giovedì 31 luglio 2014

Incentivi assunzioni rosa. Dietrofront dell’INPS


È stato ripristinato lo sgravio contributivo, in precedenza sospeso, per l’assunzione delle quote rosa
Premessa - A distanza di pochi giorni, l’INPS torna a parlare nuovamente di incentivi per l’assunzione delle quote rosa. E questa volta lo fa stabilendo il ripristino del bonus che riconosce uno sgravio contributivo del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per l’assunzione di “donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea”. Nei giorni scorsi, infatti, l’INPS aveva decretato lo stop degli incentivi – a decorrere dal 1° luglio 2014 – per le nuove assunzioni delle suddette categorie di lavoratrici, a causa della mancata proroga della Carta degli aiuti a finalità regionale. Tale decisione, ora, è da ritenersi non più valida, in quanto è possibile continuare a considerare utili ai fini dell’applicazione dell’incentivo le aree indicate nella Carta di aiuti a finalità regionale, adottata con Decisione C(2007)5618 def. corrigendum del 28 novembre 2007 e recepita nella legislazione nazionale con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 27 marzo 2008, fino all’adozione della nuova Carta. A renderlo noto è l’INPS con il messaggio n. 6319 di ieri.

Bonus assunzioni – In particolare, stiamo parlando degli incentivi introdotti dalla Riforma Fornero (art. 4, c. 8-11, L. n. 92/2012), valevoli dal 1° gennaio 2013, che concede uno sgravio contributivo del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per l’assunzione di:
• uomini o donne over 50 e “disoccupati da oltre dodici mesi”;
• donne di qualsiasi età, residenti in aree svantaggiate e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”;
• donne di qualsiasi età, con una professione o di un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”;
• donne di qualsiasi età, ovunque residenti e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi”.
L’incentivo spetta in caso di: assunzioni a tempo indeterminato; assunzioni a tempo determinato; trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato. Inoltre, l’agevolazione spetta anche per assunzioni a tempo parziale e per scopo di somministrazione. A essere inclusi sono anche i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della L. n. 142/2001. Restano esclusi, invece: i rapporti di lavoro domestico; intermittente; ripartito e accessorio. Lo sgravio contributivo, pari al 50% dei contributi a carico dei datori di lavoro, dura: per 18 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato; per 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato. Se il rapporto viene trasformato a tempo indeterminato la riduzione è riconosciuta per complessivi 18 mesi.

Bonus ripristinato – A seguito del mancato rinnovo della Carta di aiuti a finalità regionale (prorogato solo fino al 30 giugno 2014), l’INPS aveva sospeso in via cautelare – dal 1° luglio 2014 - gli incentivi previsti per l’assunzione di “donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea”. Ora, però, l’INPS - dopo aver interpellato il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociale - ha specificato che, poiché l’incentivo previsto dalle disposizioni citate costituisce un regime di aiuti in favore dei lavori svantaggiati, è possibile continuare a considerare utili ai fini della applicazione dell’incentivo le aree indicate nella Carta di aiuti a finalità regionale, adottata con Decisione C(2007)5618 def. corrigendum del 28 novembre 2007 e recepita nella legislazione nazionale con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 27 marzo 2008, fino all’adozione della nuova Carta. Di conseguenza è da considerarsi ripristinata la possibilità di riconoscere l’incentivo anche per le assunzioni, proroghe e trasformazioni effettuate dal primo luglio 2014. Ai fini operativi, invece, la procedura di elaborazione automatica dei “moduli 92-2012” verrà aggiornata per ammettere le relative istanze. Infatti, l’esito negativo attribuito alle istanze con la motivazione del mancato rinnovo della Carta sarà annullato automaticamente dai sistemi informativi centrali e sostituito con un esito positivo di accoglimento, con contestuale attribuzione del Codice di Autorizzazione “2H” in favore delle matricole interessate.
Autore: Redazione Fiscal Focus

770/14. Proroga necessaria L’Unagraco non si arrende: la trasmissione dei modelli va rimandata al 30.09


Il diniego dell’A.F. - L’Unagraco, presieduta da Giuseppe Diretto, si è trovata costretta a riprendere in mano carta e penna per scrivere nuovamente al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e al direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, prendendo mestamente atto del mancato accoglimento dell’istanza di proroga al 30 settembre 2014 della trasmissione dei modelli 770/2014 in scadenza al prossimo 31 luglio. Nessuna risposta è infatti pervenuta dai destinatari dell’istanza, tuttavia la comunicazione del mancato accoglimento della stessa è stata posta nelle mani del sottosegretario Enrico Zanetti, peraltro già membro attivo della categoria dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Sgarbo sordo alle necessità collettive - La richiesta, sottoscritta lo scorso 14 luglio anche dall’Unagraco, non ha quindi trovato la risposta sperata da diverse parti. Anzi, a detta proprio dell’associazione di categoria guidata da Diretto, questo sonoro ‘no’ all’istanza di proroga, tra l’altro avanzata all’insegna di una rispettosa collaborazione, ha tutto il sapore di un grave atteggiamento di indifferenza, nonché di rifiuto, manifestato da parte dell’Amministrazione Finanziaria nei confronti dei professionisti, in generale, e dei commercialisti, nello specifico. Questi ultimi infatti, non hanno di certo chiesto una proroga a causa di proprie incapacità organizzative, bensì per poter svolgere al meglio e in maniera efficiente il ruolo di intermediari fiscali del quale i clienti/contribuenti li hanno investiti affidandogli l’incarico di consulenza. Il diniego quindi rappresenta “uno sgarbo sordo alle esigenze di un’intera Categoria, con ripercussioni negative sulla dignità di un lavoro che continua ad essere disumanizzato e oberato a dismisura di pressioni e tensioni”.

La proroga è necessaria - Prendendo atto di ciò, sempre rivolgendosi ai due destinatari della missiva, Giuseppe Diretto ha tenuto a ricordare “che l'elaborazione dei modelli 770 determina un carico di lavoro non trascurabile, sottoponendo i nostri Studi in questo periodo dell’anno in cui si assommano scadenze fiscali obbligatorie e perentorie, ad un aggravio considerevole dell’attività svolta. Inoltre, la scadenza in questione, non è affatto fondamentale ai fini del gettito erariale del nostro Paese, né il suo differimento risulta suscettibile di costi, impedimenti o oneri erariali aggiuntivi per l’Agenzia delle Entrate, non determinando alcun obbligo di versamento”. Pertanto è chiaro che l’Amministrazione Finanziaria debba sentirsi in dovere di compiere quel passo indietro tanto atteso dalla compagine dei commercialisti e dei loro clienti e, proprio in base a tale ragione, l’Unagraco persevera nel presentare istanza di proroga, rinnovando “con forza, a nome di tutti i colleghi ivi rappresentati, che venga presa una posizione certa e determinata che porti con urgenza e senza più esitazioni alla proroga dell’invio dei modelli 770/2014 al 30 settembre 2014 , in tempi brevissimi ma soprattutto UTILI visto l’avvicinarsi della scadenza; ed inoltre che la stessa venga definitivamente rivista e fissata, come dall'annunciata riforma e semplificazione in maniera umana e finalmente possibile”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Revisione e bilancio: il punto del CNDCEC


Il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili ha risposto alla Consultazione pubblica lanciata dal MEF per l’attuazione della direttiva 2013/34/EU del Parlamento europeo e del Consiglio che, a partire dal 20 luglio 2015, rappresenterà l’unico atto legislativo al quale gli Stati dell’Unione europea dovranno uniformarsi per definire i propri ordinamenti contabili.

I Principi contabili internazionali - Il primo punto sul quale si concentra il CNDCEC riguarda l’ambito di applicazione dei principi contabili internazionali.

Come noto, possono applicare gli IAS/IFRS le imprese quotate e quelle che sono parte di gruppi.
Con il dl 91/2014, in fase di conversione, viene eliminato il divieto di utilizzo dei principi contabili internazionali per le società non quotate che non siano parte di gruppi, facendo quindi sì che gli unici soggetti che non possono utilizzarli siano soltanto le società che redigono i bilanci abbreviati.

Il CNDCEC rileva tuttavia, come limitarsi ad estendere l’ambito di applicazione dei principi contabili internazionali alle pmi non sia la soluzione ottimale per migliorare l’informativa di bilancio.
Ciò soprattutto ove si consideri le diverse finalità intorno alle quali sono modellati gli IAS/IFRS.
Questi ultimi nascono infatti per soddisfare le esigenze informative di investitori e finanziatori: soggetti completamente diversi rispetto a quelli cui è indirizzata l’informativa di bilancio delle nostre Pmi (banche, soci, partner commerciali, erario).

