Spendi più del reddito che hai dichiarato al Fisco? Attenzione, perché potresti essere sottoposto a indagini bancarie e finanziarie.

Il Fisco infatti, mette a confronto le spese sostenute dal contribuente con il reddito dichiarato, attraverso lo strumento del redditometro. In sostanza, il Fisco dà il via ad una serie di verifiche, che consistono nell’acquisizione e nell’utilizzo di dati, elementi e notizie che risultino da rapporti continuativi o sporadici intrattenuti con banche, posta o operatori finanziari in generale, che può condurre ad accertamenti.

Se il contribuente sottoposto a verifiche non riesce a dimostrare che i dati acquisiti dal fisco nel corso delle indagini bancarie non hanno rilevanza fiscale o che sono stati correttamente indicati in dichiarazione dei redditi, tali dati possono essere usati dal fisco per rettificare il reddito dichiarato dal contribuente.

Come può difendersi il contribuente?
Se il contribuente non è titolare di partita IVA, è bene che conservi una copia degli estratti conto bancari e postali, ricevute, fatture e scontrini fiscali per giustificare prelevamenti e spese effettuate. Per quanto riguarda le erogazioni di denaro effettuate tra familiari a titolo di donazione o a titolo di prestito infruttifero di interessi, è utile sottoscrivere una scrittura privata tra le parti e conservarla.

Se il contribuente è titolare di partita IVA invece, è bene che gestisca in maniera oculata il conto corrente bancario (o postale), evitando l’utilizzo promiscuo, riducendo al minimo l’uso del contante e valutando l’esercizio dell’opzione per la contabilità ordinaria.

Per ogni operazione effettuata tramite conto corrente (bonifici, prelievi, versamenti) sarebbe opportuno compilare con estrema cura la causale dell’operazione effettuata, al fine di tenerne traccia in caso di eventuali controlli.

Per giustificare le differenze tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile al redditometro, il contribuente può dimostrare ad esempio che:


  1. ha venduto degli immobili;
  2. è titolare di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta quali depositi bancari, buoni postali o altro;
  3. che possiede redditi esenti (BOT, CCT e simili);
  4. che il reddito conseguito è reddito di impresa o di lavoro autonomo con proventi non tassabili o esenti.

Il redditometro, in quanto strumento di accertamento, presenta però diverse criticità:


  1. possibile violazione della privacy (non si può entrare nel merito di tipologie di spesa che riguardano aspetti delicatissimi della vita privata del contribuente)
  2. impossibilità di fornire la prova contraria (è stato criticato l’utilizzo dei dati Istat per accertare le spese medie in quanto risulta impossibile per il contribuente fornire una prova contraria alle presunzioni utilizzate dal Fisco)
  3. mancata presa in considerazione della differenza territoriale tra contribuenti che abitano in luoghi profondamente diversi in quanto a capacità di spesa.

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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