venerdì 12 maggio 2017

Jobs Act autonomi e smart working


Il disegno di legge – che si applica a tutte le forme di lavoro autonomo così come definite dall’art. 2222 e segg. c.c. (ivi comprendendo anche le professioni intellettuali, ordinistiche e non ordinistiche, la prestazione d’opera anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa e con la sola esclusione del lavoro autonomo di tipo imprenditoriale) ha - tra le altre finalità - inteso colmare il vuoto determinato dal venir meno di alcune tutele – contrattuali e amministrative - che la legge prevedeva in passato per il lavoro a progetto e per il lavoro con i titolari di partita IVA prima della loro abrogazione, avvenuta ad opera del Jobs Act.

Si pensi alle disposizioni relative alla determinazione dei corrispettivi minimi, ma anche alle limitazioni al potere di recesso unilaterale del committente che erano state potenziate dalla Riforma Fornero del 2012, o, ancora, alla tutela del diritto d’autore per le invenzioni del collaboratore ovvero alla possibilità di sospendere il rapporto di lavoro in caso di eventi prolungati quali la malattia o la maternità. Ma si pensi anche alle disposizioni dell’art. 69bis del D.Lgs. n. 276/2003 che, seppure con grande complessità, miravano a regolare la posizione dei prestatori di lavoro autonomo titolari di partita IVA. In questi ambiti il disegno di legge introduce (e re-introduce) precise e significative forme di tutela, quali ad esempio:

- la previsione della nullità delle clausole che attribuiscano al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o di recedere senza congruo preavviso;
- la tutela economica per gli apporti originali e le invenzioni del prestatore d’opera realizzati in esecuzione del contratto (purché l’attività inventiva non costituisca oggetto del contratto);
- la possibilità di sospendere il contratto in caso di eventi quali maternità, malattia e infortunio ed una più precisa tutela di tipo economico – da attuare mediante il meccanismo della delega – nella forma di un sostegno al reddito in presenza di alcuni determinati eventi;
-la stabilizzazione della DIS-COLL.

Il disegno di legge, prevede poi altre forme di tutela che hanno degli importanti riflessi sul piano della gestione e, quindi potranno avere una significativa influenza in termini di autonomia – reale - del prestatore d’opera ovvero del collaboratore quali ad esempio:
- la deducibilità integrale entro un tetto massimo annuale, delle spese per la formazione e delle spese per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, oltre alla possibilità di non considerare come compensi in natura le spese di vitto e alloggio inerenti l’esecuzione di un incarico;
- la deducibilità integrale dei premi per la stipulazione di polizze dirette ad assicurare contro il rischio di mancato pagamento delle prestazioni, ma anche la possibilità di ottenere in tempi più rapidi un’ingiunzione di pagamento unitamente alla previsione per cui le Casse di appartenenza possano attivare delle forme di prestazione per la tutela dei casi di riduzione del reddito in presenza di specifiche patologie;
- la delega al Governo per la semplificazione di alcuni adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
- l’accesso al mercato del lavoro e il supporto da parte del sistema di ricerca e selezione pubblico e privato in primis per coloro che siano affetti da disabilità.

Parallelamente, il Jobs Act lavoro autonomo stabilisce, una disciplina puntuale del lavoro agile che avrà degli importanti effetti sul piano dell’evoluzione delle modalità di gestione del rapporto di lavoro subordinato e che accompagna – sul piano della flessibilità organizzativa che lo caratterizza - quel processo di rinnovamento del diritto del lavoro che la legge delega n. 183/2014 e i suoi decreti attuativi hanno reso sempre più evidente quale vera e propria rivoluzione culturale portata dalla riforma.

E’ chiaro, infatti, che al di là del clamore destato dall’introduzione di alcune norme, quale ad esempio la disciplina del contratto a tutele crescenti, ovvero la revisione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 4 della L. n. 300/1970, ciò che ha accompagnato in questi due anni il profondo ripensamento della materia è l’effetto che si è generato sul piano dell’organizzazione del lavoro. Il DDL sul lavoro autonomo e la disciplina del lavoro agile in esso contenuta costituiscono ora l’ultimo tassello di un’evoluzione sociale annunciata da tempo.

Il lavoro si evolve – necessariamente – così come si evolve la società. Le norme chiamate a regolare i rapporti di lavoro - i quali sono rapporti di diritto civile – si devono rinnovare anch’esse.

Tale processo di evoluzione e di rinnovamento è quanto mai rilevante proprio perché il diritto del lavoro trova applicazione in un contesto, quello dell’impresa, anch’esso in continua evoluzione.
Può essere corretto affermare che la riforma del lavoro si è “innestata” in un processo di evoluzione sociale che ha influenzato in modo significativo il mondo delle imprese e il modo stesso di lavorare. Da qui la necessità di regolare quel diverso modo di lavorare “in mobilità” che ha preso ormai significativamente piede nell’organizzazione del lavoro: il lavoro agile (o smart working), anche quale forma di superamento delle difficoltà organizzative (più apparenti che reali) che si sono riscontrate in questi anni nell’applicazione della disciplina del telelavoro. Significativo, da questo punto di vista e quale segno tangibile dell’evoluzione, culturale più che normativa, che il lavoro subordinato sta avendo è proprio l’inserimento, concettualmente rilevante , della disciplina del lavoro agile (che riguarda il lavoro subordinato) nell’ambito di un disegno di legge dedicato al lavoro autonomo. Probabilmente perché, in una logica di evoluzione della nostra materia, anche la scelta tra autonomia e subordinazione dovrà (e potrà) divenire un rilevante strumento di organizzazione.

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