Oltre alle finalità, devono inoltre essere considerate, a parere del CNDCEC, le difficoltà cui andrebbero incontro le nostre Pmi nella rendicontazione di bilancio: difficoltà difficilmente superabili, ove si pensi alla scarsa dotazione dal punto di vista amministrativo.
Per non parlare, poi, dell’eccessiva aleatorietà dei dati di bilancio, che potrebbe rappresentare una minaccia nella determinazione del reddito distribuibile e imponibile.
Si rende pertanto necessaria, in tale ottica, rivedere anche disposizioni societarie e fiscali.

Le principali categorie d’impresa - Il CNDCEC si sofferma poi su un altro aspetto sul quale è chiesto di esprimersi nella Consultazione: la categoria di imprese e le informazioni di bilancio che queste devono fornire.

In primo luogo viene richiesto di non “frammentare” troppo la tipologia di imprese nella classificazione proposta.
Questo perché, parlare di micro-imprese, piccole imprese, medie imprese, grandi imprese, rischia di creare un’eccessiva varietà di casistiche, costringendo gli operatori economici a dover modificare di sovente il proprio status e le relative norme.

Anche le semplificazioni previste per le micro-imprese appaiono inoltre essere eccessive, in quanto rischierebbero di rendere praticamente nulla la funzione informativa del bilancio.
In particolare, il CNDCEC giudica in maniera fortemente negativa la possibilità di ridurre al minimo il contenuto della nota integrativa.

La revisione legale dei conti - Un ultimo aspetto sul quale viene concentrata l’attenzione, riguarda la revisione legale dei conti.
Il CNDCEC giudica in maniera fortemente negativa la possibilità di esentare le piccole società dalla revisione obbligatoria: questo, infatti, “recherebbe un danno rilevante e duraturo a tutto il tessuto economico nazionale, rendendo poco credibili i bilanci”.

Per gli stessi motivi si ritiene che il dl 91/2014, se confermato, potrebbe produrre un ulteriore danno al sistema economico nazionale, con riferimento alla prevista eliminazione dei controlli per le Srl che hanno un capitale sociale almeno pari al minimo previsto per le Spa,
Questo andrebbe anche contro le finalità della norma in oggetto: se ridurre il capitale minimo delle Spa a 50.000euro è volto ad incrementare il numero delle Spa, l’eliminazione dei controlli creerebbe sicuramente una massiccia trasformazione in Srl di Spa, intenzionate a gestire le risorse a disposizione con più facilità.

Il Consiglio Nazionale propone, al contrario, di estendere il controllo agli enti (società di capitali, società di persone ed enti non lucrativi), che hanno ottenuto finanziamenti pubblici rilevanti per il sostenimento dell’attività e a quelli che presentano situazioni debitorie sproporzionate.
Autore: Redazione Fiscal Focus

mercoledì 30 luglio 2014

Denunce infortuni. Comunicazione anche su carta È arrivata la deroga di agosto per l’invio in maniera cartacea della denuncia infortuni


Premessa – L’INAIL accoglie la richiesta formulata nei giorni scorsi dal Presidente del CNO dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. Infatti, per tutto il mese di agosto 2014, le strutture territoriali potranno accettare anche le denunce cartacee d’infortunio e di malattia professionale inviate con il canale PEC, indipendentemente dalla documentazione che attesta l’assenza del servizio informatico. A renderlo noto è l’INPS con la nota protocollo n. 5677/2014.

Denunce infortuni telematiche – Si tratta, in particolare, di un adempimento a cui è tenuto il datore di lavoro nei confronti dell’INAIL in caso di infortuni sul lavoro dei lavoratori dipendenti o assimilati soggetti all’obbligo assicurativo, prognosticati non guaribili entro tre giorni escluso quello dell’evento. Quanto alle tempistiche di invio, l’interessato ha l’obbligo di inoltrare la denuncia entro due giorni dalla ricezione del certificato medico, copia del quale va allegata alla denuncia salvo che non venga trasmessa per via telematica (nel quale caso il datore di lavoro è sollevato dall’onere di invio contestuale del certificato medico). Sul piano normativo, l’adempimento è legato dall’art. 35 del T.U. Infortuni e dal Dpcm 22 luglio 2011 che impongono l’obbligo di invio telematico della denuncia. Dal 1° luglio 2013, infatti, l’invio telematico della nuova denuncia di infortunio sul lavoro è divenuta obbligatoria, sia per i datori di lavoro titolari di posizioni assicurative presso l’INAIL, sia per i privati cittadini, nella qualità di datori di lavoro di colf, badanti o lavoratori occasionali di tipo accessorio. La nuova modulistica, accessibile dal Portale INAIL (Punto Cliente), è finalizzata a:
• consentire gradualmente l’uso esclusivo telematico della corrispondenza con i datori di lavoro anche e qualora possibile anche con i lavoratori, acquisendo sistematicamente gli indirizzi di posta elettronica ordinaria e certificata dei datori di lavoro;
• ottenere dal datore di lavoro informazioni aggiuntive sul rapporto assicurativo (ad esempio voce di tariffa) e sull’utilizzo di nuove tipologie contrattuali (ad esempio infortuni che hanno interessato i lavoratori occasionali di tipo accessorio);
• introduzione del concetto di “unità produttiva” quale sede abituale di lavoro;
• acquisire informazioni sugli infortuni per verificarne la frequenza;
• integrare le informazioni sul luogo dell’infortunio ed introdurre specifici indicatori per gli infortuni accaduti con un mezzo di trasporto;
• prevedere la comunicazione del codice IBAN del datore di lavoro per l’accredito di rimborsi di somme anticipate dal datore di lavoro stesso ai propri dipendenti infortunati per l’indennità di inabilità temporanea assoluta.

La richiesta – Già la scorsa settimana la numero uno del CNO dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, in una lettera indirizzata al Direttore Generale dell’INAIL, Giuseppe Lucibello, manifestava tutte le criticità legate alla gestione delle pratiche e dell’invio telematico delle stesse all’INAIL. In particolare, si chiedeva per il periodo di sospensione delle attività degli studi per ferie di introdurre una comunicazione di tipo ancora più semplificato, da inviare via fax, PEC o raccomandata, a cui far seguire successivamente l’invio telematico completo. In questo modo, spiega il Presidente dei CdL, si facilitava non poco la gestione delle pratiche creando uno strumento di semplificazione importante per il regolare adempimento degli obblighi normativi.

La deroga – Alla luce della suddetta richiesta e in considerazione di alcuni significativi interventi sui sistemi informativi che potrebbero determinare possibili ricadute sulla disponibilità del servizio per l’invio delle denunce di infortunio e malattia professionale, le sedi territoriali, per il corrente mese di agosto, potranno accettare anche le denunce cartacee mediante il “modello 4-bis Prest.” e “modello 101 Prest.” inviate con il canale Pec, indipendentemente dalla documentazione che attesta l’assenza del servizio informatico.
Autore: Redazione Fiscal Focus

domenica 20 luglio 2014

Caro Renzi.....c'è posta per te

TASI: LETTERA A RENZI
Ill.mo Presidente del Consiglio,

In linea con il nuovo corso da Lei inaugurato circa abbattimento della burocrazia e Stato vicino ai cittadini, La presente per sollecitarLa e per chiederLe in maniera ufficiale di mettere fine a una situazione paradossale che sta investendo la nuova TASI.
Le risparmieremo per brevità i numerosi interventi legislativi, che hanno istituito e poi modificato la Tasi, evidenziandoLe come si sia arrivati al 28 maggio per vedere pubblicato il Decreto Ministeriale del 23 Maggio 2014 che dà le coordinate per il versamento di tale tassa.
Ebbene, tale Decreto del MEF, non solo è a ridosso della scadenza del 16 giugno prossimo, per i comuni che hanno deliberato i regolamenti, con conseguenti enormi difficoltà nell’ottemperare tale obbligo da parte dei cittadini, ma, cosa ancor più grave, disattende quanto contenuto nella legge n. 147 del 17 dicembre 2013, istitutiva della tassa, che recita al comma 689 dell’articolo 1 :

“…Con uno o più decreti del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate e sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono stabilite le modalità di versamento, assicurando in ogni caso la massima semplificazione degli adempimenti da parte dei soggetti interessati, e prevedendo, in particolare, l'invio di modelli di pagamento preventivamente compilati da parte degli enti impositori…”.

