lunedì 28 novembre 2016

Referendum Costituzionale, la vera ragione di voto il 4 dicembre

L'importanza di questo voto nell'attuale contesto politico-economico – anche internazionale – e la difficoltà di valutazione del quesito mi pare abbiano pochi precedenti nella storia della Repubblica.Costituzione della Repubblica Italiana

Non è quindi il caso di scegliere come votare senza un ragionamento approfondito, perché l'esito referendario potrebbe avere un impatto sull'andamento della nostra economia e la ripresa degli investimenti, primo punto da considerare.

Incredibile il numero e anche il livello - sia alto che basso - delle contrapposizioni che si sono venute a creare nel dibattito. Pesare i pro e i contro non è compito facile per chi vuole decidere pensando solo ai benefici per la collettività.

Innanzitutto rileviamo che un eminente costituzionalista per il NO, Giovanni Maria Flick, ha assicurato che la riforma non è né eversiva, né illegittima, forse solo inopportuna perché di provenienza governativa. Tecnicamente, sul piano giuridico, ritiene che comporterà ancora più problemi di quella attuale.

Dall'altra parte, per il SI' e sempre sul piano tecnico-giuridico, un altrettanto eminente giurista, Roberto D'Alimonte, scrive che “col tempo molte delle questioni che oggi suscitano perplessità verranno risolte pragmaticamente” (Sole24Ore 24 nov).

Soppesare le questioni tecnico-giuridiche di questa riforma è dunque un problema arduo se gli stessi addetti ai lavori si esprimono in modo contraddittorio, riconoscendo le imperfezioni del testo. Alcuni la ritengono comunque un cambiamento positivo, e invitano i conservatori a non nascondersi dietro il perfezionismo (Franco Bassanini, Corriere).

Sul piano politico, l'esito referendario inciderà sull'azione di governo, nonostante entrambe le parti dicano altrimenti, fosse solo perché 2 anni di lavoro potrebbero essere stati impiegati più utilmente. L'indebolimento di Renzi dovrebbe favorire l'instabilità dei mercati, che aspirano comunque ad un cambiamento, al varo di una riforma, pure senza avere la sicurezza di effetti positivi.

Più che dal superamento del bicameralismo paritario, benefici per il rilancio degli investimenti potrebbero arrivare dalle modifiche al Titolo V, che ridisegna le competenze tra Stato e Regioni, riportando sul primo molte delle funzioni che la riforma federalista del 2001 aveva assegnato alle autonomie regionali.

Anche qui però il testo non è esente da potenziali conflitti che nella pratica dovranno poi essere risolti con il ricorso alla Corte costituzionale, impedendo di fatto un incremento di efficienza della governance del paese.

Questi in estrema sintesi i punti nodali della disputa, creata ancora una volta da una classe politica che non riesce a trovare convergenze e che dimentica di avere un nemico comune, la burocrazia eccessiva e devastante.

Si pensi bene quindi cosa votare, i veri vincitori o sconfitti dal referendum saranno i cittadini.

Personalmente sognavo l'abolizione delle Regioni - invece che delle Province - e della Camera con i suoi 630 parlamentari, mantenendo solo i 315 del Senato. Un cambiamento radicale, una vera semplificazione e, in più, una reale innovazione, quella che comunque verrà dall'uso sempre più diffuso delle tecnologie digitali.

Tra 20 anni spero non si parlerà più di Europa-Stato-Regioni-Province/Città metropolitane-Comuni, ma di e-democracy, governo diffuso, democrazia partecipativa. Questa la possiamo esprimere già oggi, andando in massa a votare, qualunque sia la scelta, comunque motivata da una analisi approfondita, non dalle urla e gli insulti che ormai pervadono i social networks.

Con un'alta partecipazione al voto a partiti e movimenti arriverà un messaggio forte e chiaro: i cittadini vogliono dire la loro, vogliono efficienza ed efficacia dell'azione di governo e una economia che funziona, non dibattiti eterni ed inutili.

E' ora di unire e migliorare, per crescere. Aspettiamo fiduciosi che i politici lo comprendano, la vera ragione del voto.

Autore dell'articolo Andrea Gallo

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