'INPS con un comunicato stampa.
 A chi spetta la naspi nel 2018

Per effetto della Riforma del Jobs Act che ha riformato gli ammortizzatori sociali la Naspi può essere erogata nei confronti dei lavoratori privati dipendenti (con l’esclusione dei lavoratori agricoli per i quali resta in vigore la speciale disoccupazione agricola) e dei lavoratori a tempo determinato del settore pubblico. La prestazione spetta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente l’occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione involontaria; b) almeno 13 settimane lavorate nei quattro anni precedenti la disoccupazione; c) almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio della disoccupazione.

Con riferimento alla disoccupazione involontaria appare utile ricordare che possono fruire della Naspi anche i lavoratori che si sono dimessi per giusta causa (tra cui, in particolare, le lavoratrici madri), coloro che abbiano risolto il rapporto di lavoro nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione di cui all’articolo 7 della legge 604/1966, nonchè i licenziati per motivi disciplinari. Sono esclusi, invece, i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni per motivi diversi dalla giusta causa o di risoluzione consensuale dato che, in tale circostanza, la perdita del rapporto di lavoro non risulterebbe involontaria.



#NASPI #domande #precompilate

domenica 25 febbraio 2018

Buona Domenica

Buongiorno ai problemi che non mancano mai. A chi prova a trovare una soluzione. Alla voglia di farcela e al desiderio di non lasciarsi andare. Buongiorno a chi non si arrende al primo ostacolo. A chi non lo fa nemmeno di fronte al complicarsi delle cose. Alla forza di reagire e al cercare un modo per farlo.

Buongiorno a chi sa che nessuno gli regala nulla. Che se davvero vuole qualcosa deve andare a prendersela. A chi ha paura di farlo. Buongiorno a chi ha capito che il suo è un problema di testa. A chi ha perso le motivazioni e non riesce più a trovarle. A chi sembra essersi piantata e non riesce più a muoversi.

Buongiorno alle delusioni e a chi ne rimane vittima. Ai fulmini a ciel sereno e a chi resta a contare i danni. Che quando meno te l’aspetti, la vita ti mette alla prova. Buongiorno a chi a certe prove è arrivata impreparata. Che la teoria è un conto, ma la pratica è tutto un’altra roba. A chi si sente smarrita e non sa cosa fare.

Buongiorno a chi sta provando a metterci del suo, ma purtroppo non basta. Che delle volte si ha quasi l’impressione di girare a vuoto. A chi si chiede dove sia la soluzione a quello che ormai sta diventando un incubo. Buongiorno a chi si domanda come possa essere possibile essersi persi così. Che fino a poco fa le cose andavano diversamente. A chi è quel coraggio, che deve ritrovare.

Buongiorno ai Cuori delusi che non hanno più voglia di reagire.
Ad chi si lascia andare senza paracadute. Che non è certo un sorriso mancante a poter decidere della tua vita. Agli scatti di orgoglio e a chi non deve dargliela vinta.

martedì 20 febbraio 2018

Anche l’abito fa il leader: come vestire per essere autorevoli.  Datemi una cravatta e vi solleverò i bilanci: ecco il mantra del leader moderno.

Secondo recenti studi, infatti, sembra che indossare un abbigliamento formale e curato al lavoro influisca positivamente sulle performance di un professionista.

La ragione?

Sentirsi eleganti e autorevoli nel look aumenta l’autostima e fa crescere la consapevolezza nelle proprie capacità. Allo stesso tempo, comunicare o negoziare con un interlocutore ben vestito, scatena la sensazione di essere alle prese con un vero professionista e rende le relazioni più mature, leali e fruttuose.

Un mix di benefici verificati da un’approfondita analisi co-condotta da Michael W. Kraus, assistente docente di comportamento organizzativo alla Yale School of Management: lo studioso ha esaminato un campione di oltre 100 uomini compresi tra i 18 ed i 32 anni, osservandoli durante una simulazione di negoziazione.

Le cavie, divise in gruppi differenziati tra loro solo per l’abbigliamento indossato, hanno ottenuto risultati sensibilmente diversi a seconda dell’outfit. I gruppi dal look formale sono risultati più convincenti ed efficaci nella negoziazione, ottenendo revenues più sostenute. Al contrario, la porzione del campione vestita con abiti casual ha più spesso mostrato un atteggiamento remissivo, non riuscendo ad assumere una posizione dominante e vincente nella trattativa.

Ma non basta: oltre alla maggior sicurezza nel gestire le relazioni, vestirsi da leader aiuta a sentirsi tali anche nell’approccio al lavoro. Come in un processo di sottile autoconvincimento, assumere le sembianze di un manager induce il cervello ad immedesimarsi nel ruolo trascurando, ad esempio, i dettagli – vizietto del micro-manager insicuro – e osservando solo la big picture e gli aspetti strategici.

Questa evidenza è stata esaminata da un secondo studio in materia di “look e performance”, pubblicato su Social Psychological and Personality Science. Secondo quest’analisi, chi indossa un abbigliamento formale si proietta nei panni di un dirigente e come tale si comporta, gestendo e manovrando le mosse da una visuale più alta. Al contrario, il collega che ama tanto indossare jeans e maglietta anche in riunione, probabilmente pagherà lo scotto del suo amore per la comodità sentendosi più propenso ad occuparsi di dettagli e attività operative.

Attenzione, però, a non eccedere: dall’eleganza al fuori luogo il passo – con scivolone annesso – è breve.

Valutate il grado di formalità nel look in base all’ambiente in cui operate.

In una società di consulenza dove l’abito da uomo è un must, ad esempio, per alzare il tasso di eleganza aggiungete un dettaglio come un cappotto sartoriale o una pochette nel taschino. Per le donne, questo può tradursi nell’indossare una scarpa con tacco in vista di un meeting importante con un cliente: darsi un tono, vestendo più formali nei momenti cruciali, aiuta a tenere alta l’autostima e ad entrare nel personaggio.

In un ambiente informale, come una start-up digitale o un’agenzia di comunicazione, invece, evitate di apparire fuori contesto, modulando il look in base alle convenzioni sociali. Niente abito formale per l’uomo, che potrà interpretare correttamente il significato di eleganza con un pantalone casual in puro cotone, una camicia ordinata ed un blazer. Per la donna, quando serve un tocco di determinazione in più, indossare una giacca può fare la differenza.

In tutti i casi, ricordatevi di non strafare, applicando la regola del “plus or minus one” secondo cui basta un solo elemento per fare la differenza. Se i vostri colleghi indossano già la camicia, voi aggiungete la giacca. Se loro indossano sempre anche la giacca, salite di un gradino con la cravatta. Se l’abbigliamento è spesso formale per tutti, sfoggiate un orologio prezioso.

Di step in step, affermate la vostra eleganza e la vostra autorità come in una lucida conquista: lenta, ma inesorabile.

Come comportarsi con il Signor "So tutto Io, lascia fare solo a me!"

Come comportarsi di fronte ad un Signor “So Tutto Io”?
L’atteggiamento giusto varia a seconda della posizione del saccente: valutiamo, ruolo per ruolo, qual è la reazione migliore per placare le tensioni e proteggere l’integrità del team.

    1.Il “So Tutto Io” è un dipendente
La formazione di un dipendente passa anche dall’insegnamento dell’attitude giusta per meritare stima e rispetto.

Se una vostra risorsa si rivolge al team in modo troppo pretenzioso, non tardate a correggere il suo comportamento: assicuratevi di dare i feedback giusti al momento giusto, spiegandogli come il suo atteggiamento rischia di ripercuotersi negativamente sulla carriera. Nel dare la valutazione, evitate astrattismi: siate concreti, basandovi su fatti realmente osservati – ad esempio, spiegate che avete notato troppa prepotenza su come impostare un documento di presentazione – così da evitare fraintendimenti e incomprensioni.

    2.Il “So Tutto Io” è un peer
Se il saccente è un collega, prima di parlare valutate la natura della vostra relazione. Decidere di “bacchettare” un professionista con cui non siete in confidenza potrebbe farvi apparire invadenti, competitivi e saccenti, a vostra volta.

Se, invece, la conoscenza c’è, potreste esporvi, procedendo sempre con cautela.

Impostate il discorso in modo colloquiale, consigliando al collega di essere più liberale a vantaggio della crescita del team che, sotto la sua ombra, rischia di perdere spirito d’iniziativa e di proattività. Usate un tono di voce rilassato e conversate con tranquillità, alternando velate critiche a rinforzi positivi.

    3.Il “So Tutto Io” è il boss
La questione è delicata: criticare la presunzione del manager rischia di mettervi nei guai. Per questo, valutate attentamente il da farsi.

Evitate di esporvi su questioni di poco conto e risparmiate il fiato per quando ne varrà la pena.

Se ritenete che la presunzione del capo rischi di danneggiare seriamente il team o la Company, agite, ma con cautela. Cercate di fare cambiare idea al boss, accennando a possibili alternative: “Secondo te, se aprissimo una consultazione tra fornitori, piuttosto che ingaggiare il solito partner, potremmo ottenere prezzi più competitivi?”.

Per avere credibilità, portate con voi dati concreti a supporto: “Lanciare un nuovo prodotto potrebbe essere interessante: vorrei condurre un’analisi per valutare le opportunità di mercato ed essere certo che non ci siano rischi. Conto di sottoporti i risultati la prossima settimana”.

E in caso di successo, rendete pubblicamente il “So Tutto Io” parte attiva del buon esito: “Il boss mi ha incaricato di svolgere una ricerca di settore per valutare le potenzialità di lancio di un nuovo prodotto, e abbiamo riscontrato rischi concreti che ci hanno fatto cambiare idea”.

In tutti i casi, siate diplomatici ed empatici, sotterrando ogni sfumatura competitiva. Pena l’etichetta, a vostra volta, di “So Tutto Io”!