Se infatti sono stabilite le modalità di versamento con il Decreto del MEF del 23 u.s. esso, prevedendo all’articolo 5 come mera facoltà la precompilazione da parte dei comuni, non rispetta quanto contenuto nella L. 147/2013, tra l’altro testualmente richiamata nel preambolo dello stesso DM. La norma infatti è chiarissima perché la precompilazione non è interpretabile come facoltà ma come un obbligo posto a carico della PA.
Ricordiamo inoltre che tale DM va ancora una volta a contrastare lo Statuto del Contribuente, che dovrebbe essere faro del rapporto Stato/Contribuente, in particolare negli artt. 3 e 5.
Non si capisce perché una norma attuativa tenti di togliere ancora una volta le castagne dal fuoco agli enti impositori e rigetti sulle spalle del contribuente non solo l’onere del pagamento, ma anche una autoliquidazione difficile, non dovuta e a ridosso della scadenza.
Chiediamo pertanto che la scadenza della TASI del 16 giugno p.v. sia prorogata, con il DL ad hoc che vedrà la luce in questi giorni, al 16 ottobre in maniera generale e definitiva e non solo per i comuni che non hanno deliberato circa la TASI. Al contempo si chiede nello stesso provvedimento di poter rettificare quanto sopra citato, circa la precompilazione obbligatoria del modello di pagamento, al fine di fare chiarezza sulle norme in oggetto, pena possibili e numerosi contenziosi che si potrebbero instaurare. In subordine, qualora tale slittamento non sia predisposto, stante l’incertezza normativa perdurante e l’emanazione di norme a ridosso della scadenza, si chiede l’annullamento delle sanzioni per tardivo pagamento relativamente alla Tasi fino alla scadenza del 16 ottobre 2014, in linea con lo Statuto del Contribuente
Se bisogna cambiare verso, questo è un primo banco di prova per verificare se il nuovo corso è già iniziato, come speriamo, o se le problematiche che affliggono questo Paese sono da considerarsi ormai parte integrante di un sistema inamovibile e senza speranza.

Fiduciosi in un Suo rapido riscontro, La salutiamo cordialmente e Le auguriamo buon lavoro
.
Autore: Sindacato Italiano Commercialisti
Il Presidente Dr. Stefano Sfrappa
info@sindacatoitalianocommercialisti.it

venerdì 18 luglio 2014

Lettura interessante

Il giudice e la sentenza
Quando il giudice dimentica, trascura, omette un piccolissimo dettaglio sulla verità delle cose, la sua sentenza è falsa.

È una sentenza che non tiene conto della realtà storica, che è essenziale perché la sua sia una sentenza giusta. Ed è giusta, se è fondata sulla verità.

Una sentenza costruita su una falsità storica, una falsità di natura, mai potrà dirsi giusta, perché le manca il principio stesso della giustizia, che è la verità.

Verità e giustizia sono una cosa sola. Falsità e ingiustizia sono una cosa sola. La giustizia è verità, mai potrà essere falsità. Se è falsità è ingiustizia.

Il giudice sentenzia che ogni donna ha il diritto di essere madre. È un diritto sacrosanto. Nessuno potrà mai togliere questo diritto a una donna.

Se ha il diritto di essere madre, ha anche il diritto di allevare, educare, far crescere i suoi figli. Perché allora il giudice ordina che il figlio può essere sottratto alla madre?
Se a una madre lo toglie e a un’altra lo lascia, non compie una disparità nel suo giudizio? Non è iniquo nella sua sentenza? Non è ingiusto nel suo decidere?

A meno che non vi sia il reale pericolo, una verità storica che subentra in seguito, che costituisce la donna incapace non materialmente, ma spiritualmente di poter allevare il suo bambino, facendolo crescere spiritualmente sano.

In questo caso vi è una verità storica che obbliga il giudice a intervenire per il rispetto del diritto del bambino, il quale vive di suoi particolari diritti.

Perché allora questo stesso principio a godere dei suoi particolari diritti non lo si concede anche a colui che è già concepito, che è già persona umana nel grembo della madre?

Per questo bambino non vi sono diritti. Lui può essere ucciso. A lui la vita potrà essere tolta per sempre.

I legislatore ha dimenticato, ha omesso, ha trascurato un piccolo dettaglio di verità: la donna ha il diritto di concepire, ma non di uccidere.

Una volta concepita, la vita appartiene al concepito, è sua. È vita con il diritto di essere vissuta per tutta la sua naturale durata, fino alla morte naturale.

Sono piccoli dettagli che vengono dimenticati. Il guaio è che di questi piccoli dettagli se ne dimenticano tanti, troppi, moltissimi, quasi tutti.

Se ne dimenticano così tanti da aver perso il concetto, la nozione stessa della verità, della realtà, della natura delle cose e delle persone.

Ma ritorniamo al nostro primo dettaglio dimenticato: ogni donna ha il diritto di essere madre. Lo ripetiamo: è un diritto incancellabile. Nessuna struttura potrà abolire questo diritto. Se lo facesse, sarebbe non solo ingiusta, ma disumana.

Il dettaglio dimenticato dal giudice, il dettaglio omesso, il dettaglio trascurato, volutamente, coscientemente, oppure per crassa, affettata, supina ignoranza, o anche per odio contro la verità stessa, è questo: essere madre significa dare vita dalla propria vita, dare la vita che è fruttificata nel suo stesso corpo.

Essere madre è un processo naturale. Le due vite, che si sono fatte una vita sola nel matrimonio, traggono dal loro corpo, attraverso un atto di grandissimo amore, la vita per una terza persona. È il figlio.

Questa è la maternità ed è questo il desiderio che nessuno potrà mai togliere a una donna.

Se però qualcosa del loro corpo non funziona – è questo il rischio della natura umana – e se neanche la scienza saggia, intelligente, vera, può risolvere, aiutando il corpo a superare il suo limite strutturale momentaneo, il giudice non può intervenire.

Non può dire che è diritto della madre ricorrere alla fecondazione eterologa. La madre in questo caso non è madre. Mai lo potrà divenire con una vita non generata da lei.

Gestisce una vita, ma non è madre di quella vita. Questo dettaglio al giudice è sfuggito, quindi la sua sentenza è falsa, perché priva di ogni verità naturale.

Una donna ha diritto di essere madre. Madre vera, non madre finta. Madre naturalmente vera. Non madre naturalmente falsa.

Da questa argomentazione escludiamo la maternità e la paternità di adozione, perché in questo caso si entra in un altro capitolo della verità: maternità e paternità spirituale.
Ora stiamo trattando del desiderio della maternità materiale, fisica, naturale ed è tutt’altra cosa. Qui il diritto è naturale e la natura può concederlo e non concederlo.

Non desiderare “lo sperma d’altri” poi per chi è cristiano, è legge divina e non solo legge di natura. È legge a cui tutte le donne sono obbligate.

E questo indipendentemente dalla sentenza ingiusta perché falsa del giudice, che avendo preso il posto di Dio, ha deciso che il desiderio deve essere realizzato anche desiderando il seme altrui.

Diciamo fin da subito che questa sentenza, sviluppata e applicata su ogni altro campo dei desideri, apre la porta al caos e alla paralisi del sistema umano.
Il desiderio è stato costituito principio assoluto di azione per l’uomo. Non è la verità il principio assoluto, ma il desiderio.

Questo succede quando il giudice trascura – non vogliamo indagare sui reali motivi di questa grave omissione di cui però si è responsabili davanti a Dio e all’uomo – ignora, rinnega, tradisce, dimentica un piccolissimo dettaglio della verità.

Chi volesse avvalersi di questa sentenza, sappia che essa è falsa, perché fondata sulla falsità del concetto di maternità.
Autore: Francesco Petitto

Buona lettura

Don Camillo, Peppone e L'EVASIONE
Non sono sereno: pur tentando di pensare il più possibile in positivo, un losco pensiero mi percorre continuamente tra le sinapsi!

Ma, come suggerisce la tecnica dell'outing, vedo di "infettarvi" del pensiero al fine di farmene una ragione e sperando così di dormire sogni meno turbati dal rimorso, avendo reso ignobilmente "compagno al duol" chi mi legge.

Parecchie volte al giorno, seguendo le varie emittenti , è ormai un must sentire qualcuno affermare che L’EVASIONE FISCALE è il principale tra i problemi d'Italia oppure, quanto meno, che la stessa rientra tra le iatture più caratterizzanti la triste situazione economica che stiamo attraversando. Ogni volta che sento questa affermazione "diversiva" (*), come in una novella del Guareschi, l’autore di Don Camillo, due figure si impossessano della mia immaginazione: un diavoletto e un angioletto.

L'angioletto, di bianco vestito, si sfoga: l'evasione è un concetto immorale, di comportamento offensivo verso uomini e regole, il frutto della tracotanza dell'uomo verso il suo concittadino, mancanza che oscilla tra la misfatto amministrativo e reato penale, sanzionata come "peccato" anche dalle regole della religione cristiana. ABBASSO L'EVASIONE!

Non faccio in tempo ad approvare, annuendo tra me e me, che spunta il diavoletto che nella sua splendida tutina rossa mi pungola con il suo piccolo tridente e dice: annuisci? MA CHE HAI STUDIATO A FARE!!!! Quanto tempo perduto! Ragiona un attimo.

