Il “bonus” locazioni si estende agli studi professionali



Il decreto “Rilancio” è stato approvato dal Consiglio dei Ministri dopo due giorni di riunioni “fiume” per trovare l’accordo politico e verificare le coperture finanziarie. Sotto questo profilo il lavoro della Ragioneria generale dello Stato è stato particolarmente intenso negli ultimi giorni.

Una delle misure maggiormente attese da parte degli operatori è quella riguardante le agevolazioni per le locazioni. Non si tratta, però, di una novità assoluta in quanto una misura dal tenore analogo è contenuta nell’art. 65 del decreto “Cura Italia” la cui rubrica è “Credito d’imposta per botteghe e negozi”.

La novella “corregge” ed elimina alcune iniquità contenute nella precedente disposizione, ma il testo della disposizione è estremamente lacunoso e foriero di dubbi. Il legislatore, infatti, se da una parte ha tenuto conto di alcune delle osservazioni degli operatori, dall’altra ha fatto sorgere ulteriori incertezze.

Il meccanismo, sia pure fondato su presupposti parzialmente diversi, è simile è prevede in favore del conduttore il riconoscimento di un credito di imposta, pari al 60 per cento determinato sulla base dei canoni di locazione effettivamente corrisposti e relativi ai mesi di aprile, maggio e giugno.

I presupposti del beneficio - Dal punto di vista soggettivo, la nuova disposizione prevede un ambito applicativo ben più esteso rispetto all’art. 65 citato.

La nuova norma prevede espressamente la possibilità di attribuire il credito di imposta in rassegna a esercenti attività di impresa, arte o professione. Il beneficio spetta a condizione che i predetti soggetti abbiano conseguito ricavi o percepito compensi, nel periodo di imposta precedente, di importo complessivo non superiore a 5 milioni di euro. Tale limite massino non è applicabile alle strutture alberghiere.

La circostanza che il legislatore abbia fatto riferimento, tra i soggetti destinatari del bonus, anche agli esercenti arti e professioni, è conseguenza diretta dell’estensione dell’applicazione della norma sotto il profilo oggettivo. Infatti, la norma trova applicazione anche con riferimento ai canoni di locazione di uffici, capannoni o altri immobili, e non solo alle botteghe e ai negozi.

Tuttavia, il legislatore ha previsto un’ulteriore condizione per fruire dell’agevolazione. In particolare, il credito di imposta spetta a condizione che i soggetti locatari abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di aprile 2020, di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo di imposta precedente.

La tipologia di immobile - Le incertezze maggiori riguardano la tipologia di immobile, concesso in locazione, per il quale si può fruire del credito di imposta.

La disposizione fa riferimento all’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione “di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo”.

Il legislatore, avendo esteso l’ambito applicativo della norma, ha eliminato il riferimento alla categoria catastale C/1 relativa ai negozi e alle botteghe. Infatti, il credito di imposta spetta, ad esempio, anche per i canoni di locazione degli immobili utilizzati come uffici.

Tuttavia, in base alla formulazione della disposizione sorgono dubbi nel caso in cui il professionista utilizzi, ad esempio, quale studio professionale, un immobile avente categoria catastale A/2. In molti casi i professionisti utilizzano, sia pure in via esclusiva, immobili aventi classificazione catastale di tipo abitativo per lo svolgimento dell’attività professionale. Si pone così il problema se i canoni di locazione corrisposti attribuiscano il diritto a fruire del credito di imposta.

I dubbi traggono origine dall’espressione utilizzata dalla norma “immobili ad uso non abitativo” destinati all’esercizio dell’attività professionale. Il riferimento all’utilizzo di tale attività è pleonastico essendo evidente come il legislatore abbia inteso agevolare gli esercenti attività economiche e professionali. Non è chiaro cosa si intenda per immobili “ad uso non abitativo”.

È auspicabile che l’Agenzia delle Entrate fornisca un’interpretazione di buon senso valorizzando l’utilizzo effettivo dell’immobile nell’esercizio dell’attività professionale, indipendentemente dalla categoria catastale del cespite. D’altra parte, se ai fini delle imposte sui redditi non si può dubitare della deducibilità del canone di locazione di un immobile classificato come civile abitazione, a condizione che venga utilizzato come sede dello studio, non si comprenderebbe per quale ragione debba essere negata la spettanza del credito di imposta.

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