Manager: è meglio essere temuti o amati?

L’empatia genera fiducia: ecco la chiave di un vero leader

Un leader efficace sa che l’empatia è la prima soft skill da allenare e sfoderare per conquistare il rispetto di un team.



Mostrarsi amichevoli, trasparenti e saper stimolare un clima lavorativo piacevole e informale sono assi nella manica impareggiabili per far sentire i dipendenti pienamente compresi, sempre a proprio agio, felici di impegnarsi per una causa comune e disponibili a dare il massimo delle loro potenzialità.



Non solo: i team che hanno il vantaggio di avere come guida un leader illuminato mostrano molto più attaccamento al gruppo e all’azienda e ne sposano i valori, preferendo rimanere in società piuttosto che cercare altre opportunità di lavoro altrove. Del resto, come ben sappiamo, le risorse fuggono dai capi e non dalle Company.



Alte performance e basso livello di turnover: ecco due obiettivi cruciali già centrati da un leader aperto e affabile, in grado di essere gentile e sempre rispettoso nei confronti delle proprie risorse.



Terzo aspetto da considerare a vantaggio di una leadership piacevole, è quello di saper guidare efficacemente il team durante i momenti di cambiamento.



Mentre un boss di stampo autorevole crede nell’obbedienza e tende ad imporre le attività da svolgere, forzando le risorse verso nuovi obiettivi, il leader riesce a motivare una squadra e a guidarla, con grinta e commitment, fuori dalla comfort zone e verso nuovi traguardi.



 Gentilezza sì, ma sempre con professionalità: l’importanza della credibilità per un leader di successo

Attenzione, però, a non farvi confondere dall’eccessiva gentilezza come unico principio guida: condizione indispensabile affinché un leader raggiunga il successo è la sua preparazione, che deve essere tangibile e percepita dai suoi dipendenti. Solo di fronte ad un leader capace e professionista nel suo lavoro, le risorse si sentono al sicuro, protette e desiderose di imparare.



Insomma: la gentilezza è nulla senza competenza. Insieme, invece, le due variabili sono esplosive.

Come ottenere l’eccellenza? Puntate tutto sul carisma: è questa la dote che concentra personalità piacevole e credibilità, facendovi diventare apprezzati, ma allo stesso tempo estremamente rispettati.

Manager: è meglio essere temuti o amati?

“Un vincitore è solo un sognatore che non si è mai arreso” NELSON MANDELA

“Un vincitore è solo un sognatore che non si è mai arreso”
NELSON MANDELA

L'empatia è cruciale per un leader e si può imparare

L’empatia è una virtù cruciale per un buon leader: la capacità di comprendere gli altri, di entrare in connessione profonda con loro, di decodificare le loro emozioni e le loro necessità, apre la mente a ragionamenti non convenzionali e spinge ad avere nuovi approcci al modo di fare business. L’obiettivo? Creare team di lavoro fluidi e aperti, emotivamente liberi di esprimersi e consapevoli di essere compresi: solo così è possibile stimolare il commitment di tutti e remare, con forza, dalla stessa parte.



Una qualità, quella dell’empatia, che come tutte le “killer application” richiede impegno, tempo e dedizione per essere padroneggiata al meglio.



Per sviluppare empatia verso gli altri, occorre allenare la propria intelligenza emotiva, partendo da sé stessi e facendo un grande lavoro di consapevolezza, analisi, pazienza e resistenza.



Solo in seguito è possibile rivolgersi all’esterno, cercando di connettersi con il team.



Ecco qualche consiglio per farlo efficacemente.



1. Chiudere la bocca e aprire le orecchie

Prima regola per allenare l’intelligenza emotiva e imparare l’arte dell’empatia: meno parole, presunzioni e certezze, e più ascolto. Siate pazienti e imponetevi di lasciar parlare gli altri, anche se la vostra sensazione è quella di conoscere già il loro pensiero e di sapere la risposta giusta. Mostrandovi attenti e sinceramente curiosi, rimarrete stupiti di quante informazioni in più potrete ottenere, facendo sentire – nel frattempo – l’interlocutore davvero importante e compreso.



2. Vivete il momento

La vita frenetica è altamente stressante: durante una riunione, probabilmente, riceverete decine di altre mail. Mentre siete al telefono, la vostra casella vocale rumoreggia per una scadenza urgentissima da gestire subito. Anche nei momenti di tempo libero, c’è sempre un’emergenza da risolvere. Con la conseguenza che vivere pienamente ogni situazione e concentrarsi sulle singole attività svolte insieme alle altre persone diventa impossibile. Anche il linguaggio non verbale riflette questo stato di difficoltà, porta il corpo a contrarsi. Un effetto che di certo non favorisce l’empatia, non mostra apertura né comprensione. Sforzatevi di dedicare la vostra attenzione alle persone che sono con voi, in un determinato momento. E per allontanare lo stress, praticate respirazione e meditazione.



3. No al multitasking

Se avete messo in pratica il punto precedente, ora è il momento di fare un passo ancora più importante: oltre ad essere pienamente presenti e lucidi con le persone, evitate anche il multitasking. E non fa niente se pensate di essere abbastanza abili da poter fare due cose contemporaneamente: le relazioni hanno bisogno di tempo e concentrazione. Senza contare che l’interlocutore, vedendovi alle prese con un’altra attività in parallelo, avrà la netta – e giusta – sensazione di non essere importante.

L'empatia è cruciale per un leader e si può imparare

Busta paga firmata: dimostra il pagamento ricevuto oppure la firma del lavoratore non dimostra nulla? Scopriamolo insieme

Cominciamo innanzitutto con il dire che il datore di lavoro non può obbligare il dipendente a firmare il cedolino con la busta paga, mentre è suo preciso obbligo, a prescindere dalla suddetta firma, corrispondere ai dipendenti lo stipendio. Ad ogni modo, la firma del lavoratore sulla busta paga non è una prova sufficiente, per l’azienda, per dimostrare – in modo inconfutabile e incontrovertibile – l’avvenuto pagamento delle retribuzioni se c’è contestazione del dipendente.

Ed infatti, la firma della busta paga non equivale ad una dichiarazione, da parte del lavoratore, di aver ricevuto il pagamento. Tuttavia, questo atto potrebbe far presumere il pagamento, a meno che il lavoratore non fornisca prova contraria. Per cui, in caso di mancato versamento dello stipendio, nonostante la sottoscrizione del cedolino (che potrebbe essere avvenuta per imposizione), il lavoratore potrà fare causa al datore e recuperare gli arretrati. Ma cosa significa nella pratica? Che, in assenza di contestazioni, la firma del cedolino fa presumere l’avvenuto versamento dello stipendio; ma se il dipendente asserisce di non aver mai ricevuto i soldi, il datore di lavoro non potrà basarsi solo sulla busta paga con la sottoscrizione del lavoratore per dimostrare il contrario.

Cosa deve dimostrare il lavoratore?
Affinché la firma della busta paga non faccia automaticamente presumere che il pagamento sia stato effettuato, il lavoratore deve fornire prova dell’insussistenza del carattere di quietanza della dichiarazione sottoscritta. La busta paga difatti è un atto unilaterale, non un atto negoziale, si tratta cioè di un documento – obbligatorio – emesso direttamente dal debitore ovvero il datore di lavoro. La firma sulla busta dunque dimostra la ricezione della busta paga stessa, non necessariamente il pagamento degli importi su di essa riportati.

Spieghiamoci meglio.
La firma del dipendente sul cedolino non sempre costituisce quietanza, ossia non sempre è una ammissione di pagamento. La prima cosa da fare, dunque, è vedere cosa c’è scritto sulla busta paga in corrispondenza dello spazio riservato alla sottoscrizione del lavoratore. Due sono le ipotesi:

firma per «presa visione e accettazione»; a volte è scritto solo «firma per ricevuta»: in questo caso il dipendente ammette solo di aver ricevuto la busta paga (intesa come documento cartaceo) e nient’altro; non implica quindi quietanza di pagamento, ossia ammissione di aver ricevuto la somma spettante a titolo di retribuzione. Pertanto, firmare la busta paga, in questo caso, non implica alcun tipo di rischio, anche se lo stipendio non è stato ancora versato o non è stato versato per intero;

firma per «accettazione e quietanza» o più semplicemente «per quietanza». La dicitura, di norma, è la seguente: «Dichiaro che i dati riportati nel presente prospetto paga sono rispondenti a verità e che appongo la mia firma per ricevuta dello stesso e dell’importo netto sopra evidenziato come netto da pagare». In tal caso si presume che lo stipendio sia stato regolarmente versato dall’azienda; ma tale presunzione può essere sempre contestata dal lavoratore anche con una semplice dichiarazione confermata da qualche testimone. Basterebbe cioè che questi si rivolga al giudice per ottenere la condanna del datore al pagamento delle somme dovutegli per onerare quest’ultimo della prova contraria.
L’azienda dovrà allora fornire prove diverse dal semplice cedolino firmato, per dimostrare l’adempimento dell’obbligo retributivo: prove come un pagamento tracciabile perché eseguito con bonifico o con assegno.
Busta paga firmata: dimostra il pagamento ricevuto?
In sintesi, essendo la busta paga un documento che l’azienda è obbligata a rilasciare al dipendente a prescindere dalla sua sottoscrizione, la firma di quest’ultimo sul documento non può considerarsi una quietanza liberatoria ed ha valore di ricevuta del prospetto paga, ma non delle somme riportate sullo stesso cedolino. Il dipendente potrà ugualmente fare causa all’azienda per ottenere il pagamento degli eventuali stipendi non pagati.

Anche la Cassazione ha ragionato negli stessi termini, stabilendo che, in caso di una busta paga firmata, si deve ritenere sussistente una «presunzione di corrispondenza tra la retribuzione percepita e quanto indicato in busta paga anche se tale presunzione può essere sempre contrastata dal dipendente».