Punto primo (per parlare come Renzi), la Costituzione Italiana parla di Capacità Contributiva nel dire, nell'art. 53, dell'obbligo di tutti a partecipare alle spese della Stato. Ma, per come siamo stati combinati oggi giorno, stretti negli angusti confini intercorrenti tra una pretesa fiscale sconfinata da una parte e incassi limitati o assenti dall'altra, noi possiamo essere SOLTANTO economicamente e soprattutto finanziariamente assolutamente ...INCAPACI...!!!

Punto secondo, è condizione scientificamente nota e provata che all'aumento della imposizione diminuisce il gettito (ma questo avrebbe dovuto essere patrimonio di conoscenza dei professoroni come Monti... mah!). E non solo quando la "supposta"... tassazione è alta di conseguenza la capacità contributiva tende a decrescere, ma si deve aggiungere anche che il nostro "sforzo" partecipativo mancherà sicuramente di impeto poiché abbiamo scienza e conoscenza che, se ci riusciamo, pagando quel mare magno di tasse, destiniamo la gran parte del frutto del nostro lavoro ad un buco nero soggetto innanzi tutto ai prelievi in pre-deduzione a cura dei soggetti che vi posso attingere a mano libera (nonché prensile e rapace) e lo faranno molto ma molto prima ancora di interessarsi delle spese per il mantenimento dello Stato per fornire i servizi necessari ai cittadini. Ergo "il gettito" finisce per contribuire direttamente o indirettamente sopratutto ai rimborsi delle spese più fantasiose del mondo ai vari livelli, agli spuntini dei vari Fiorito e Belsito, all'istruzione universitaria del Trota, alle dotazioni patrimoniali in pietre preziose in patrimonio ai partiti e via dicendo senza riportare oltre alla mente.

Punto terzo MA NON ULTIMO PER IMPORTANZA: se politici e compari NON predassero il gettito, arditamente predisposto e raccolto dai commercialisti e faticosamente pagato dai Contribuenti, NON CI SAREBBE STATO BISOGNO DI ELEVARE CONTINUAMENTE LA TASSAZIONE!! QUINDI il problema del gap economico dell'Italia potrebbe non essere l'evasione MA LA DISTRAZIONE DEI SOLDI dalla destinazione corretta alle tasche di chi se ne appropria ....inappropriatamente...

La diatriba tra angioletto e diavoletto continua nella mia mente tra le due figure che si allontanano bisticciando in termini di doveri verso lo Stato e diritti della Comunità e le loro voci si spengono lentamente lasciandomi solo e in piena crisi!

PERCHÉ?
Perché ultimamente finisco sempre col concordare maggiormente con l'esserino rosso, caudato e cornuto!!!!

(*) “diversiva”: poiché vince il diavoletto, quindi quella della evasione-tragedia è una falsa notizia, usata ad arte per distogliere il nostro interesse dai veri colpevoli della “crisi da malcostume” continuato!!!
Autore: Francesco ROMANO

martedì 15 luglio 2014

Conservazione elettronica documenti fiscali, nuove regole




Tra le semplificazioni previste, l'assolvimento dell'imposta di bollo eventualmente dovuta in unica soluzione per tutti i documenti entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio e l'opzione per la conservazione digitale dei documenti direttamente nella dichiarazione dei redditi.


Dallo scorso 26 giugno sono entrate in vigore le nuove regole sulla produzione e conservazione elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari.
Da tale data è, infatti, entrato in vigore il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 17 giugno 2014, che abroga e sostituisce il precedente decreto del 23 gennaio 2014.
Le vecchie modalità rimangono valide per la documentazione già archiviata che, comunque, può essere sempre dematerializzata.
Le nuove regole semplificano il superamento del formato cartaceo dei documenti contabili e fiscali e la smaterializzazione di atti e certificati.


L'opzione per la conservazione digitale

Il contribuente che decida di passare alla conservazione digitale dei documenti rilevanti ai fini fiscali ha l'obbligo di comunicare tale scelta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riferimento.
In caso di verifiche, controlli o ispezioni, il documento informatico deve essere reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica secondo le modalità che verranno stabilite con provvedimenti delle competenti Agenzie fiscali.
Il processo di conservazione dei documenti informatici si intende perfezionato quando è apposta una data che sia "opponibile ai terzi", cioè in alcun modo contestabile. In ogni caso, tale processo di conservazione deve essere concluso entro tre mesi dal termine utile per la presentazione della relativa dichiarazione dei redditi.
L'assolvimento dell'imposta di bollo

L'assolvimento (se richiesto) dell'imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari e conservati in formato digitale avviene mediante versamento con F24 telematico.
Il pagamento dell'imposta di bollo va effettuato in un'unica soluzione per tutti i documenti emessi o utilizzati durante l'anno, entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio.
Le fatture elettroniche per le quali è obbligatorio l'assolvimento dell'imposta di bollo devono riportare specifica annotazione di assolvimento dell'imposta ai sensi del decreto in esame.
L'imposta sui libri e sui registri di cui all'art. 16 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642/1972, tenuti in modalità informatica, è dovuta ogni 2.500 registrazioni o frazioni di esse.


Generazione di copie conformi

E' consentito generare copie informatiche o copie per immagine su supporto magnetico di documenti e scritture analogiche.
Ai fini fiscali, la conformità all'originale delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti analogici originali unici deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
Inoltre, il procedimento di generazione termina con l'apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale oppure della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalla Agenzie fiscali.
E' consentito distruggere i documenti analogici, di cui è obbligatoria la conservazione, soltanto dopo il completamento della procedura di generazione delle copie conformi digitali come sopra enunciata.

ANC: PROROGA SCADENZA TRASMISSIONE MODELLO 770/2014


Al Ministro dell’Economia e delle Finanze
Preg.mo Prof. Pier Carlo Padoan

Al Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Preg.ma Dott.ssa Rossella Orlandi

Roma, 11 luglio 2014

LETTERA APERTA

PROROGA SCADENZA TRASMISSIONE TELEMATICA MODELLO 770/2014

Se anche quest’anno, così come già accaduto l’anno scorso e quello prima ancora, i professionisti intermediari sono nuovamente nella condizione di dover sperare nella proroga della scadenza dell’invio telematico del modello 770, significa allora che, sebbene si discuta tanto di riforma, di riorganizzazione e riassetto del sistema e del calendario fiscale del nostro Paese, nulla sembra cambiare sul serio.
Di certo c’è che oggi la situazione appare ancora più complicata e la proroga quanto mai opportuna, evidenziando comunque che tale provvedimento non comporterebbe per l’Amministrazione Finanziaria effetti sotto il profilo del gettito erariale e dell’accertamento.
I ritardi accumulati dal software Gerico, lo stesso rinvio dei pagamenti di UNICO 2014 che protrae l’impegno lavorativo dei professionisti, senza contare le criticità note che hanno riguardato la gestione della Tasi e dell’Imu, sono queste tutte ragioni più che valide per indurre a ritenere necessaria una proroga.
Fermo restando che l’Associazione Nazionale Commercialisti da sempre è disponibile a collaborare per far sì che il rapporto del cittadino contribuente con l’Amministrazione Finanziaria sia improntato alla semplicità e alla chiarezza, disponibilità che rinnova anche in questa occasione, la stessa Associazione ritiene doveroso chiedere che per la trasmissione della dichiarazione modello 770, da effettuarsi entro il prossimo 31 luglio, sia previsto, con urgenza, un provvedimento di proroga al 30 settembre 2014.
Ringraziando sin d’ora per l’attenzione che si vorrà riservare alla presente istanza, porgiamo i nostri migliori saluti.

Il Presidente
(dott. Marco Cuchel)


http://www.fiscal-focus.info/professioni/anc-proroga-scadenza-trasmissione-modello-770-2014,3,22422

mercoledì 2 luglio 2014

Bonus Irpef 80 euro a disoccupati e pensionati. Ecco le istruzioni Inps

http://www.investireoggi.it/fisco/bonus-irpef-80-euro-a-disoccupati-e-pensionati-ecco-le-istruzioni-inps/
Bonus Irpef 80 euro disoccupati
In particolare per i soggetti disoccupati che beneficiano di prestazioni a sostegno del reddito, il bonus Irpef verrà elargito entro la fine del mese di giugno 2014.In questa prima fase operativa, al beneficiario sarà data comunicazione tramite SMS, per i numeri di telefonia mobile censiti  negli archivi dell’Istituto, del seguente tenore: “ è stato disposto un pagamento in suo favore per: Credito ai sensi dell’art.1 D.L. 66/2014”.
Bonus irpef 80 euro pensionati
Per i soggetti pensionati e per i titolari di prestazioni di accompagnamento alla pensione (in particolare le categorie 029 e 198 relative ai titolari di assegni straordinari di sostegno al reddito erogati in forma rateale dal Fondo ex monopoli di Stato, dal Fondo imprese di riscossione dei tributi erariali, dal Fondo ferrovie dello Stato, dal Fondo imprese di assicurazione, e la categoria 199 relativa ai beneficiari delle prestazioni di esodo prossimi alla pensione, di cui all’ex art. 4, da commi 1 a 7-ter della legge n. 92/2012), aventi diritto alle detrazioni d’imposta per lavoro dipendente, per ragioni tecniche, il bonus irpef da 80 euro  viene  erogato a partire dalla rata di luglio 2014. L’importo è evidenziato nel database delle pensioni delle gestioni private nel campo Gp8 con il codice  862 = Bonus 80 euro – cong. credito. L’indicazione è fornita all’interessato nel dettaglio di comunicazione, disponibile fra i servizi online a disposizione dei cittadini in possesso di PIN”.
 Riconoscimento bonus irpef
Il bonus Irpef deve essere riconosciuto in via automatica  sulla base dei dati reddituali a propria disposizione, ma potranno essere presentate da parte degli assicurati, dichiarazioni/richieste e/o certificazioni   volte alla rinuncia o al riconoscimento del credito nelle ipotesi già previste dalle disposizioni vigenti e di seguito elencate:


