Collaboratori familiari: onere dopo 90 giorni annui




Sono da poco tempo diventato titolare di un piccolo pubblico esercizio. Talvolta avrei la necessità di avere un aiuto nella gestione del bar, a seguito di una maggiore affluenza di clienti.
Tuttavia, questo picco di affluenze non accade sempre e quindi devo ancora valutare se fare assunzioni. Vorrei, in questa fase iniziale, potermi avvalere dell'aiuto di mio padre, pensionato, e di mia moglie, in via occasionale. Potrei avere contestazioni a seguito di eventuali ispezioni? Sono tenuto a iscrivere entrambi alla Gestione commercianti?



L'obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti, oltre che per i titolari e i soci, scatta anche per i familiari coadiutori, parenti e affini entro il terzo grado che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, sempreché per tale attività non siano già contestualmente lavoratori dipendenti a tempo pieno. Tra l'altro, l' Inps, con la circolare n. 78/2006, ha precisato che per i coadiutori familiari, l'obbligo sussiste anche nel caso in cui il titolare dell'impresa sia iscritto alla gestione medesima come titolare non attivo, perché ad esempio si dedica ad altre attività con carattere di prevalenza e abitualità.


Per quanto concerne l'obbligo contributivo, le imprese commerciali, artigiane ed agricole devono tener conto anche del contenuto della lettera circolare n. 10478/2013, con la quale il ministero del Lavoro ha spiegato come stabilire quando il lavoro prestato dal collaboratore familiare sia occasionale oppure abituale. Ai fini contributivi, il lavoro prestato deve essere infatti abituale, ossia non sporadico, e prevalente, cioè di maggiore impegno rispetto ad altra attività. Nel caso del pensionato, la prestazione lavorativa è soltanto occasionale, in virtù proprio dello spirito di solidarietà che pervade (per presunzione di legge) il lavoro gratuito in ambito familiare e che trova nel pensionato la figura più emblematica.


La prestazione lavorativa del pensionato manca, dunque, di quello spirito di ogni attività lavorativa onerosa, e cioè l'“animus contrahendi”. Per due recenti sentenze del tribunale di Milano (20 gennaio e 24 giugno 2014) il titolare di un esercizio commerciale non è tenuto al pagamento dei contributi per il padre che è presente saltuariamente in negozio con l'incarico di rispondere al telefono e avvisare i clienti della momentanea assenza del figlio. Non risulta individuabile alcuna specifica attività lavorativa, ma si tratta di un mero gesto di cortesia, di solidarietà familiare.


Per quanto concerne la collaborazione della moglie del titolare, la lettera circolare, inoltre, ha descritto una sorta di presunzione operativa per la quale si può giudicare occasionale il lavoro prestato dal familiare collaboratore quando ricorrano alcune condizioni. La prima consiste in un limite temporale di 720 ore nel corso dell'anno solare (90 giorni). 

In sede ispettiva, quindi, questa limitazione di tempo rende il giudizio del personale ispettivo in un certo senso oggettivo e contribuisce a semplificare e rendere uniforme l'attività ispettiva stessa. Una durata maggiore della prestazione lavorativa va dimostrata. La seconda condizione è che la collaborazione si ha per occasionale quando è resa sia in sostituzione, sia in affiancamento del titolare.


Osserviamo che la formulazione di questa linea guida ricalca con alcune modifiche la previsione del comma 6 ter, articolo 21, Dl 269/2003 riferito all'attività artigiana : infatti, questa disposizione presume l'occasionalità nel settore artigiano quando il collaboratore sostituisce il familiare impossibilitato per un periodo non superiore a 90 giorno nell'anno solare. Per quanto riguarda, invece, gli aspetti assicurativi, la successiva lettera circolare n. 14184/2013, in linea con la precedente, stabilisce che scatta l'esenzione Inail quando il soggetto lavora 12 giorni al mese, senza superare i 10 giorni lavorativi durante l'anno.

Questo parametro misura il carattere “accidentale” della prestazione.

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