Posso rifiutarmi di firmare la busta paga? Infine, come abbiamo anticipato, il dipendente può rifiutarsi di firmare la busta paga. Questo comportamento non può essere usato dall’azienda come scusa per non pagare lo stipendio. Solo se il rifiuto è ingiustificato e comporta dei danni, il datore di lavoro potrà valutare l’applicazione di una sanzione disciplinare.

Stop allo stipendio in contanti: la tracciabilità delle buste paga
Tutte le problematiche sin’ora esposte, fra non molto, potrebbero non avere più ragione di esistere. La nuova legge di bilancio, infatti, ha stabilito che dal 1° luglio 2018 il datore di lavoro potrà versare lo stipendio solo attraverso strumenti di pagamento tracciabili. Niente più contanti, dunque: le buste paga dovranno essere trasparenti. In particolare, la nuova normativa vieta al datore di lavoro o all’azienda di pagare lo stipendio dei propri dipendenti in contanti. A breve, dunque, saranno messi al bando i “soldi cash” per pagare la retribuzione, anche se di piccoli importi. Il datore di lavoro potrà versare lo stipendio solo attraverso strumenti di pagamento tracciabili. A partire dal 1° luglio 2018, infatti, tutti i datori di lavoro o committenti non potranno più corrispondere ai dipendenti lo stipendio a mezzo di denaro contante, qualunque sia la tipologia di lavoro instaurato. La retribuzione e ogni anticipo di essa potrà, quindi, essere versata solo attraverso modalità tracciabili: ecco perché sul punto si parla di tracciabilità delle buste paga.

Stop allo stipendio in contanti: perché?
Obiettivo della nuova normativa sulla tracciabilità delle buste paga è quello di porre fine alla spiacevole prassi di pagare i lavoratori meno di quanto risulta in busta paga e di quanto previsto nei contratti collettivi nazionali (Ccnl). È infatti noto che alcuni datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare. Ed invero, quella di far firmare una busta paga “falsa” più che una prassi costituisce  un vero e proprio abuso, che non conosce latitudini. Si tratta, infatti, di una deprecabile pratica molto diffusa in ogni parte di Italia (non solo al Sud, per intenderci) ed in tutti i settori produttivi. Non sono stati pochi, inoltre, i casi di vera e propria estorsione perpetrata ai danni di dipendenti costretti, dietro minaccia di perdere il lavoro, ad accettare un salario inferiore rispetto a quello risultante nelle buste paga, formate regolarmente solo sulla carta. Così facendo, i datori di lavoro ottengono un illecito vantaggio a discapito del lavoro altrui, mentre i dipendenti non solo vengono privati di parte della propria retribuzione, ma vengono soprattutto lesi nella loro dignità. Come porre fine a tutto ciò? Rendendo lo stipendio tracciabile e “trasparente” ed eliminando i contanti.

Bonus verde 2018: fino a 5 mila euro a persona, per immobile, per intervento o per ogni balcone o giardino?

L’ultima Legge di Bilancio ha confermato il bonus verde 2018 per recuperare il 36% delle spese per interventi su giardini e terrazze fino ad un massimo di 5 mila euro. E sul nuovo bonus verde 2018 ci hanno scritto diversi lettori: l’occasione ci serve per fare chiarezza soprattutto sul tipo di interventi previsti e agevolabili e sul calcolo dell’importo.

Come ha chiarito la Legge di Bilancio 2018 la detrazione Irpef sugli interventi per giardini, terrazze e orti spetta per ogni unità immobiliare. Anche in caso di più interventi sullo stesso immobile quindi non si può chiedere due volte il bonus. Può invece chiederlo una seconda volta il proprietario che si occupa del verde di due unità immobiliare diverse di sua proprietà. Ricordiamo, rispondendo al quesito di cui sopra, che l’agevolazione riguarda anche le opere realizzate sulle parti comuni condominiali, nel limite della quota imputabile a ciascun condomino a patto che la stessa venga versata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Possono inoltre usufruire del bonus verde 2018 anche gli inquilini o gli usufruttuari perché la norma si rivolge anche a chi detiene l’immobile a titolo diverso dalla proprietà. E’ importante però che il contribuente abbia un titolo idoneo dimostrabile che confermi il possesso o la detenzione dell’immobile.

Prodotti per diabetici: come portare in detrazione gli acquisti del 2017 senza scontrino


Attenzione perché la detrazione sugli alimenti per il 2018 è in realtà stata anticipata anche agli acquisti fatti lo scorso anno (da portare quindi in detrazione sulla prossima dichiarazione dei redditi). Solo per quest’anno sarà sufficiente, qualora non si fosse in possesso dello scontrino parlante, presentare la prescrizione del medico per dimostrare le spese sostenute. Per gli acquisti da gennaio 2018 resta invece obbligatorio, ai fini della detraibilità, presentare lo scontrino parlante.

Il ministero della salute ritira dal mercato nota marca di latte

Latte Granarolo Accadì ritirato dai grossi centri di distribuzione per presenza di grumi e di instabilità al riscaldamento alla bollitura del latte. Questa è stata la motivazione che ha portato il ritiro in via precauzionale.

La COOP, ne ha disposto il ritiro da tutti i supermercati, per i seguenti lotti:
Latte Granarolo Accadì ritirato dai grossi centri di distribuzione: Coop e Carrefour, ecco i lotti.
Latte microfiltrato P.S. alta digeribilità Bene Sì Coop 1 litro SCADENZA dal 31/12/2017 al 5/01/2018;
Latte Accadì 1% di grassi a lunga conservazione senza lattosio (<0,01%) con vitamine A e D3
Scadenza 23/03/2018 – 22/03/2018;
Latte Accadì 1% di grassi UHT a lunga conservazione senza lattosio (<0,01%) con vitamine A e D3
Scadenza  15/03/2018 – 16/03/2018 – 17/03/2018 – 19/03/2018 – 20/03/2018 – 21/03/2018 – 22/03/2018;
Latte Accadì scremato UHT a lunga conservazione senza lattosio (<0,01%) con vitamine A e D3
Scadenza 16/03/2018 – 17/03/2018 – 22/03/2018 – 23/03/2018 – 24/03/2018;
Latte Accadì parzialmente scremato UHT a lunga conservazione senza lattosio (<0,01%)
Scadenza 19/03/2018 – 20/03/2018 – 21/03/2018;
Latte Accadì scremato UHT a lunga conservazione senza lattosio (<0,01%) con vitamine A e D3
Scadenza 21/03/2018 – 22/03/2018.
Dopo la segnalazione anche le altre grandi catene dei supermercati richiamano alcuni prodotti Granarolo.  Carrefour ritira 17 lotti di latte UHT Accadì senza lattosio, prodotto dalla GRANAROLO S.p.A. con sede dello stabilimento a Soliera (MO), Via Verdi 74.

I lotti possono essere consultati sulla pagina internet del sito http://www.foodsafeit.com/carrefour-richiamo-latte-uht-granarolo/ .

Il ritiro è avvenuto in via precauzionale, non comporta problemi di sicurezza del prodotto e di salute dei consumatori.

Carrefour, a scopo precauzionale e al fine di garantire la sicurezza dei propri clienti, raccomanda a coloro che hanno acquistato il prodotto con medesimi lotti di appartenenza, di riportarlo al punto vendita.

Yogurt con confetti al cioccolato con corpi estranei (plastica) ritirato dal mercato

yogurt con pezzi di plastica

Allerta alimentare per Yogurt con confetti al cioccolato per presenza di corpi estranei (plastica) ritirati da Eurospin. A darne comunicazione il Ministero della Salute nel comunicato si legge: Yogurt intero con confetti al cioccolato gusto Banana e gusto Fragola. Il ritiro si è reso necessario per presenza di Corpo Estraneo (frammenti plastica dura derivante dal contenitore).

Yogur ritirato dal mercato

Lo Yogurt oggetto del ritiro è venduto nell’unità da 120 gr. e con tutte le date di scadenza,  è prodotto da Latte Montagna Alto Adige Soc. Agr. COOP via Innstbruck n 43, 39100 Bolzano confezionato per Eurospin Italia Spa con marchio “Pascoli Italiani”.

Il Ministero stesso tra le avvertenze del richiamo ufficiale riporta: “RESTITUIRE IL PRODOTTO PRESSO IL PUNTO VENDITA DA CUI VERRÀ’ SOSTITUITO O RISARCITO”.

Permessi legge 104 se di venerdì e lunedì, bisogna prendere anche sabato e domenica?

In riferimento ai permessi legge 104, l’Aran chiarisce che ci sono delle specificità a seconda del settore e delle indicazioni. Questo è il caso del contratto della scuola che non contempla i permessi della L.104 suddivisi a ore. Detta anche un’indicazione sulla ‘tempistica’: “essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti”.

Quindi, chiarisce non si può sistematicamente decidere di fruire dei giorni di permesso legati alla Legge 104/92, ad esempio, di venerdì o lunedì, in modo strategico per “allungare” il week end.

La Funzione Pubblica nella circolare 1 del 3 febbraio 2012 chiarisce che il dipendente che assiste una persona in situazione di handicap grave diversa dal figlio nell’ambito dello stesso mese può fruire del congedo straordinario e del permesso di cui all’art. 33, comma 3, della legge 104 del 1992. Quindi è superata la circolare n. 13 del 2010, al paragrafo 4, in ordine alla preclusione rispetto al cumulo tra congedo ex art. 42, comma 5, e permessi.

Si precisa, inoltre, che nel caso di fruizione cumulata nello stesso mese del congedo (ovvero di ferie, aspettative od altre tipologie di permesso) e dei citati permessi di cui all’art. 33, comma 3, da parte del dipendente a tempo pieno questi ultimi spettano sempre nella misura intera stabilita dalla legge, i tre giorni, e non è previsto un riproporzionamento.

