venerdì 7 settembre 2018

Se vuoi presentare le tue dimissioni ecco cosa devi sapere



Chi si dimette deve dare preavviso di licenziamento al datore di lavoro in forma scritta e inviarlo per via telematica: un preavviso dato solo verbalmente è una semplice informazione data al datore di lavoro, ma non è riconosciuto dalla legge come valido atto di dimissioni (il che significa che se si è comunicato solo a voce che non ci si presenterà più al lavoro a partire da una certa data si sarà responsabili di inadempimento di un contratto considerato legalmente ancora in corso).

Il preavviso deve essere dato con un anticipo predeterminato, non ci si può licenziare volontariamente dall’oggi al domani (salvo che per giusta causa), ed il lasso di tempo che deve intercorrere tra il preavviso e il momento in cui non ci si presenterà più effettivamente al lavoro (senza risultare inadempienti a obblighi contrattuali) dipende da:


  • tipologia di contratto di lavoro (es: tempo determinato o indeterminato);
  • livello di inquadramento (es. III livello CCNL commercio);
  • anzianità di servizio;
  • qualifica.

Le dimissioni non sono consentite ai lavoratori a tempo determinato, a meno che non ricorra giusta causa, salvo accordo con il datore di lavoro (chi è a tempo indeterminato non ha invece bisogno del consenso del datore di lavoro per andarsene, fatto salvo il termine di preavviso).

Il collaboratore coordinatore e continuativo può dimettersi quando vuole, a meno che nel rapporto di collaborazione sia stato pattuito un termine di preavviso.

Il mancato rispetto del termine di preavviso comporta un risarcimento corrispondente al periodo di mancato preavviso o a un importo pari al residuo del compenso globale pattuito per l’intero rapporto di collaborazione. Nei giorni di preavviso non vengono conteggiati eventuali assenze per malattia, infortunio, ferie e maternità.

Il termine di preavviso non vale in 3 circostanze: se ci si dimette durante una procedura di licenziamento collettivo, se ci si licenzia per giusta causa o se la rinuncia al proprio lavoro avviene durante il periodo tutelato di maternità o paternità.
Le dimissioni volontarie danno diritto al Tfr ma non alla Naspi (indennità di disoccupazione); se però le dimissioni vengono date per giusta causa la Naspi viene riconosciuta.

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