Legge di Bilancio 2017: transazione fiscale estesa ad IVA e ritenute




Con una modifica alla legge Fallimentare, per mezzo della legge di Bilancio 2017, viene ammessa la transazione fiscale anche per i debiti aventi ad oggetto IVA o ritenute omesse. La novità amplia l’ambito applicativo dell’istituto con potenziali effetti benefici sul numero dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione dei debiti che potranno fruirne. Nel contempo, rimane ferma l’esigenza di evitare il moltiplicarsi di comportamenti opportunistici attraverso l’introduzione di opportuni meccanismi di vigilanza che permettano di individuare prontamente le imprese che presentano segnali di potenziale crisi e di imporne un’anticipata gestione.

Gli interventi operati sulla legge fallimentare (R.D. n. 267/42), da ultimo anche con legge di Bilancio 2017, sono stati molti e ripetuti a testimonianza della continua evoluzione degli scenari di riferimento e della necessità di adattare le norme a tali cambiamenti.
Nel contempo vi è una forte domanda di riforma della materia fallimentare, comprese le speciali procedure dettate dalla l. n. 3/2012 per risolvere l’insolvenza degli imprenditori non fallibili e dei debitori civili, che dia uno stop definitivo agli interventi spot a tutto vantaggio della chiarezza delle norme.

La commissione Rordorf è stata incaricata di formulare un disegno di legge delega (atto Camera 3671-bis) sulla riforma organica delle discipline della crisi di impresa e del fallimento che attualmente è all’esame della Commissione Giustizia della Camera la quale sta valutando gli emendamenti presentati lo scorso 21 novembre.


Si vuole, in sostanza, pervenire ad una serie di norme che tengano conto delle esperienze maturate nei tribunali fallimentari con specifica attenzione alla disciplina del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis, L.F.) e delle crisi da sovraindebitamento.
In tale contesto, desta qualche perplessità l’inserimento nella legge di Bilancio per il 2017 di un emendamento contenente modifiche in tema di transazione fiscale. Si tratterebbe, infatti, dell’ennesimo intervento frammentario operato sulla legge fallimentare in stridente contrasto con la volontà di affrontare il riordino dell’intera disciplina in essa contenuta.
Sotto altro profilo, non vi è dubbio che ciò origini dalla necessità di anticipare alcune riforme rispetto al varo della legge delega, con ovvi vantaggi in termini di tempestività delle riforme e di risposta alle esigenze manifestate dagli operatori del settore.


E veniamo al tema dibattuto: l’ampliamento, in sede di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, dell’ambito operativo della transazione fiscale disciplinata dall’art. 182-ter L.F.
La norma, attualmente, dispone che il debitore che ricorre al concordato preventivo o all’accordo ex art. 182-bis L.F., possa proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali.
Tuttavia, tale possibilità è preclusa se il debito riguarda tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, l’IVA o le ritenute operate e non versate. Per questi ultimi debiti è infatti ammesso proporre la sola dilazione del pagamento.
Altro limite attiene poi al rispetto della gerarchia dei privilegi e infatti la norma precisa che: “Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole”.
L’emendamento proposto modifica l’istituto della transazione fiscale estendendone l’uso anche ai debiti tributari aventi per oggetto l’IVA o le ritenute qualora il piano proposto dal debitore ne preveda una soddisfazione: “in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)» della Legge fallimentare”.
Un’apertura che appare in linea, oltre che con la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, anche con l’ormai consolidato orientamento del Fisco che privilegia rapidità e certezza nella riscossione rispetto al dato formale delle somme accertate e di cui sono esempi: il proliferare di norme sul pagamento rateizzato dei tributi, ora addirittura sfociate nella sanatoria degli importi a ruolo, e l’atteggiamento più conciliante degli uffici nell’ambito delle procedure deflattive del contenzioso tributario, queste ultime validamente supportate dalla recente ammissibilità della deduzione dagli imponibili accertati di eventuali perdite pregresse non compensate.
Nello specifico, l’ampliamento dell’ambito operativo della transazione fiscale darebbe al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione dei debiti maggiori possibilità di successo, stante il fatto che molte di queste procedure non si concludono proprio per l’impossibilità di sottoporre a falcidia tali debiti fiscali.
La novità verrebbe così a colmare un vuoto lamentato da più parti e, anzi, potrebbe essere l’occasione per estendere l’istituto della transazione fiscale, così potenziato, anche alla crisi da sovraindebitamento.
Resta da risolvere il problema di fondo: se è vero che la soluzione di molte crisi di impresa è ostacolata dall’impossibilità, per il Fisco, di accettare riduzioni sui crediti per IVA e ritenute, vi è, nel contempo, la necessità di porre un argine alla tendenza dei soggetti in crisi a posporre, in primo luogo, il pagamento dei debiti tributari e tra questi proprio quelli relativi per IVA e ritenute, vista la periodicità dei versamenti che li caratterizza. Il rischio, insomma, è che i soggetti più spregiudicati, sapendo di poter contare su una riduzione di tali debiti in sede di concordato o di accordi ex art. 182-bis, si sentano maggiormente indotti ad ometterne il pagamento.
Da notare, che proprio l’esigenza di porre un argine a tali condotte ha portato, specie nel comparto IVA, al varo di norme, come lo split payment e il reverse charge, pensate per la salvaguardia di tali entrate o di altre destinate ad efficientarne il controllo, come la recente trasmissione telematica trimestrale (semestrale per il 2017) dei dati delle fatture ricevute ed emesse, corredata dei dati delle liquidazioni mensili o trimestrali, con conseguente aumento del numero e della complessità degli adempimenti imposti ai contribuenti.


La possibilità di evitare tali effetti distorsivi viene sempre più spesso ancorata all’introduzione di opportuni meccanismi di vigilanza che permettano di individuare prontamente le imprese che presentano segnali di potenziale crisi e di imporne un’anticipata gestione, con conseguente riduzione del danno per i creditori. Circostanza che spiega la previsione di apposite procedure di allerta nel disegno di legge Rordorf.









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