Ad esempio, il dipendente che dovesse fruire del congedo straordinario fino al 10 del mese può poi fruire, sempre per lo stesso mese, dei 3 gg. di permesso di cui all’art 33 legge 104/92. Questi ultimi permessi rimangono quindi sempre in numero di 3 giorni e non devono essere riproporzionati.

Inoltre per non conteggiare nei giorni di congedo i giorni non lavorativi (sabato, domenica e festività) è necessario riprendere almeno per un giorno l’attività lavorativa. Inoltre la più recente circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 1 del 3.2.2012 specifica che, anche nel caso in cui l’attività lavorativa non viene ripresa a causa di assenza per malattia del dipendente o del figlio, i giorni non lavorativi (sabato, domenica e festività) non saranno conteggiati nei giorni di congedo. Questo vale anche nel caso di rapporto  lavorativo part time.

Bonus mobili 2018: a chi spetta la detrazione 50%?


Il bonus mobili 2018 è stato prorogato nel 2018 grazie all'inserimento del provvedimento di proroga in un emendamento alla Legge di Bilancio 2018, per cui andiamo a vedere a chi spetta la detrazione bonus mobili quest'anno in base ai previgenti requisiti di legge.

Il bonus mobili spetta a coloro che avendo ristrutturato l'immobile dal 2017 in poi, hanno comprato gli arredi, grandi elettrodomestici, mobili ad incasso.

La detrazione spettante è pari al 50% e comprende le spese sostenute per acquistare anche i mobili fissi, ovvero, di armadi a muro, cucine in muratura, lavabo, lavandini bagno e cucina. Pertanto, al contribuente spetta il Bonus Mobili con detrazione 50% IRPEF per l'acquisto di nuovi arredi + un altro 50% di detrazione per la ristrutturazione edilizia,

Hanno diritto allo sconto Irpef, solo ai contribuenti che entro il 31 dicembre fruiscono della detrazione del 50% per gli "interventi di recupero del patrimonio edilizio, quali ad esempio le ristrutturazione edilizia, interventi di risparmio energetico, isolamento delle pareti, interventi di costruzione o ricostruzione di servizi igienici, ecc, iniziati a partire dal 1º gennaio 2017.

L'inizio dei lavori deve essere documentato con la Dia, Scia, Cil o Cila o da un'autocertificazione se i lavori sono in edilizia libera.

A chi spetta il bonus mobili? Il bonus può essere fruito da tutti i contribuenti che sono assoggettati all’imposta sul reddito delle persone fisiche che risiedono in Italia e all’estero e ai titolari di società i cui redditi sono assoggettati all'IRES. Nello specifico a:

  1. Proprietari di Immobili;
  2. Usufruttuari di abitazione o superficie;
  3. Nudi proprietari;
  4. affittuari;
  5. titolari di contratti in comodato d’uso;
  6. Soci di cooperative;
  7. imprenditori individuali, sempre se l’immobile non è ad uso strumentale;
  8. società semplici, in nome collettivo, in accomandata semplice e soggetti equiparati, imprese familiari con le stesse modalità degli imprenditori individuali.

Il bonus mobili spetta anche al coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado sempre se conviventi con il proprietario o con chi possiede dell’immobile oggetto della detrazione. In presenza di un contratto preliminare, il bonus spetta anche se i lavori vengono eseguiti a proprio carico o se è stato registrato il compromesso. Infine, spetta anche ai contribuenti che effettuano da soli i lavori sull’immobile, in tal caso le spese da portare a detrazione saranno limitate a quelle relative all’acquisto dei materiali utilizzati e ai mobili.

Bonus casa per condomini 2018 novità: il bonus IRPEF prevede ora che lo Stato rimborsi la detrazione del 65% della spesa a rate, in 10 anni.



L’ipotesi al vaglio del governo come confermato dal ministro Delrio è quello di prevedere delle detrazioni diverse dal 65% attualmente spettante. Tali nuove detrazioni, saranno modulate a seconda dei risultati raggiunti con gli interventi di risparmio energetico.

Il Governo inoltre proporrà di estendere il bonus anche ai lavori su giardini condominiali e balconi per il rifacimento delle facciate e per gli interventi atti alla rimozione dell’amianto dai tetti, un'operazione questa molto dispendiosa.

Inoltre il governo cercherà di unificare l'Ecobonus al sismabonus al fine di avere un unico cantiere per i condomini.

Cotton fioc ritirati dal mercato: poi toccherà ai cosmetici. Sono le disposizioni contenute nella Legge di Bilancio per la promozione di prodotti bio e non inquinanti. Ecco le nuove regole e quando scatteranno.

I cotton fioc non biodegradabili saranno ritirati dal mercato a partire dal 2019 mentre l’anno successivo stessa sorte toccherà alle microplastiche contenute in alcuni cosmetici.
Cotton fioc non bio, stando ai dati di Legambiente, rappresentano il 91% dei rifiuti rilevati in mare lungo la costa italiana.
Per quanto riguarda le microplastiche nei cosmetici basta pensare che, non di rado, il loro peso supera quello della plastica di tutto il tubetto o la boccetta in cui sono venduti. Tra i prodotti di igiene e bellezza più inquinanti ci sono scrub, bagnoschiuma, dentifrici ma anche rossetti, maschere per il viso, mascara, spray per capelli, creme idratanti e lenitive e schiume da barba.

Dall’anno prossimo intanto si parte dall’emergenza cotton fioc. Non solo dovranno essere biodegradabili ma le etichette dovranno indicare le istruzioni per il corretto smaltimento. Una campagna di sensibilizzazione che servirà ad evitare la dispersione di materiale inquinante in acqua. Stando ai dati Onu ci sono circa 8 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono in mare.

Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, ha commentato così l’approvazione dell’emendamento sulla “messa al bando dal 2019 dei cotton fioc non biodegradabili e non compostabili e lo stop dal 2020 all’uso delle microplastiche nei cosmetici”: “rappresenta davvero una bella notizia per l’ambiente e la conferma della leadership dell’Italia nel contrastare il marine litter che soffoca mari, fiumi e laghi anche nel nostro Paese come dimostrato dalle nostre campagne estive di monitoraggio. Ora vigileremo affinché si arrivi all’approvazione definitiva, e se ciò avverrà quella in via di conclusione si confermerà la legislatura che ha approvato nella storia repubblicana più leggi ambientali di iniziativa parlamentare a tutela dell’ambiente e delle imprese sane e innovative”.

Soddisfazione espressa e condivisa anche da parte di MareVivo che da anni si batte su questo fronte: “Abbiamo lanciato la campagna ‘Mare mostro: un mare di plastica’ e ci siamo attivati per questo disegno di legge ad hoc accolto dal Presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, che è diventato il primo firmatario insieme ad altri 40 parlamenterei di diverse coalizioni. Il successo è dovuto alla collaborazione della politica, delle associazioni, della società civile, del mondo scientifico e di tante eccellenze italiane che ci hanno sostenuto e che credono in uno sviluppo che sia compatibile con la salvaguardia dell’ambiente. L’Italia aggiunge un altro provvedimento a favore della protezione dell’ambiente che si aggiunge ad altri all’avanguardia come quello della messa al bando delle buste di plastica monouso che ci permette di esseretra i primi in Europa nel riciclo e recupero dei rifiuti.”

Bonus Mobili 2018


Il bonus mobili 2018, introdotto con il Decreto Legge 4 giugno 2013, n. 63 "Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale" pubblicato sulla GU Serie Generale n.130 del 5-6-2013, è stato prorogato dalla Legge di Bilancio 2018.

Ecco quindi quali bonus casa 2018 ci saranno nel 2018:

Il sismabonus 2018 con la detraibilità integrale delle spese per la diagnosi sismica, è previsto fino al 2021;
Il bonus ristrutturazioni 2018 è l'agevolazione fiscale che prevede una detrazione Irpef del 50% per i lavori edili eseguiti fino il 31 dicembre 2018.
Bonus mobili giovani coppie: questa agevolazione introdotta nel 2016, non è stata più progata e non ci sarà neanche nel 2018.
Ecobonus 2018: riconfermato al 65% ma alcuni interventi saranno rimodulati come gli infissi che scendono al 50%;
Bonus verde: è il nuovo incentivo che prevede la detrazione al 36% per un massimo di 5.000 euro per chi sostiene spese per il mantenimento recupero e sistemazione di giardini, terrazzi , balconi anche condominiali e storici.
Il bonus mobili: inserito all’art. 16 del decreto legge n. 63 del 4 giugno 2013, è strettamente correlato a chi effettua interventi di ristrutturazione edilizia, per esempio se si effettua il rifacimento della cucina, l’agevolazione spetta sia sul lavoro che sull’acquisto di arredi fissi e acquisto di elettrodomestici, come frigorifero, forno, lavastoviglie come è detraibile la spesa sostenuta per acquistare un nuovo lavabo, credenza, ripiani ecc. La detrazione al 50% per l'acquisto di mobili, arredi ed elettrodomestici spetta però, solo se i lavori sono iniziati a partire dal 1° gennaio 2017. Il limite di spesa agevolabile è fissato sempre a 10mila euro. In tale limite, vanno considerati gli interventi effettuati nel 2017 e proseguiti nel 2018, al netto delle spese sostenute nel 2017 per le quali si è fruito della detrazione.

Bonus casa 2018 novità Legge di Bilancio


Le novità bonus casa 2018 che il Governo Gentiloni ha voluto introdurre con la nuova Legge di Bilancio 2018, riguardano l'ampliamento dei bonus e delle percentuali di detrazione che spettano a chi ristruttura casa e/o fa interventi di risparmio energetico o fa prevenzione o interventi antisismici.