gli assicurati che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio sono tenuti a darne comunicazione all’INPS che provvederà a recuperare il credito eventualmente erogato dai pagamenti successivi e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno;

gli assicurati che, oltre ad essere titolari di redditi da prestazione previdenziale, siano, contestualmente, titolari di altri redditi da lavoro dipendente, i cui importi singolarmente considerati darebbero diritto al credito, ma complessivamente considerati eccedano la soglia massima prevista dal comma 1-bis dell’art 13 del T.U.I.R. per la concessione del credito,sono  tenuti a darne comunicazione all’Istituto  che non riconoscerà il credito;

gli assicurati che, oltre ad  essere titolari  di redditi da prestazione previdenziale, siano titolari contestualmente anche di altri redditi da lavoro dipendente (es. la Cassa integrazione a orario ridotto), i cui importi  complessivamente considerati non eccedano  la soglia massima prevista dal comma 1-bis dell’art 13 del T.U.I.R. per la concessione del credito, sono tenuti a chiedere ad uno dei sostituti di imposta di non riconoscere il credito in modo che lo stesso sia erogato da un solo sostituto.

Si potrebbe verificare altresì l’ipotesi in cui l’assicurato percettore di prestazioni previdenziali nell’anno 2014 abbia intrattenuto anche rapporti di lavoro.

In particolare:

il titolare di  prestazione previdenziale  nel 2014 che, antecedentemente al godimento della stessa  abbia intrattenuto nel corso del medesimo anno un rapporto di lavoro,  può produrre  all’Istituto la relativa certificazione fiscale (modello CUD)  relativa ai  redditi da  lavoro dipendente al fine di consentire l’esatta  determinazione della spettanza del credito e del relativo importo. In tale caso l’Istituto terrà conto anche dei dati esposti nella certificazione fiscale prodotta per la determinazione del credito. In assenza di certificazione (modello CUD) per la certificazione dei  redditi derivanti dal rapporto di lavoro dipendente, la determinazione della spettanza del credito e del relativo importo sarà effettuata in base ai soli dati reddituali a disposizione dell’Istituto, così come chiarito nella circolare 67/2014;

analogamente, l’assicurato che nel corso del 2014 sia stato titolare  di redditi da prestazioni previdenziali e che abbia instaurato un successivo rapporto di lavoro, potrà consegnare al nuovo sostituto di imposta la certificazione fiscale (modello CUD) rilasciata dall’Istituto  relativa alle prestazioni  erogate, che consentirà al nuovo sostituto l’ esatta determinazione della spettanza del credito e del relativo importo.

In tutti questi casi il contribuente che abbia comunque percepito dal sostituto di imposta un credito irpef, in tutto o in parte non spettante è tenuto alla restituzione dello stesso in sede di dichiarazione dei redditi. Il ricalcolo delle condizioni di spettanza del credito sia a fronte di variazioni del reddito riferite a somme e valori che saranno corrisposti durante l’anno sia  a fronte di dati ulteriori di cui l’Istituto entra in possesso. A seguito del ricalcolo potrà verificarsi sia il caso del recupero del credito già erogato da effettuare con i pagamenti successivi sia, invece, il riconoscimento del credito in precedenza non spettante da corrispondere in occasione del primo pagamento utile.  Tali operazioni saranno effettuate centralmente e mensilmente. Le procedure afferenti (pensioni, prestazioni temporanee a sostegno del reddito, personale, …) forniranno entro il 2 di ogni mese alla piattaforma fiscale tutti i dati necessari a determinare il diritto e la misura. La piattaforma fiscale restituirà alle procedure afferenti entro il 7 del mese i risultati riguardanti i soggetti aventi diritto e il credito da pagare.

Disabili. Permessi ad ampio raggio L’assistenza ai disabili spetta ai parenti o affini entro il terzo grado del soggetto disabile senza nessun ordine di priorità


Premessa – Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’interpello n. 19/2014, ha chiarito che per fruire dei tre giorni di assistenza a un familiare disabile è sufficiente che a ciò non possano provvedere o il coniuge o nessuno dei genitori del disabile. In questi casi, il diritto ai permessi mensili spetta a un parente o affine entro il terzo grado del soggetto disabile senza nessun ordine di priorità.

Il quesito – L’ANQUAP e la CIDA hanno avanzato istanza di interpello in merito alla corretta interpretazione dell’art. 33, comma 3, L. n. 104/1992, così come modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010, che disciplina il diritto del lavoratore dipendente di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito per l’assistenza al familiare con handicap in situazione di gravità. In particolare, è stato chiesto se l’estensione del diritto in argomento al parente o affine entro il terzo grado prevista dalla disposizione sopra citata possa prescindere dalla eventuale presenza nella famiglia dell’assistito di parenti o affini di primo e secondo grado che siano nelle condizioni di assisterlo, dovendo dunque essere esclusivamente comprovata una delle particolari condizioni del coniuge e/o dei genitori della persona in situazione di gravità richieste dalla norma stessa.

Permessi mensili - In via preliminare, il Ministero del Lavoro per rispondere al quesito posto analizza la disposizione su menzionata; in particolare, essa prevede che “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”. Quindi, dal dettato normativo è possibile dedurre che sono legittimati a fruire dei permessi per l’assistenza a persona in situazione di gravità prioritariamente il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado. Nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere si trovino in una delle condizioni individuate dal Legislatore (abbiano compiuto i 65 anni di età, siano affetti da patologie invalidanti, siano deceduti o mancanti) la fruizione dei permessi è possibile da parte di un parente o affine entro il terzo grado. Da notare, inoltre, che può fruire dei permessi in argomento il parente o affine entro il terzo grado anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano a uno solo dei soggetti menzionati dalla norma.

Risposta MLPS – Ciò detto, il Ministero del Lavoro chiarisce che per consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado debba essere dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, a nulla rilevando invece, in quanto non richiesto, il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Mobilità. Quali le condizioni per l’esonero del contributo? Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 13625/2014


Premessa – Qualora la procedura per il licenziamento collettivo del personale sia stata avviata dal commissario giudiziale, dopo il decreto di ammissione dell’impresa al concordato preventivo, l’impresa è esonerata dal pagamento del contributo di mobilità. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 13625/2014.

Il caso – La vicenda riguarda una richiesta di ammissione al concordato preventivo, presentata da una società al Tribunale di Vigevano, con cessione di beni ai creditori e contestuale avvio della procedura di mobilità ex L. n. 223/1991. Il Tribunale ammetteva la società alla procedura per concordato preventivo e nominava il commissario giudiziale; successivamente provvedeva a omologare il concordato con cessione dei beni, nominando il liquidatore giudiziale. Nel 2003 veniva notificato alla società un verbale di accertamento dell’Inps nel quale veniva contestato il mancato versamento della tassa d’ingresso alla mobilità per 44 dipendenti, a motivo del fatto che l’esonero di cui alla L. n. 223 del 1991 non era applicabile perché all’epoca della richiesta della procedura di mobilità non era stato ancora nominato il commissario giudiziale né tantomeno omologato il concordato preventivo. Nel 2005 veniva poi notificata dal concessionario per la riscossione la cartella di pagamento per € 319.571,96 per contributi e somme aggiuntive. L’opposizione proposta dalla società veniva respinta dal Tribunale, ma la decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello, che rideterminava l’ammontare dei contributi richiesti, escludendo le rate con scadenza successiva al 2000 (data del decreto di ammissione al concordato e nomina del commissario giudiziale). La Corte sosteneva che da tale momento la società fosse formalmente nelle condizioni di poter essere esonerata dal contributo di mobilità, sussistendo sia il requisito della cessazione dell’attività sia la nomina del commissario giudiziale; osservava poi che la domanda di esonero, già precedentemente presentata dal liquidatore sociale, era stata fatta propria sia dal liquidatore giudiziale che dal commissario giudiziale, che avevano chiesto al Giudice delegato l’autorizzazione a opporsi all’accertamento ispettivo. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l'INPS, addebitando alla Corte d’Appello di non avere considerato che il beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo d’ingresso alla mobilità spetta solo nell’ipotesi in cui la messa in mobilità sia disposta dal commissario giudiziale o dal liquidatore giudiziale, organi della procedura concorsuale e non, come nel caso, dal liquidatore della società.

