E' valido il licenziamento verbale?
Il datore di lavoro che comunica a voce il licenziamento del dipendente commette un abuso. Secondo l’art. 2 della legge 604/66, integrata dal provvedimento n. 108 del 1990, infatti, il licenziamento verbale non ha alcuna validità. In tal caso, il rapporto prosegue di diritto e il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere un’indennità al lavoratore fino alla suo effettivo reintegro. Ecco i termini entro cui si può presentare ricorso in caso di licenziamento intimato a voce.
Licenziamento a voce: è valido?
La legge parla chiaro: il licenziamento deve avvenire per iscritto e in nessun caso può dirsi legittimo se comunicato in forma orale. Può succedere che in seguito a un diverbio il datore di lavoro possa dire al dipendente di non presentarsi il giorno successivo, ma questa comunicazione non ha nessuna validità ai fini del licenziamento. Esso, infatti, deve avvenire per giusta causa e tramite comunicazione scritta.
Ma cosa succede se il datore di lavoro notifica il licenziamento per iscritto il giorno dopo, adducendo come giusta causa l’assenza ingiustificata? In realtà questo escamotage non è così facile da utilizzare. Il datore di lavoro deve dimostrare che il dipendente si è assentato senza valide ragioni e che non si è trattato di un licenziamento a voce.
Licenziamento verbale: indennità
La Cassazione ha stabilito che in caso di licenziamento a voce al lavoratore non spettano tutte le mensilità che intercorrono tra la comunicazione e il reintegro sul posto di lavoro. Ciò che il datore di lavoro è tenuto a pagare è un’indennità che non può essere comunque inferiore a 5 mensilità.
Licenziamento a voce: come fare ricorso
In caso di licenziamento illegittimo come può essere quello intimato a voce, il lavoratore può impugnare la causa tramite ricorso stragiudiziale. Tale ricorso deve però avvenire secondo tempistiche e modalità ben precisi. Il legislatore ha stabilito che per quanto riguarda il licenziamento orale il lavoratore ha 90 giorni di tempo per ricorrere in giudizio. Questo termine decorre dalla data entro cui i motivi dovevano essere comunicati. L’onere della prova, come detto, spetta sempre al datore di lavoro che deve dimostrare l’esistenza di una giusta causa.
Commenti
Posta un commento