Ecco le novità sui nuovi bonus casa 2018:


  1. Bonus casa 2018 ristrutturazioni: detrazione del 50% per una massimo di spesa pari a 96.000 euro, da suddividere in 10 quote annuali di pari importo estesa anche ad altri tipi di intervento. Tale bonus, infatti, dovrebbe cambiare forma e sostanza con il nuovo bonus verde 2018, con detrazione al 36% per la riqualificazione urbana con interventi agevolabili per i privati e condomini per terrazzi, balconi e giardini e per chi finanzia lavori per il verde pubblico.
  2. Ecobonus 2018: detrazione al 65% per tutti coloro che effettuano interventi di risparmio energetico, per un massimo di spesa pari a 100 mila euro da suddividere sempre in 10 anni. L'Ecobonus con la nuova legge di bilancio 2018, è esteso all'edilizia popolare, ossia, alle case popolari. Un'altra novità è che dal 2018, la detrazione caldaie cambia.
  3. Bonus caldaie 2018: dal 1° gennaio 2018, entra in vigore il nuovo bonus caldaia a condesazione 2018.
  4. Bonus mobili 2018: agevolazione che prevede una detrazione pari al 50% per le spese sostenute per l’acquisto di mobili e di elettrodomestici, è stata riconfermata per il 2018.
  5. Sismabonus 2018: detrazione fino all’85% per chi effettua interventi su tutto l’edifico di risparmio energetico o di adeguamento sismico con il cd. sismabonus. Per il sismabonus, si parla anche di una possibile estesione dell'agevolazione ai capannoni e alle imprese. Novità 2018, approvata nella Legge di Bilancio 2018, è il bonus unico condomini.
  6. Bonus unico condomini 2018: solo per i lavori di riqualificazione energetica condominiali, sismabonus + ecobonus, con detrazione spese all'80% o 85%, a seconda del grado di riduzione del rischio raggiunto con gli interventi stessi.
  7. Bonus verde 2018: interventi di sistemazione e recupero del verde di giardini, terrazzi, balconi anche condominiali e di interesse storico.

Truffa 2 euro falsi: basta una calamita per riconoscere le monete contraffatte

Come riconoscere i 2 euro falsi e non cadere vittime della truffa? Svelato l'arcano!
La buona notizia è che riconoscere le monete da 2 euro contraffatte è facile: i Carabinieri spiegano che basta una piccola calamita. Solo quelle che si attaccano sono vere perché i falsari non riescono a riprodurre il procedimento unico con cui la Zecca ottiene l’effetto del magnetismo.

Quanto detto sulle monete più facilmente prese di mira da falsari, non vuol dire ovviamente che non bisogna prestare attenzione ai pagamenti con le banconote. Sono soprattutto i tagli da 5, 10 e 20 euro quelli maggiormente soggetti a falsificazione. Attenzione, quindi, soprattutto quando si riceve il resto: mai lasciarsi prendere dalla fretta neppure se c’è la fila di clienti.

Scadenza del 28 Febbraio per l'Autoliquidazione INAIL 2018

Entro il 28 febbraio 2018 le imprese devono comunicare all’INAIL l’ammontare delle retribuzioni imponibili su cui calcolare il premio ordinario. L’adempimento deve essere assolto dai datori di lavoro per i quali tutto (o parte) del premio è calcolato secondo il metodo delle “retribuzioni per il tasso”. Ai fini del calcolo, le retribuzioni da prendere in considerazione sono riferite non solo ai lavoratori subordinati, ma anche ad altre specifiche categorie di lavoratori a questi assimilati. Quali sono? E come si determinano le retribuzioni imponibili?

Le aziende devono presentare la dichiarazione delle retribuzioni telematica, comprensiva dell’eventuale comunicazione del pagamento in quattro rate, nonché della domanda di riduzione del premio artigiani entro il 28 febbraio.
I datori di lavoro iscritti all’INAIL ai sensi del Titolo I del T.U., Gestione Industria, sono tenuti al versamento del premio quale corrispettivo per l’assicurazione dei lavoratori che prestano la propria attività sotto la loro direzione.

Bonus alberghi: proroga del termine per la compilazione delle domande



Prorogato al 22 febbraio il termine ultimo per la compilazione delle istanze per accedere al credito d’imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive. Nessuna modifica per il click day, che resta fissato dal 26 al 27 febbraio. Il bonus alberghi, nella versione potenziata dalla legge di Bilancio 2017 compete nella misura del 65% dei costi ritenuti ammissibili, fino ad un massimo di 200.000 euro.

Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con avviso, ha comunicato la proroga della data di chiusura della prima fase per l’accesso al credito d’imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive per le spese sostenute nel 2017.
Nuove date
In seguito alla proroga, il termine finale per la compilazione delle domande slitta dalle ore 16:00 di oggi, 19 febbraio 2018, alle ore 14:00 del 22 febbraio 2018.
Nessun rinvio invece per il click day, che si svolgerà dalle ore 10:00 del 26 febbraio 2018 alle ore 16:00 del 27 febbraio 2018.

Amministratori di condominio: invio delle spese di ristrutturazione entro il 28 febbraio


Per gli amministratori di condominio è tempo di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati che riguardano le spese relative agli interventi di ristrutturazione edilizia e di risparmio energetico, effettuati nel 2017 sulle parti comuni di edifici residenziali. Il termine ultimo per assolvere l'adempimento è fissato al 28 febbraio 2018. In relazione alla comunicazione relativa alle spese sostenute nel 2017, l’obbligo ricade sull’amministratore in carica al 31 dicembre 2017. I dati contenuti nelle comunicazioni sono utilizzati per l’elaborazione da parte dell’Agenzia delle Entrate del modello 730 precompilato 2018 o il modello Redditi precompilato 2018. Quali sono i dati da trasmettere in caso di morosità del condomino?

Per gli amministratori di condominio inizia il conto alla rovescia per comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle spese sostenute nel 2017 dal condominio, in relazione agli interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica, effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, e all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
L’invio, come stabilito dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 1° dicembre 2016, deve essere effettuato entro il 28 febbraio 2018.

Commercialisti e avvocati: dal 1° marzo 2018 comunicazione telematica obbligatoria per gli adempimenti di lavoro

Sarà obbligatoria dal prossimo primo marzo la comunicazione telematica relativa agli adempimenti di lavoro per avvocati e commercialisti. A stabilirlo è il Ministero del Lavoro con nota n. 32 del 15 febbraio 2018 (sotto allegata), con la quale ha specificato che i professionisti iscritti all'albo degli avvocati o a quello dei dottori commercialisti ed esperti contabili che svolgono, per conto dei datori di lavoro, tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, dovranno darne comunicazione agli ispettorati del lavoro competenti attraverso una nuova procedura.

Avvocati e commercialisti: i moduli per la comunicazione obbligatoria per adempimenti di lavoro
Come riferisce la nota ministeriale, a questo proposito sono stati preparati dei moduli informatizzati (rinvenibili sul portale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, solo ed esclusivamente attraverso il sistema digitale Spid) che serviranno alla formazione di una banca dati con le informazioni relative ai professionisti che intendono operare ai sensi dell'art. 1 della legge professionale n. 12/1979.

Il modello di comunicazione, utilizzabile dai professionisti, è formato da due parti: nella prima parte vanno inseriti i dati inerenti al soggetto autorizzato (dati anagrafici, residenza, iscrizione all'albo, studio); nella seconda gli ambiti provinciali in cui sono situate le imprese che hanno affidato la tenuta del LUL al professionista, il quale è tenuto ad indicare la data iniziale e l'eventuale data finale del relativo incarico.

La comunicazione va fatta prima del compimento di qualsiasi atto gestionale riferibile all'attività delegata e va modificata ogniqualvolta venga ad aggiungersi o venga meno un ambito provinciale dove il professionista opera.

Le comunicazioni inoltre saranno tracciate grazie ad un apposito codice identificativo rinvenibile nella ricevuta di trasmissione.

Nel caso in cui il personale ispettivo verifichi una mancata comunicazione da parte del professionista, lo comunicherà al Consiglio dell'Ordine di appartenenza per consentire l'adozione degli eventuali provvedimenti di competenza.

Farmaci: pericolosi per la salute LISOMUCIL ritirati da Sanofi

La Società Sanofi comunica il ritiro cautelativo volontario dal mercato dei lotti della specialità medicinale LISOMUCIL. Lo rende noto Federfarma Roma segnalando una nota dell’azienda pervenuta in data 19.06.2017.
Risultati immagini per lisomucil
I farmaci interessati sono LISOMUCIL*AD SCIR200ML S/Z 750 – AIC 023185097:

  • Lotto 332 Dicembre 2018;
  • Lotto 333 Dicembre 2018;
  • Lotto 334 Aprile 2018;
  • Lotto 335 Aprile 2019;
  • Lotto 336 Giugno 2019;
  • Lotto 337 Giugno 2019;
  • Lotto 5K0402 Luglio 2018;
  • Lotto 5K0421 Agosto 2018.


LIMOSUCIL è utilizzato nella terapia sintomatica delle affezioni dell’apparato respiratorio accompagnate da tosse e catarro. Il richiamo precauzionale è dovuto alla possibile presenza di precipitato, confermato dall’analisi effettuata presso un sito di produzione su campioni dei suddetti lotti. Le confezioni dei succitati lotti, presenti in farmacia, dovranno essere immagazzinate in apposita area sicura e quindi predisposte per essere inviate ad Assinde con la prima tranche utile.

Sai quanto ti costa una baby sitter nel 2018 per i tuoi bimbi? Fatti un rapido calcolo con il nostro articolo

Quanto costa una baby sitter nel 2018? Stipendio minimo da contratto, busta paga e contributi
Cercasi baby sitter 2018 per bambino di sei mesi: quale contratto e quale stipendio? Facciamo chiarezza.
di Alessandra De Angelis, pubblicato il 20 Febbraio 2018 alle ore 07:08
Cercasi baby sitter 2018 per bambino di sei mesi: quale contratto e quale stipendio? Facciamo chiarezza.