La sentenza – La Suprema Corte accoglie il ricorso dell’amministrazione pubblica. Secondo gli Ermellini, la procedura di concordato preventivo inizia con l'emissione del decreto del Tribunale, che la dichiara aperta e nomina il giudice delegato e il commissario giudiziale, e non già con il deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura. Ne deriva, quindi, che il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità non spetta nel caso in cui l'atto con il quale viene avviata la procedura per il licenziamento collettivo del personale sia stato adottato non dal commissario giudiziale, successivamente al decreto di ammissione dell'impresa alla procedura concorsuale, ma dallo stesso imprenditore contestualmente al deposito dell'istanza di ammissione al concordato preventivo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

D.L. 91/2014: L'abolizione degli organi di Controllo non è garanzia di COMPETITIVITA’ “Ancora una volta assistiamo ad interventi che non sembrano poggiare su criteri di economia aziendale”


Le modifiche introdotte dal D.L. 91/2014, abrogando il comma 2 dell'art. 2477 del codice civile, di fatto eliminano l'obbligo di nomina del revisore unico e, laddove previsto dallo Statuto, del Collegio Sindacale nelle s.r.l. “motivando la decisione” - come si legge nel documento di accompagnamento al decreto - “con la necessità di ridurre i costi a carico delle imprese”, a favore di un'ipotetica competitività.

Da un punto di vista professionale una delle prime conseguenze sarà una drastica riduzione degli incarichi per ciò che riguarda la revisione, a danno di chi con pazienza, serietà e cognizione ha scelto di svolgere, con doviziosa responsabilità, la Professione; dal punto di vista squisitamente giuridico ed aziendalistico (difesa categoriale a parte), qualcosa non convince.

Il venir meno della revisione obbligatoria mina profondamente quel sistema di garanzia per cui è nata. Una garanzia principalmente richiesta a tutela dei soggetti terzi che interagiscono con l'imprenditore e della collettività stessa in cui l'impresa agisce. La funzione del Revisore, quindi, è funzione di garanzia della regolarità e della legalità che non può essere demandata alla libera scelta dell'imprenditore. Studi e ricerche hanno statisticamente confermato che le imprese dotate di un organo di controllo hanno una percentuale di fallimento inferiore rispetto a quelle non dotate.

Da un “Decreto-Competitività'” ci si aspetta qualcosa in più non un uso improprio del termine. Se per competitività si intende stare al passo con la concorrenza, tale intervento normativo non appare in linea con l'attuale situazione economica caratterizzata da sempre più frequenti casi di crisi d'impresa, spesso conseguenza del sovraccarico di funzioni in capo all'imprenditore.

L'Italia non è ancora al passo con le altre nazioni europee dove i concetti di innovazione e meritocrazia sono sempre più implementati nelle culture aziendalistiche; il nostro Paese in questo senso ha ancora bisogno di essere spinto. Le condizioni per realizzare una vera competitività vanno ancora create soprattutto nelle imprese di minori dimensioni” (Francesca Salemi)

“Con la modifica dell’art. 2477 del c.c.”, afferma Giuseppe Diretto, Presidente UNAGRACO, “scompare l’obbligo di nomina del sindaco unico nelle S.r.l. con capitale sociale almeno pari a quello previsto per le S.p.a. (viene ridotto da 120.000 a 50.000 euro). La scomparsa della correlazione tra capitale sociale della S.r.l. e l’obbligatorietà dell’organo di controllo è l’effetto della nuova normativa. Potrebbero crearsi dei casi limite: una Spa con 50.000 euro di capitale sociale con il collegio sindacale obbligatorio; mentre una Srl con 3.000.000 di euro di capitale sociale potrà restare senza organo di controllo, ovviamente se non presenta altri requisiti come la redazione del bilancio consolidato o il controllo di una Srl obbligata alla revisione legale dei conti o ancora se la Srl ha superato per due anni di seguito due dei limiti indicati all’art. 2435- bis”

“A questo punto, affermano Diretto e Salemi, non possiamo che auspicare che le Istituzioni nel prosieguo dell'iter legislativo del decreto rivedano le proprie decisioni e correggano quanto prodotto perché, pur con il buon intento di alleggerire gli oneri a carico delle imprese, viene messa in serio pericolo la tutela della garanzia dei terzi, siano essi i creditori diretti delle imprese o tutti gli altri stakeholder coinvolti”
Autore: Francesca Salemi

Disoccupati. Via libera al bonus Irpef È in arrivo il bonus Irpef per i disoccupati e pensionati: l’avviso del pagamento avviene via sms


Premessa – Per i disoccupati e pensionati titolari di prestazioni di accompagnamento alla pensione, l’avviso di pagamento del bonus Irpef arriva direttamente sul cellulare. In caso di non spettanza del bonus, i potenziali beneficiari potranno comunicarlo mediante il nuovo modello “SR150”. A comunicarlo è l’INPS con il messaggio n. 5661/2014 fornendo le prime istruzioni operative in ordine alle modalità per il riconoscimento e pagamento del credito nonché alle attività relative alla gestione del flusso di eventuali comunicazioni provenienti dagli assicurati titolari di altri redditi rispetto a quelli derivanti da prestazioni previdenziali.

Bonus Irpef - In particolare stiamo parlando del credito di imposta introdotto dall’art. 1 del D.L. n. 66/2014, il quale riconosce - per il periodo di imposta 2014, un importo complessivo di 640 euro ai titolari di reddito da lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati, per i quali l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni da lavoro loro spettanti. Il bonus, inoltre, deve essere riconosciuto in via automatica dal sostituto di imposta senza bisogno di una richiesta esplicita. Ne consegue, quindi, che i sostituti di imposta (compreso l’INPS) devono determinare la spettanza del credito ed il relativo importo sulla base dei dati reddituali a loro diposizione effettuando le verifiche di spettanza del credito e del relativo importo, in base al reddito previsionale ed alle detrazioni riferiti alle somme e ai valori da corrispondere durante l’anno, nonché in base ai dati di cui il sostituto medesimo entri in possesso. Quanto al requisito soggettivo, l’INPS tiene a precisare che rientrano tra i potenziali beneficiari del credito: i titolari di prestazioni a sostegno del reddito, nonché i titolari di prestazioni di accompagnamento alla pensione.

Prestazioni a sostegno del reddito – Per le prestazioni a sostegno del reddito la determinazione del credito verrà effettuato sia sulla base del reddito previsionale che a consuntivo. La liquidazione del bonus, inoltre, avverrà centralmente mediante una procedura appositamente predisposta (primo pagamento entro il 30 giugno 2014), del quale ne sarà data comunicazione tramite SMS, per i numeri di telefonia mobile censiti negli archivi dell’INPS.

Prestazioni di accompagnamento – Per quanto riguarda i soggetti pensionati e per i titolari di prestazioni di accompagnamento alla pensione, aventi diritto alle detrazioni d’imposta per lavoro dipendente, per ragioni tecniche, il bonus viene erogato a partire dalla rata di luglio 2014. Per questi ultimi, non ci sarà una comunicazione diretta, ma un’informativa nel cassetto previdenziale online (per i cittadini registrati sul sito web e in possesso di Pin).

Rinuncia bonus - Qualora i potenziali beneficiari non presentino i requisiti per fruire del bonus Irpef, possono presentare una richiesta volta alla rinuncia o al riconoscimento del credito. In particolare, spiega l’INPS, coloro che:
- non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio sono tenuti a darne comunicazione all’INPS che provvederà a recuperare il credito eventualmente erogato dai pagamenti successivi e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno;
- oltre ad essere titolari di redditi da prestazione previdenziale, siano, contestualmente, titolari di altri redditi da lavoro dipendente, i cui importi singolarmente considerati darebbero diritto al credito, ma complessivamente considerati eccedano la soglia massima prevista dal comma 1-bis dell’art 13 del TUIR per la concessione del credito, sono tenuti a darne comunicazione all’Istituto che non riconoscerà il credito;
- oltre ad essere titolari di redditi da prestazione previdenziale, siano titolari contestualmente anche di altri redditi da lavoro dipendente, i cui importi complessivamente considerati non eccedano la soglia massima prevista dal comma 1-bis dell’art 13 del TUIR per la concessione del credito, sono tenuti a chiedere ad uno dei sostituti di imposta di non riconoscere il credito in modo che lo stesso sia erogato da un solo sostituto.

