Margini stretti per invocare la forza maggiore nei reati tributari

Una delle esimenti penali a disposizione del soggetto indagato o imputato per taluno dei reati previsti dal nostro ordinamento è senz'altro la “causa di forza maggiore”, disciplinata all’art. 45 del c.p.
Non di rado tale circostanza è stata invocata anche in ambito penale tributario, dal contribuente (in proprio o in relazione alla propria qualifica di rappresentante legale di un soggetto collettivo), accusato di aver commesso taluna delle ipotesi di omesso versamento di ritenute o di imposta sul valore aggiunto, rispettivamente disciplinate dagli artt. 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000.

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Sull’applicabilità dell’esimente ai citati delitti tributari si osserva, accanto ad una posizione molto rigorosa della Cassazione (molto restia a riconoscerne l’operatività in queste fattispecie di natura omissiva), una maggiore apertura in seno ai Giudici di merito; ne è un recente esempio la sentenza n. 21/17 del Tribunale di Brindisi (pronunciatosi su un omesso versamento dell’Iva dovuta in base alle dichiarazione annuale di una s.r.l.) ove vengono valorizzati lo stato di crisi aziendale obiettivamente riscontrato, unitamente alle azioni concretamente poste in essere dall'amministratore della società per evitare la commissione di detto reato.

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