LA DESTINAZIONE A STUDIO PROFESSIONALE NON ESCLUDE LA NATURA ABITATIVA


Come è noto, per poter godere delle cd. agevolazioni fiscali prima casa è necessario che:
l'immobile sia ubicato nel Comune in cui l'acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall'acquisto la propria residenza o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione; per gli italiani trasferiti all'estero per motivi di lavoro, l'immobile deve essere situato nel comune dove ha sede o esercita l'attività il datore di lavoro (che può essere anche un soggetto non imprenditore), mentre per i cittadini emigrati l'abitazione può essere la prima casa, ovunque ubicata, nel territorio nazionale;
nell'atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell'aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti1) l'acquirente dichiari:

di voler stabilire la residenza nel comune dell'acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell'attività (vedi sopra);
di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l'immobile acquistato);
di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall'acquirente o dal coniuge con le agevolazioni " prima casa ", a partire da quelle previste dalla Legge 22.04.82 n. 168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l'acquisto agevolato).

Da ultimo, l’art.1, comma 55, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha aggiunto, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il comma 4-bis alla Nota II-bis, Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, secondo cui “ l'aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest'ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell'atto. In mancanza di detta alienazione, all'atto di cui al periodo precedente si applica quanto previsto dal comma 4”. In pratica, qualora un contribuente, titolare di abitazione prima casa, proceda all’acquisto di un’altra abitazione, al nuovo acquisto può applicarsi l’aliquota d’imposta agevolata, a condizione che il vecchio immobile sia alienato entro un anno dalla data del nuovo acquisto agevolato. In caso di mancata alienazione, il contribuente ha l’obbligo di corrispondere la differenza tra l’imposta ordinaria e quella agevolata, maggiorata degli interessi di mora e della sanzione in misura pari al 30% di detta differenza.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8429 del 5 aprile 2018, ha confermato che, ai fini dell’agevolazione prima casa, ciò che rileva è la classificazione catastale dell’immobile, e pertanto anche nell’ipotesi che lo stesso sia adibito a studio professionale, non potrà godere delle agevolazioni, in quanto già possessore di immobile. “ Ed invero, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che in tema di agevolazioni fiscali, ai fini della fruizione dei benefici per l’acquisto della "prima casa", l’art. 1, nota seconda bis, tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nel testo vigente "ratione temporis" alla data del rogito (nella specie, stipulato il 18 aprile 2007), condiziona l'agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà "di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è situato l'immobile da acquistare" senza più menzionare anche il requisito dell'idoneità dell'immobile, presente invece nella precedente formulazione della norma, sicché non assume rilievo la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, assumendo rilievo il solo parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso. Ed infatti, secondo questo indirizzo l'espressione "casa di abitazione" ha sicuramente, carattere oggettivo (come, peraltro, riconosciuto da questa Corte nella sentenza 10925/2003), con conseguente necessità di attenersi al parametro oggettivo della classificazione catastale dell'immobile, senza che assuma rilievo il concreto utilizzo dello stesso o la situazione soggettiva del contribuente- cfr. Cass.n. 25646/2015-“. Per la Corte, la norma applicabile ratione temporis condiziona l'agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà "di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è situato l'immobile da acquistare" senza più menzionare anche il requisito dell'idoneità dell'immobile, e pertanto assume rilievo il solo parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso.

Viceversa, la stessa Cassazione - Sentenza n. 23064 del 14 dicembre 2012 – aveva affermato che se la casa di proprietà è adibita a studio professionale è legittimo il riconoscimento dei “benefici prima casa” per l’acquisto di un secondo appartamento. Nel caso specifico non è stato oggetto di contestazione la circostanza affermata dalla CTR secondo cui il contribuente avrebbe in effetti provato che l’immobile già in proprietà al momento della dichiarazione “è stato ed è attualmente adibito a studio professionale” (compatibilmente con le sue caratteristiche oggettive, come comprovato dal successivo accatastamento in A/10) e quindi fosse in concreto inidoneo ad esser abitato e col conseguente diritto all’agevolazione. Il principio enunciato, quindi, ratione temporis, è stato il seguente: “Ha diritto all’agevolazione “prima casa” ex art. 16 D.L. 155/93 convertito in L. 249/93 chi, al momento dell’acquisto di un immobile, sia proprietario di un altro che sia utilizzato come studio professionale”.

E in questi giorni, con l’ordinanza n. 18098 del 10 luglio 2018, la Corte di Cassazione ha riaffrontato la questione, per effetto della sentenza della CTR che ha rigettato l'impugnazione proposta dal contribuente avverso la decisione che aveva ritenuto legittima la revoca del beneficio c.d. prima casa, per il possesso di altro immobile nel medesimo comune, acquistato precedentemente, del quale non vi era prova circa la pretesa inidoneità all'uso abitativo. Secondo gli Ermellini, “ il giudice di appello, dopo avere rilevato che catastalmente l'immobile acquistato nell'anno 1979 rientrava nella categoria A/2 e che non era stata effettuata alcuna variazione catastale, muovendo dai principi fissati da questa Corte con la sentenza n. 2278/2016 (conf. Cass. n. 2418/2003, Cass. n. 21289/2014) ha escluso che, nel caso di specie, il contribuente avesse fornito elementi idonei a dimostrare che l'immobile dallo stesso posseduto nel comune di residenza ove era stato acquistato altro immobile usufruendo delle agevolazioni c.d. prima casa fosse concretamente inidoneo ad essere adibito ad abitazione. Tale motivazione, correlata al deficit di prova della inidoneità a costituire in concreto abitazione non è stata in alcun modo aggredita dalla parte ricorrente, la quale si è limitata ad affermare che l'immobile era stato destinato a studio professionale, in tal modo non allineandosi ai principi espressi da questa Corte e sopra ricordati, a tenore dei quali non è consentito escludere la natura di abitazione per la destinazione concretamente impartita dal proprietario ad uso diverso da quello abitativo”.

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Autore: Gianfranco Antico

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