Modulo SR150 – Per le comunicazioni, infine, l’INPS ha istituito un apposito modulo “SR150” pubblicato sul sito internet dell’Istituto (www.inps.it), la cui presentazione può essere effettuata in maniera cartacea alle Sedi INPS oppure agli indirizzi Pec o fax della struttura territoriale di riferimento.

Pensioni. È tempo di quattordicesima La pensione di luglio conterrà, in presenza dei requisiti previsti, la somma aggiuntiva (c.d. quattordicesima)


Premessa – Trattamento previdenziale più pesante per i pensionati. Infatti, sulla rata pensionistica di luglio, l’INPS erogherà una somma aggiuntiva (c.d. quattordicesima) ai soggetti che, alla data del 31 luglio 2014, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto 2014 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione. Differente è il discorso per i dipendenti pubblici. Per la gestione pubblica, infatti, la somma aggiuntiva viene attribuita sulla mensilità di pensione di luglio ai soggetti che, alla data del 30 giugno 2014, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti. Mentre per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° luglio 2014 in poi, la corresponsione sarà effettuata con una successiva elaborazione, sulla rata di dicembre 2014. A chiarirlo è l’INPS con il messaggio n. 5662/2014, illustrando i requisiti reddituali utili per la corresponsione della somma aggiuntiva.

La quattordicesima – La quattordicesima è stata introdotta per la prima volta nel 2007 dal Governo Prodi, a favore dei pensionati ultra-sessantaquattrenni titolari di determinati condizioni reddituali. Pertanto, per quest’anno, sono interessati tutti i soggetti nati prima del 1° gennaio 1951. L’aumento spetta, in misura proporzionale, anche a coloro che compiono il 64° anno di età entro il 31 dicembre dell’anno di erogazione, con riferimento ai mesi di possesso del requisito anagrafico, compreso il mese di raggiungimento dell’età.

Requisiti contributivi - La somma aggiuntiva, che va da 336 euro fino a 504 euro, varia in base agli anni di contributi maturati e all’appartenenza della categoria di lavoro (dipendente o pubblico). Da notare che per la corresponsione dell’aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto) del soggetto, nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Mentre nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile solo la contribuzione italiana.

Requisiti reddituali – Per poter ricevere la somma aggiuntiva, che viene calcolata sulla base del solo reddito personale, bisogna essere titolari di un reddito annuo inferiore a:
- 10.103,16 euro per i dipendenti che hanno maturato fino a 15 anni di contributi ovvero autonomi che hanno maturato fino a 18 anni di contributi;
- 10.187,16 euro per i dipendenti che hanno maturato oltre 15 anni e fino a 25 anni di contributi ovvero autonomi che hanno maturato oltre 18 anni e fino a 28 anni di contributi;
- 10.271,16 euro per i dipendenti che hanno maturato oltre 25 anni di contributi ovvero autonomi che hanno maturato oltre 28 anni di contributi.

Redditi da considerare – Sono da considerare nel computo i redditi assoggettabili all'IRPEF, nonché i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva, compresi i redditi conseguiti all'estero o in Italia presso Enti ed organismi internazionali. Restano esclusi invece:
- i trattamenti di famiglia comunque denominati;
- le indennità di accompagnamento;
- il reddito della casa di abitazione;
- i trattamenti di fine rapporto comunque denominati;
- le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.

Sono altresì da non considerare i redditi:
- delle pensioni di guerra;
- delle indennità per i ciechi parziali e dell'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali;
- dell'indennizzo previsto dalla Legge n. 210 del 25 febbraio 1992 in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati;
- della somma di 154,94 euro di importo aggiuntivo previsto dalla L. 388 del 23 dicembre 2000 per espressa previsione normativa;
- dei sussidi economici che i Comuni ed altri Enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristica di continuità. Al riguardo, si precisa che il beneficio viene concesso interamente fino a un limite di reddito uguale a 1,5 volte il trattamento minimo. Oltre tale soglia, l'aumento è corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso (clausola di salvaguardia).

Gestione pubblica – Quanto alla gestione pubblica vengono sempre utilizzati i redditi diversi da pensione dichiarati dai pensionati in sede di richiesta di attribuzione della somma aggiuntiva. Per i redditi da pensione vengono invece considerati quelli presunti, che il pensionato sta conseguendo nel corso dell’anno 2014. In ogni caso, la somma aggiuntiva viene comunque corrisposta in via provvisoria e il diritto sarà verificato sulla base della dichiarazione dei redditi definitiva.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Variazioni rapporti di lavoro. Come si calcola il bonus80? In caso di rapporto iniziato in corso d’anno, il credito spetta per i giorni lavorati


Premessa – A seguito della conversione in Legge del D.L. n. 66/2014, oltre aichiarimenti forniti nei giorni scorsi in merito al recupero del credito mediante compensazione nel modello F24, appare opportuno capire come si procede alla determinazione del credito spettante in caso di rapporti di lavoro iniziati o cessati nel corso del corrente anno ovvero in caso di eventuali variazioni reddituali. Al riguardo, si chiarisce innanzitutto che si tratta di crediti riconosciuti in maniera “automatica” dai sostituti di imposta. Dunque da un lato non occorre alcuna richiesta da parte dei lavoratori, dall'altro i datori di lavoro debbono procedere autonomamente ed automaticamente ai calcoli necessari per la determinazione degli importi potenzialmente spettanti. Ciò comporta in capo al sostituto di imposta una serie di adempimenti che spesso possono complicarsi in presenza di diversi eventi che si susseguono nel corso dell’anno.

La stima – La spettanza del credito di imposta, come noto ormai, dipende dal reddito complessivo annuo percepito dal lavoratore dipendente, che deve essere compreso tra i 8.000 e i 26.000 euro. Quindi, è necessario che il sostituto di imposta faccia una stima del reddito che andrà ad erogare sino alla fine dell’anno, facendo, mese per mese, il calcolo in base al reddito stimato. Tale stima dovrà poi essere verificata a conguaglio a fine anno o a fine rapporto di lavoro se si verifica prima del 31 dicembre 2014.

Debito residuo – Oltre al suddetto requisito reddituale, è necessario confrontare l’imposta lorda e le detrazioni, ai sensi dell’art. 13, c. 1 TUIR. In particolare, bisogna verificare che l’Irpef lorda su redditi lavoro dipendente sia maggiore delle detrazioni di lavoro dipendente.

Variazione reddituale – Il reddito complessivo per il sostituto di imposta può variare solo nel caso di comunicazioni da parte del lavoratore. In caso contrario, infatti, i calcoli non potranno che tenere conto esclusivamente del reddito erogato dal sostituto medesimo e cioè quello di lavoro dipendente ed assimilato. Di conseguenza, il sostituto di imposta procede al calcolo sulla base degli elementi in suo possesso inizialmente su base annua tenendo conto del reddito che presume di corrispondere fino alla fine del periodo di imposta (cioè fino al 12 gennaio 2015 in considerazione del cd. periodo di imposta allargato). A tal fine, deve anche considerare eventuali redditi comunicati dal lavoratore dipendente o assimilato. Successivamente, a fronte di variazioni del reddito a seguito di modifiche contrattuali (si pensi alla trasformazione di un contratto da tempo pieno a tempo parziale o viceversa), ovvero per promozioni, rinnovi di contratti collettivi, o ancora a seguito di comunicazioni da parte del lavoratore, il sostituto dovrà perdere alla rideterminazione del credito. Tale operazione va effettuata anche prima del conguaglio fiscale e quindi il sostituto di imposta procede al conguaglio dell'eventuale credito erogato nei periodo di paga successivi.

Variazione rapporti di lavoro - Altre ipotesi di ricalcolo riguardano i casi di rapporti di lavoro iniziati o cessati nell'anno. A tal proposito, occorre rammentare che l’art. 1, c. 2 del D.L. n.66/2014 prevede espressamente che "Il credito di cui al comma precedente è rapportato al periodo di lavoro nell'anno”. Ciò significa, che il periodo di lavoro nell'anno, debba essere inteso facendo riferimento ai giorni che danno diritto alle detrazione per lavoro ai fini IRPEF e cioè quelle stabilite all'articolo 13 del TUIR. Conseguentemente, nel caso di assunzione avvenuta nel corso del periodo di imposta 2014, il sostituto d'imposta deve effettuare, oltre al calcolo della verifica reddituale che dà diritto al credito sulla base del reddito che presume di erogare nel periodo di imposta 2014, anche la rideterminazione dell'importo annuo sulla base del periodo di lavoro nell'anno. In altri termini, se un lavoratore presta la propria attivitàdal 1° marzo 2014 ed abbia tutti i requisiti previsti dalla legge per ricevere il credito di imposta, matura un credito di euro 536,55: vale a dire 640 euro moltiplicato per 306 giorni (dall'1 marzo al 31 dicembre 2014 che è il periodo di lavoro nell'anno) diviso 365 giorni. Quindi, l'importo di 536,66 euro dovrà essere erogato mensilmente negli otto mesi che vanno da maggio a dicembre.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Contenzioso. Autotutela e adesione prima del reclamo Il contribuente può optare per gli altri strumenti deflattivi del contenzioso


In relazione alle controversie con l’Agenzia delle Entrate di valore fino a 20 mila euro, prima della proposizione del reclamo obbligatorio ex art. 17 bis D.Lgs. n. 546/92, con o senza proposta di mediazione, è bene che il contribuente valuti l’opportunità di attivare gli altri istituti deflattivi del contenzioso tributario.