Per mettere in regola il personale domestico si possono individuare quattro livelli di inquadramento, ognuno dei quali ha poi due diversi sottolivelli di specializzazione.
Risultati immagini per baby sitter
Quale di questi va bene per le baby sitter?

Livello A: include collaboratori familiari generici, non addetti all’assistenza di persone ed esperienza professionale (maturata anche presso datori di lavoro diversi) non superiore a 12 mesi (dopo 12 mesi di anzianità nel settore è previsto lo scatto automatico al livello B con la qualifica di collaboratore generico polifunzionale).
Livello A super prevede espressamente:
a) Addetto alla compagnia
b) Baby-sitter ( mansioni occasionali e/o saltuarie).

Tornando quindi all’assunzione di baby sitter 2018, che in questa sede ci interessa, il contratto per collaborazione saltuaria o occasionale prevede l’inquadramento A super (stipendio minimo 743,55 euro mensili per i conviventi mentre di 5,39 all’ora per i non conviventi).

Nel livello B rientrano:
collaboratori familiari che, in possesso della esperienza necessaria, svolgono mansioni ancorché di tipo esecutivo.

Il livello B Super scatta per casi di assistenza a persone autosufficienti. Per i collaboratori familiari con esperienza lo stipendio mensile sarà di euro 800,74 per i conviventi e di euro 5,72 all’ora per i non conviventi. Per il livello B Super lo stipendio mensile minimo sale a euro 857,94 per conviventi per i non conviventi, di 986,62 euro mensili per l’assistenza notturna di persone autosufficienti e di euro 6,06 l’ora per i non conviventi.

Il livello C (e CS) prevede la stessa distinzione ma per persone non autosufficienti.

Secondo un’interpretazione ampiamente diffusa la baby sitter con mansioni di cura sono inquadrabili come tata e quindi il contratto adeguato è di tipo BS. Seguendo questa corrente allora si dovrà concludere che se i bambini da assistere hanno meno di tre anni (come nel caso preso ad esempio) l’inquadramento giusto per il contratto da baby sitter è il livello C (CS).
Per l’inquadramento CS la paga mensile per i non conviventi sarà di 972,33 euro al mese, per l’assistenza notturna di persone non autosufficienti sarà di 1.118,18 euro mensili, mentre la paga oraria per i collaboratori non conviventi sarà di euro 6,74. Questo per rispondere alla nostra lettrice che aveva in programma una spesa di circa mille euro.

Il Livello D è infine riservato a collaboratori familiari in possesso dei necessari requisiti professionali e che ricoprono posizioni di lavoro caratterizzate da particolari responsabilità, autonomia decisionale e/o coordinamento.
Livello D super Assistente permette l’assunzione di personale addetto all’assistenza di persone non autosufficienti.

Per concludere ad ogni inquadramento contrattuale corrisponde una retribuzione adeguata secondo la nuova tabella stipendi 2018. Non si tratta di aumenti molto consistenti: ad esempio, colf, badanti e baby sitter inquadrate nel livello B beneficeranno di incremento salariale di 4 centesimi all’ora, pari a circa 5 euro in più al mese. Come ha commentato Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di Domina, Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico “seppur minimo, porterà ad un aumento di circa 50 Euro all’anno per le famiglie che hanno assunto una colf e di circa 100 Euro per chi ha una badante. Contando una media di circa 400 mila badanti e 400 mila colf con regolare contratto, il costo del lavoro domestico aumenterà di circa 60 milioni di Euro”.




Bonus pubblicità 2018 come funziona?

 Il bonus  pubblicità, funziona sotto forma di credito d'imposta. Ciò significa che a partire dal 2018, i professionisti, lavoratori autonomi e le imprese di qualsiasi natura giuridica, potranno beneficiare di un credito d'imposta dal 75% al 90% massimo, qualora effettuino investimenti pubblicitari su tv, giornali e radio, da utilizzare tale credito, in compensazione con la dichiarazione dei redditi.

Uno dei più importanti requisiti richiesti per beneficiare del bonus pubblicità 2018 è quindi quello di effettuare investimenti in campagne pubblicitarie in misura maggiore almeno dell'1% rispetto all'anno precedente, per cui se nel 2017 si è investito 10.000 euro, per beneficiare del bonus occorre che nel 2018 venga speso almeno l'1% in più rispetto ai 10.000 dell'anno prima, per cui almeno 10.100 euro.

Nel caso in cui poi, l'investimento pubblicitario 2018 sia da parte di micro imprese, piccole e medie imprese e start up innovative, il credito d'imposta è aumentato al 90% rispetto al 75% previsto per le altre categorie.

Ricordiamo poi che il bonus è fruibile solo sotto forma di credito d'imposta in compensazione tramite modello F24 previa relativa domanda al dipartimento per l’Informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri.

In attesa di conoscere tutti i dettagli del decreto attuativo che ne fisserà le regole, i requisiti, le modalità con cui presentare la domanda bonus pubblicità 2018, quali saranno i contribuenti beneficiari del bonus fiscale per gli investimenti pubblicitari e per quale tipologia di strumento editoriale spetterà il nuovo credito d'imposta fino al 90%, vediamo, sulla base di quanto previsto dall'articolo 57-bis del dl 50/2017, a chi spetta il bonus, quanto spetta ed i requisiti.

Conosci le sanzioni per omesso o tardivo invio della Certificazione UNICA 2018?


Per ogni certificazione omessa, inviata tardivamente o con dati errati è prevista l'applicazione di una sanzione di 100,00 euro, senza possibilità, in caso di violazioni plurime, di applicare il "cumulo giuridico". Questo significa che se un sostituto invia tardivamente 10 certificazioni, sarà applicata la sanzione di 1.000 Euro.
Vi è pero' un limite massimo di sanzione per sostituto di 50.000 euro per anno!

Sai quando scade la Certificazione Unica 2018?


La Certificazione Unica 2018 deve essere consegnata al percettore e spedita all'Agenzia in due momenti diversi

La Certificazione Unica 2018 deve essere:

  • consegnata al percettore del reddito entro il 31 marzo 2018 (c.d. CU sintetica), in duplice copia, anche in formato elettronico (la data, inizialmente fissata a fine febbraio è stata modificata con il D.l. 193/2016), oppure entro 12 giorni dalla richiesta degli stessi in caso di interruzione del rapporto di lavoro (31 ottobre per le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata).
  • trasmessa telematicamente all'Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo 2018 (CU ordinaria).

I termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo.

Bonus fiscale del 65% per la riqualificazione degli alberghi e degli agriturismi.

Alle imprese alberghiere e agli agriturismi, esistenti alla data del 1° gennaio 2012, è riconosciuto un credito d’imposta del 65% per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018 relative a interventi di ristrutturazione edilizia, che abbiano anche finalità di riqualificazione di incremento dell’efficienza energetica o riqualificazione antisismica, ovvero per le spese per l’acquisto di mobili e componenti d’arredo. Il tutto a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all’esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima del secondo periodo d’imposta successivo.

È considerata struttura che svolge attività agrituristica, quella disciplinata sia dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96 sia dalle norme regionali.

Segna nella tua agendina lo slittamento della scadenza dello Spesometro 2018

Spesometro semplificato e proroga scadenza per l'invio dati II° semestre 2017
Slitta al 6 aprile 2018 il termine per l'invio dei dati delle fatture emesse e ricevute del secondo semestre 2017

Spesometro e Spesometro "light" 2018


Il 30 novembre 2017 è stato approvato il DL 148/2017, collegato fiscale alla Legge di stabilità 2018 contenente alcune semplificazioni in merito allo spesometro. Le novità riguardano lo Spesometro 2018, e l'Agenzia delle Entrate le sta introducendo nel modello, attualmente disponibile in bozza. La data di scadenza dello spesometro, prevista il 28 febbraio è stata prorogata al sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del modello definitivo (non ancora avvenuta) nel rispetto dello statuto del contribuente.

Tra le semplificazioni introdotto dal nuovo Spesometro "light" in scadenza il 6 aprile 2018, spicca la possibilità per le fatture di importo inferiore a 300 euro registrate con un documento riepilogativo, di evitare la trasmissione analitica dei dati. Infatti in luogo delle fatture emesse e  ricevute di importo inferiore a 300 euro, registrate cumulativamente è facoltà dei contribuenti trasmettere i dati del documento riepilogativo. I dati da trasmettere comprendono almeno:


  • partita IVA del cedente/presestatore per il documento riepilogativo delle fatture attive
  • partita IVA del cessionario/committente per il documento riepilogativo delle fatture passive
  • la data e il numero del documento riepilogativo
  • l'ammontare imponibile complessivo
  • l'ammontare dell'imposta complessiva distinta seconda l'aliquota applicata.

​Nel corso di Telefisco 2018 è stato chiarito dall'Agenzia delle Entrate che dato il rinvio delle disposizioni al DPR 695/96, l'importo di 300 euro deve intendersi come importo complessivo delle fatture, comprensivo d'IVA.

lunedì 19 febbraio 2018

Dal 1° luglio 2018 viene abolita la scheda carburanti e cambiano le regole

Il fisco offre a imprese e lavoratori autonomi l'opportunità di detrarre dal reddito imponibile le spese per il carburante. La deducibilità è totale nel caso di automezzi utilizzati solo come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa (ad esempio autocarri), mentre negli altri casi spetta in misura ridotta.

Per scaricare dalle tasse il costo della benzina, del gasolio, del gpl, etc., è necessario documentare al fisco la spesa sostenuta; non bisogna invece dimostrare la finalità del viaggio per scopo lavorativo.

Per provare l’esborso del prezzo del carburante è necessario disporre di una attestazione rilasciata dall'esercente del distributore che andrà custodita per eventuali controlli. Tuttavia i proprietari delle pompe di benzina non possono rilasciare fattura o scontrino. Pertanto se l’automobilista vuole scaricare dalle tasse il costo di acquisto del carburante deve compilare la c.d. "scheda carburante" in ogni sua parte. Sulla scheda si annotano le spese con timbro e firma del benzinaio e le relative indicazioni riguardanti la data, la quantità e tipologia di carburante erogato.

Pertanto con questa procedura il pagamento del carburanti avviene in contanti senza il rilascio contestuale di nessuna ricevuta.

Dal 1° luglio 2018 ci sarà una nuova procedura per combattere l'evasione fiscale! La legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017) ha sancito un nuovo principio che cambierà le regole per la deduzione delle spese di carburante per autotrazione.

Infatti, a partire dal prossimo 1° luglio, queste saranno deducibili solo se sostenute tramite carte di credito, carte di debito o carte prepagate.

Sempre a partire dal primo luglio 2018 la stessa legge di Bilancio prevede che gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati dalle partite Iva presso gli impianti stradali di distribuzione dovranno essere obbligatoriamente documentati con la fattura elettronica. In pratica diventerà onere del benzinaio tutte le volte che effettua un rifornimento a un soggetto dotato di partita Iva emettere la fattura elettronica.

Pertanto con questo nuovo obbligo, dal 1° luglio 2018  verrà contestualmente abolita l'attestazione della spesa tramite la "scheda carburante".

In questo contesto viene prevista anche una agevolazione per gli esercenti di impianti di distribuzione di carburante: a tali soggetti spetta un credito d’imposta al 50% del totale delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate dal 1° luglio 2018 tramite sistemi di pagamento elettronico. Il credito sarà utilizzabile esclusivamente in compensazione dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione.

Riepilogando, le novità a partire dal primo luglio 2018 per le spese del carburante sono:

spese per carburanti: deducibili solo se effettuate con carte di credito, di debito o prepagate;

documenti per acquisti di carburante: abolita la scheda carburante e introduzione della fattura elettronica per documentare la spesa;

bonus esercenti impianti di distrubuzione carburante: credito al 50% delle commissioni addebitate per le transazioni dal 01.07.2018.













Dal 1° luglio 2018 viene abolita la scheda carburanti e cambiano le regole: Le novità del 2018 per le partite IVA, con abolizione della c.d. 'scheda carburante' e le nuove regole per la deducibilità delle spese.

Fatturazione Elettronica obbligatoria dal 1 gennaio 2019 anche tra privati

Dal 1° gennaio 2019 la fattura elettronica sarà obbligatoria anche tra i privati. Quali implicazioni e quali opportunità per imprese e studi professionali? In questo articolo facciamo il punto della situazione.
Il recente Ddl di Bilancio per il 2018 ha introdotto l’obbligatorietà della fatturazione elettronica tra privati residenti o stabiliti in Italia a partire dal 1° gennaio 2019, con un’anticipazione al 1° luglio 2018 per gli operatori del settore petrolifero e dei carburanti. Qualora l’iter di approvazione della manovra dovesse concludersi senza significative modifiche, gli operatori economici, quindi, saranno tenuti ad emettere fatture solo in modalità elettronica; fatture diverse da quelle elettroniche si intenderanno semplicemente come “non emesse”. La gestione della fatturazione B2B diventerà un’evoluzione del già noto B2G (verso la Pubblica Amministrazione), di cui erediterà formato (l’xml con cui abbiamo già preso confidenza in questi anni), modalità di trasmissione (tramite il Sistema di Interscambio, con cui, con alterne fortune, ci siamo confrontati in occasione del primo invio dei dati fatture) e obbligo di conservazione sostitutiva.


Si tratta di una vera e propria “rivoluzione”, più volte annunciata e ora definitivamente introdotta per obbligo normativo, in virtù di una deroga che l’Unione Europea, organo sovrano a livello comunitario in materia di IVA, ha concesso al governo nazionale e finalizzata all’abbattimento del tax-gap che il nostro Paese registra in misura straordinariamente anomala rispetto agli altri Stati dell’Unione; divario di fronte al quale era originariamente stato previsto l’innalzamento delle aliquote dal 22 al 25% e dal 10 all’11,5% (aumento, per il momento, scongiurato proprio dall’introduzione della FeB2B).
Rimarranno escluse da tale obbligo di fatturazione elettronica le prestazioni e le cessioni effettuate:
verso soggetti non titolari di partita IVA;
da parte di contribuenti minimi e forfetari;
verso (e, ovviamente, da) contribuenti non residenti o non stabiliti in Italia, per le quali, però, sarà necessario effettuare una sorta di “spesometro” dedicato, entro il giorno 5 di ogni mese (scadenza che appare quantomeno “stringente”).
Viceversa, l’introduzione di tale obbligo comporterà, secondo le intenzioni espresse nel disegno di legge presentato dal Governo, una notevole serie di semplificazioni, tra le quali spiccano senza dubbio:
eliminazione dell’adempimento relativo alla presentazione dell’elenco dei dati delle fatture emesse e ricevute (che, transitando obbligatoriamente tramite il SdI, risultano evidentemente già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria), ma non anche delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche;
dichiarazione IVA precompilata e relativi modelli F24 di versamento precompilati, a beneficio di professionisti e imprese in contabilità semplificata, oltre all’eliminazione dei registri IVA.
I primi commenti di fronte all’introduzione obbligatoria della fatturazione elettronica sono, come prevedibile, molto variegati e passano dall’euforia (in ragione degli indubbi vantaggi in termini di maggior efficienza e di riduzione dei costi che la revisione dei processi amministrativi aziendali sicuramente porterà), allo scetticismo (per l’introduzione obbligatoria a norma di legge a scapito della facoltatività e volontarietà degli operatori economici, e per i dubbi relativi alla tenuta del sistema informatico), alla delusione e preoccupazione, avvertite principalmente da professionisti e consulenti.


Questi ultimi, infatti, ravvisano nell’introduzione della fatturazione elettronica:
un onere aggiuntivo che dovranno sobbarcarsi per sopperire alle carenze informatiche della maggior parte dei loro clienti, principalmente piccole e piccolissime imprese spesso non dotate nemmeno di un pc;
un superamento della loro attività di inserimento ed elaborazione dati, che, ad oggi, è spesso prevalente specialmente all’interno di strutture medio-piccole; attività per le quali l’Agenzia delle Entrate si pone come unico intermediario di riferimento;
la “morte della contabilità”.
A tale ultimo proposito, si può certamente evidenziare che sarà possibile, grazie alla fatturazione elettronica, ridurre in misura significativa i tempi di gestione, in virtù della possibilità di contabilizzare ciclo attivo e passivo in maniera semi-automatica. Altrettanto, però, a parere di chi scrive si deve riconoscere che lo scenario in base al quale la tenuta della contabilità diventerà superflua è, ad oggi, da escludersi per una serie di ragioni, tra le quali possono essere sommariamente ricordate almeno le principali:
in primis, il bisogno, proprio delle aziende più strutturate ma anche delle realtà di minori dimensioni, di avere il pieno controllo dei conti;
la necessità di determinare il carico fiscale ai fini delle imposte sui redditi, che, anche in caso di contribuenti minori, è comunque influenzato da movimenti spesso non rilevanti ai fini dell’IVA (assicurazioni, affitti, stipendi e contributi, oltre ad ammortamenti e minus/plusvalenze);
l’impossibilità di determinare correttamente i dati della eventuale precompilata IVA nei casi di adozione di regimi speciali che spesso abbisognano di ricalcoli in occasione della singola prestazione (margine analitico) o di riconteggi a fine anno (ventilazione, margine globale);
l’esigenza degli istituti di credito di avere a disposizione una situazione economica e patrimoniale delle aziende per determinare il grado di rischio del cliente e quindi la possibilità di erogare finanziamenti ed a quali condizioni.

In ogni caso, è evidente che, con l’introduzione della fatturazione elettronica (e, in un domani non molto lontano, dell’addebito o accredito automatico in banca) alcune attività si andranno inevitabilmente a ridurre e diventerà, pertanto, prioritario per professionisti e consulenti recuperare quelle quote di fatturato che in qualche misura saranno perse: si pensi, ad esempio, all’opportunità di avere i dati contabili aggiornati in tempo reale e, quindi, alla possibilità di essere maggiormente a supporto del cliente; oppure, alla possibilità di specializzarsi nell’accompagnare le aziende nei processi di digitalizzazione; o, ancora, all’opportunità di ricoprire il ruolo di responsabili della conservazione, piuttosto che sostituirsi al cliente stesso nella gestione della fatturazione elettronica.

Annota le scadenze Campagna 730/2018

La novità più rilevante per la campagna 730/2018 riguarda le scadenze. Con la legge di Stabilità 2018 (L. 205/2017) sono state introdotte le seguenti nuove scadenze per la trasmissione dei 730/2018 in Agenzia delle Entrate da parte dei CAF/Intermediari abilitati:
29 giugno per le dichiarazioni presentate dai contribuenti entro il 22 giugno;
7 luglio per le dichiarazioni presentate dai contribuenti dal 23 giugno al 30 giugno;
23 luglio per le dichiarazioni presentate dal 1° luglio al 23 luglio.
La scadenza per la presentazione del modello 730 da parte del contribuente al CAF/Intermediario abilitato non sarà più il 7 luglio, come previsto nella precedente campagna, ma sarà il 23 luglio.