Accertamento con adesione. Prima della proposizione del reclamo-mediazione, il contribuente può fare istanza di adesione all’accertamento per tentare di addivenire a una soluzione concordata con il Fisco. Si avranno così 150 giorni di tempo (oltre all’eventuale sospensione feriale dei termini processuali, dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno), decorrenti dalla notifica dell'avviso, per proporre il reclamo. Dalla data di presentazione dell’istanza per adesione, infatti, il termine per ricorrere al giudice tributario resta automaticamente sospeso per un periodo di 90 giorni. A titolo esemplificativo, se l’istanza è presentata 30 giorni dopo la notifica dell’atto di accertamento e/o rettifica, da tale momento comincerà la sospensione di 90 giorni, al termine dei quali, in caso di esito negativo del contraddittorio, riprenderanno a trascorrere i normali termini a difesa che consentiranno al contribuente di presentare reclamo entro i successivi 30 giorni (il reclamo deve essere notificato entro il termine per il ricorso). Se invece la procedura ha esito positivo, il contribuente può chiudere la partite col Fisco versando le maggiori imposte rideterminate e le relative sanzioni ridotte a 1/3 del minimo previsto dalla legge.

Occorre precisare che la procedura di accertamento con adesione può essere attivata su invito dell’Ufficio oppure su iniziativa del contribuente. In questo secondo caso la domanda di adesione può essere presentata dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire e solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.

Definizione sole sanzioni. Sempre prima della presentazione del reclamo obbligatorio il contribuente può decidere di definire in via agevolata le sole sanzioni. L’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. 472/1997 consente al contribuente di pagare entro 60 giorni dalla notifica dell'atto di accertamento solamente 1/3 delle sanzioni tributarie irrogate, riservandosi la possibilità di instaurare il contenzioso presso la competente CTP con riferimento alle sole maggiore imposte accertate. Il perfezionamento della definizione agevolata, secondo l’Amministrazione, estingue irrevocabilmente l’obbligazione tributaria (circolare 12/E del 2010), nel senso che il contribuente non potrà pretendere l’eventuale rimborso delle sanzioni versate, qualora intervenga una sentenza favorevole che accerti la non debenza del tributo. Per aggirare l’ostacolo, laddove ricorrano i presupposti, si potrebbe presentare un nuovo reclamo. In tema di esecuzione delle sanzioni, infatti, l'articolo 19, comma 6, del D.Lgs. 472/1997 stabilisce che “se in esito alle sentenze di primo o di secondo grado la somma corrisposta eccede quella dovuta, l'ufficio deve provvedere al rimborso”.

Autotutela. Un’altra via percorribile è quella dell’autotutela, nella speranza di ottenere l’annullamento totale o parziale della pretesa tributaria. L'autotutela, però, non sospende i termini del processo, sicché, entro 60 giorni dalla notifica dell'atto, in mancanza di una risposta dell’A.F., occorrerà presentare un'istanza di accertamento con adesione o direttamente il reclamo/mediazione.

Acquiescenza e conciliazione giudiziale. Per concludere, si segnala che l’acquiescenza del contribuente all’accertamento preclude la proposizione del reclamo. Il contribuente pagherà le maggiori imposte contestate nell'avviso di accertamento e le sanzioni ridotte a 1/3 o a 1/6 del minimo previsto dalla legge. Si segnala altresì che la presentazione del reclamo esclude la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48 del D.Lgs. 546/92. Pertanto, qualora si arrivi al giudizio in CTP, sarà impossibile per le parti tentare di conciliare la controversia, poiché l’istituto del reclamo è alternativo alla conciliazione giudiziale e ne assorbe le funzioni.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Comodato: bonus ok se registrato Inapplicabilità della detrazione Irpef, a seguito della mancata registrazione del contratto verbale di comodato d'uso gratuito.


Questa la posizione dell’Agenzia nelle migliaia di avvisi di accertamento che i malcapitati contribuenti stanno ricevendo in questi giorni.

La pretesa dell’Amministrazione Finanziaria si basa sul fatto che possono beneficiare della detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio non solo i proprietari ma anche i titolari di altri diritti sugli immobili (tra i quali il comodatario), purché il contratto di comodato sia stato registrato prima dell'inizio dei lavori di ristrutturazione. Si ricorda che è necessario che le spese siano direttamente sostenute e che la fattura risulti a loro intestata.

Il comodatario come beneficiario - Per fruire della detrazione del 50%, occorre che sussista un giusto titolo di detenzione o possesso dell'immobile. Pertanto, è necessario stipulare un contratto di comodato, debitamente registrato, ed iniziare i lavori solo dopo la registrazione del contratto (è ulteriormente necessario il consenso dei proprietari all'esecuzione dei lavori).
La detrazione del 50% (cfr. art. 16-bis del Tuir, D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con modif. dalla L.7.8.2012, n. 134; art. 16, D.L. 4.6.2013, n. 63, conv. con modif. dalla L. 3.8.2013, n. 90, e la Guida fiscale al 36%-50% sul sito www.agenziaentrate.it), infatti, si applica anche per le spese sostenute dal comodatario (fatture a lui intestate e bonifici da lui eseguiti), purché il contratto di comodato sia stato registrato prima dell'inizio dei lavori di ristrutturazione e gli estremi di registrazione siano indicati in sede di dichiarazione dei redditi nei Quadri relativi al 36-50% (Sezione IIIB).

I familiari conviventi - La detrazione Irpef del 50% - ai sensi dell’articolo 16-bis del Tuir e dell’articolo 16 del Dl 63/2013, convertito in legge 90/2013 - si applica anche in favore dei familiari conviventi (coniuge, figli, parenti entro il terzo grado, affini fino al 2° grado) del proprietario del fabbricato.
A quest’ultimo riguardo, l’agenzia delle Entrate, nell’ambito della risoluzione 184/E del 12 giugno 2002, ha tenuto a precisare che il familiare convivente del possessore, o detentore dell’immobile, può essere ammesso a fruire della detrazione Irpef, a condizione che:
- sussista la situazione di convivenza (provata, per esempio, dal certificato di stato di famiglia) sin dal momento di inizio dei lavori di ristrutturazione;
- le spese risultino effettivamente a carico del familiare convivente (per esempio, fatture intestate al marito o al figlio, e bonifici emessi da conto corrente del marito o del figlio, intestatari delle fatture).

Qualora al termine dell’intervento si dovesse ottenere un'altra abitazione, suddividendo la pre-esistente, anche tale abitazione rimane di proprietà del genitore-proprietario e la detrazione trova applicazione in favore del figlio convivente (anche se in una delle due case ottenute). Infatti, si tratta in ogni caso di un alloggio a disposizione del nucleo familiaree non occupato da terzi, e in questa situazione non si ritiene necessaria la stipula di un contratto di comodato debitamenteregistrato.

Non è possibile la remissione in bonis – Non è possibile rifarsi alla remissione in bonis, di cui al disposto dell'articolo 2, 1° comma, Dl 2 marzo 2012 n. 16 convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 aprile 2012 n. 44, che ha previsto che, in caso di inosservanza degli adempimenti formali necessari per fruire di benefici fiscali o regimi fiscali opzionali, il contribuente può, tardivamente, presentare le comunicazioni obbligatorie ovvero assolvere i particolari adempimenti previsti, a condizione che:
- abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
- effettui la comunicazione o esegua l’adempimento entro il termine di presentazione della prima dichiarazione fiscale utile;
- versi contestualmente la sanzione minima pari a 258 euro, di cui all’articolo 11, comma 1 del D.lgs. 471/1997, mediante F24 (è esclusa la possibilità di compensazione);
- la violazione non sia stata ancora constatata o non siano state già avviate attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
L’omessa registrazione del contratto di comodato, anche verbale, è, tuttavia, condizione essenziale per accedere alla detrazione del 36%-50%, di cui all’articolo 16- bis del Tuir, aumentata al 50% per le spese sostenute entro il 30 giugno 2013 dall’articolo 11 del Dl sviluppo, e non una semplice inosservanza degli adempimenti formali fiscali. Pertanto, non si ritiene percorribile la sanatoria.
Autore: Redazione Fiscal Focus