Stampa registri IVA solo su richiesta e favor rei per il passato

Il collegato alla Legge di bilancio ha modificato le regole di tenuta dei registri IVA gestiti mediante sistemi elettronici, stabilendo l’obbligatorietà della relativa trascrizione su supporti cartacei soltanto ove specificamente richiesta in sede di controllo dagli organi procedenti. In questo articolo analizziamo i dettagli dell’importante semplificazione in favore dei contribuenti nella gestione degli obblighi strumentali in materia di registri IVA.
La novella è contenuta all’art. 19-octies comma 6 del DL 16 ottobre 2017 n. 148 che introduce il comma 4-quater all’art. 7 del DL 357/1994.


La deroga stabilisce che la tenuta dei registri IVA mediante sistemi elettronici si considera regolare anche qualora non si sia provveduto alla trascrizione degli stessi su supporti cartacei entro il terzo mese successivo al termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi. Ciò, tuttavia, purché in sede di accesso, ispezione o verifica, risultino rispettate le seguenti condizioni:
i registri IVA siano aggiornati sui supporti elettronici;
gli stessi possano essere stampati con immediatezza a seguito di richiesta degli organi procedenti e in loro presenza.

Dal punto di vista dei soggetti coinvolti, la facoltà di tenere in modalità esclusivamente elettronica i registri IVA delle vendite e degli acquisti è stata ammessa senza limitazioni di carattere soggettivo. La norma, dunque, è applicabile con riferimento a tutti i soggetti passivi IVA, vale a dire:
ai soggetti che esercitano attività d’impresa (art. 4 del DPR 633/72);
ai soggetti che esercitano attività di arte o professione (art. 5 del DPR 633/72).
Deve ritenersi che l’applicabilità della novella debba estendersi anche ai soggetti che utilizzano i registri IVA ai fini delle imposte sui redditi come i soggetti in contabilità semplificata, dato che altrimenti la semplificazione avrebbe una portata del tutto limitata e rivolta esclusivamente ai soggetti che adottano la contabilità ordinaria. Sul punto la norma non pone alcuna limitazione e finora l’Agenzia delle Entrate si è espressa in maniera contraria.

La semplificazione riguarda esclusivamente i registri delle vendite e degli acquisti (artt. 23 e 25 del DPR 633/1972). Pertanto, l’obbligo di stampa entro i termini di legge previsti continua a sussistere per il registro dei corrispettivi (art. 24 del DPR 633/1972) e per tutti gli altri registri IVA speciali (es. registro degli omaggi, registro degli imballaggi non restituiti, ecc.), nonché per gli altri registri contabili non previsti dalla disciplina IVA.


Posto che la nuova normativa consente la possibilità di tenere i registri IVA indicati con modalità esclusivamente elettronica, si riepilogano i termini entro i quali si considera aggiornata la tenuta dei registri.

I soggetti passivi IVA, infatti, devono provvedere alla registrazione delle operazioni secondo i termini previsti dalla disciplina tributaria, in particolare:
nel registro delle vendite, le fatture (e le autofatture) emesse devono essere annotate entro 15 giorni dalla data di emissione. Le fatture differite possono essere registrate entro il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione;
nel registro degli acquisti, le fatture ricevute, in ossequio alle modifiche introdotte dall’art. 2 del DL 50/2017, devono essere annotate anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta, e, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura, con riferimento al medesimo anno.
La semplificazione appare in linea con gli obiettivi perseguiti dall’Amministrazione finanziaria in materia di digitalizzazione degli adempimenti fiscali che si è concretizzato con l’introduzione dell’obbligo di comunicazione dei dati delle fatture di cui all’art. 21 del DL 78/2010 nonché con l’obbligo generalizzato della fattura elettronica. Considerato che i dati delle fatture emesse e di quelle ricevute e registrate, comprese le bollette doganali, vengono acquisiti dall’Agenzia delle Entrate mediante le comunicazioni periodiche, appare ridimensionato, ai fini dei controlli, il ruolo dei registri IVA delle vendite e degli acquisti. A ciò si aggiunga che con l’estensione dell’obbligo generalizzato delle fatture elettroniche, l’Agenzia delle Entrate avrà a disposizione in tempo reale i registri di cui sopra. Non a caso la Legge di bilancio 2018 prevede che, a partire dal 1° gennaio 2019, con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica, gli esercenti arte o professione e le imprese in contabilità semplificata che si avvalgono di uno specifico programma di assistenza dell’Agenzia delle Entrate saranno esonerati dall’obbligo di tenuta dei registri IVA delle vendite e degli acquisti.
La disposizione in commento deve ritenersi efficace a decorrere dal 6 dicembre 2017 e ha trovato piena applicazione in occasione della stampa dei registri IVA per l’anno 2016.
Per le annualità pregresse, ai fini sanzionatori, durante Telefisco, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di affermare la possibile applicazione del principio del favor rei di cui all’art. 3 comma 2 del D.Lgs. 47219/97 dove viene stabilito che “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”.

La norma si applica:
nei casi in cui la legge posteriore si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile;
nell’ipotesi in cui venga eliminato un obbligo strumentale e, quindi, solo indirettamente la previsione sanzionatoria (C.M. 10.7.98 n. 180, sub art. 3).
Applicando la disposizione al caso specifico, ne deriva che, per i registri IVA elettronici che avrebbero dovuto essere stampati (o conservati elettronicamente) prima del 6 dicembre 2017, l’omissione dell’adempimento non comporta l’irrogazione di alcuna sanzione.

Credito d’imposta per le librerie: novità della Legge di bilancio 2018



Buone notizie per le librerie: la Legge di bilancio 2018 ha introdotto un credito d’imposta a favore degli esercenti attività libraria. Ecco alcuni chiarimenti sulle modalità di fruizione dell’incentivo.
A decorrere dal 2018, agli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati con codice Ateco principale 47.61 “commercio al dettaglio di libri in esercizi specializzati” e 47.79.1 “commercio al dettaglio di libri di seconda mano”, sarà riconosciuto un credito d’imposta parametrato agli importi pagati a titolo di Imu, Tasi e Tari con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione o ad altre spese diverse da quelle sopra indicate, da individuare attraverso un decreto attuativo da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di bilancio, anche tenendo conto dell’assenza di librerie nel territorio comunale.
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Il credito è stabilito nella misura massima di:
20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano comprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite (librerie indipendenti);
10.000 euro per gli altri esercenti.
Potrà essere utilizzato in compensazione presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento.
L’incentivo è concesso nei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione per gli aiuti “de minimis” e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini Irap.
La misura opera nel limite di un tetto di spesa di 4 milioni di euro per l’anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.
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A questo punto non resta che attendere il decreto attuativo che stabilirà le disposizioni applicative della misura, anche in riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti.

Addio alle monetine di 1 e 20 centesimi...


In sede di conversione in legge del decreto n. 50-2017 è stata aggiunta la sospensione della fabbricazione in Italia delle monetine da 1 e 2 centesimi di euro a partire dal 1° gennaio 2018.
Anche se il corso legale delle monetine è tuttora valido, l’art. 13 quater del predetto D.L. n. 50-2017 con modificazioni in L. n.96-2017 prevede che nel periodo di sospensione del conio, il pagamento di una somma integralmente in contanti avverrà in un modo particolare.

Infatti è previsto che l’importo del prezzo viene arrotondato “a tutti gli effetti” per eccesso o per difetto, al multiplo di cinque centesimi più vicino.
Nel caso in cui invece un prezzo dovesse essere pagato tramite carta di credito, bancomat e simili, questa regola non si applicherà perché il pagamento elettronico rispecchierà quanto previsto, senza arrotondamenti.

Bonus Neo Diciottenni

E’ stato prorogato per il 2018 ed ampliato, aumentando le voci rimborsabili ammesse: l’importo pari a 500 euro  potrà essere speso per acquisti culturali ma anche per corsi di lingua, teatro o musica.

Fondo Sostegno Natalità 2018

Rimane attivo il fondo creato per consentire l’accesso al credito a famiglie con un nuovo nato o un bimbo appena adottato. Attenzione a non fare confusione. Lo Stato non erogherà direttamente i soldi, ma farà da garante per i genitori che hanno bisogno di ottenere un prestito da banche e intermediari finanziarie. L’importo massimo previsto è di 10.000 euro, da restituire in 7 anni.

Assegni Familiari 2018

Restano invariate le modalità di erogazione. L’assegno al nucleo familiare è un sostegno economico erogato dall’Istituto di previdenza per le famiglie dei lavoratori dipendenti, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e dei lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi. Gli importi si calcolano in base alle tabelle messe a punto l’anno scorso dall’Istituto di previdenza. Fino al recente passato, per la legge italiana le uniche famiglie riconosciute cui potevano essere pagati gli assegni familiari erano quelle composte da madre, padre ed eventuali figli o i nuclei monogenitoriali. Dopo la Legge Cirinnà sono state introdotte importanti novità che riguardano gli assegni per le convivenze di fatto e le unioni civili fra persone dello stesso sesso.

Contributo Nido e Baby Sitting

Contributo nido e baby sitting

Per le mamme lavoratrici che rinunciano al congedo parentale facoltativo, rientrando prima in servizio, ci sono contributi per pagare le rette del nido o le baby sitter. L’importo massimo è di 600 euro mensili per sei mesi per le dipendenti e le iscritte alla gestione separata, ridotti in caso di part time, dimezzati nella durata per le lavoratrici autonome e le imprenditrici. Anche per queste erogazioni i fondi sono prefissati, ad esaurimento.

Bonus Nido 2018

Si tratta di un contributo economico destinato alle famiglie con figli piccoli, indipendentemente dal reddito Isee. Si tratta di mille euro all’anno, spalmati su 11 mesi ed erogati al massimo per tre anni. Questa misura di sostegno è estesa anche ai bimbi che hanno malattie croniche gravi e ricevono cure e sostegno a domicilio. Il budget a disposizione, però, non è senza limiti. Meglio presentare le richieste il prima possibile.