venerdì 2 ottobre 2015

Lezioni di startup

16 domande che avreste voluto fare all’investitore più importante in circolazione
In una sessione di domande con Product Hunt, Ben Horowitz ha risposto ad alcune domande sui temi startup e investimenti. E va dritto al punto
Best-Practices-ART_0
Se fate parte della “scena startup” non potete non conoscere Ben Horowitz: imprenditore, investitore, blogger e autore del libro bestseller “The Hard Thing About Hard Things”.

È inoltre il fondatore e manager di Andreessen-Horowitz, uno dei più importanti e stimati fondi di Venture Capital della Silicon Valley. Ha investito in aziende del calibro di Facebook, Twitter, Foursqare, Pinterest, ecc., e ha a portfolio delle exit memorabili come quelle di Groupon, Skype, Instagram e tante altre.


In una recente sessione di AMA (ask me anything) con Product Hunt, Horowitz ha risposto ad alcune domande sui temi startup e investimenti. Credo sia interessante e importante il suo punto di vista, non solo perché è una persona stimata e rispettata nel suo settore, ma soprattutto perché va dritto al sodo quando gli chiedono consigli ed è spesso in controtendenza e poco convenzionale con le sue opinioni.

Le 16 domande e risposte

ProductHunt: Hai un consiglio da dare agli startupper sul quale pensi siano in disaccordo altri investitori o startupper stessi?

Ben Horowitz: Tutti quelli che hanno fondato grandi aziende sono stati derisi lungo il loro percorso. Se date importanza a queste cose non siete portati per fare gli imprenditori. Il che non significa che non dovete ascoltare i consigli altrui, ma dovete decidere sempre con la vostra testa.

PH: Chi sono i tuoi mentor nella vita e sul lavoro?

BH: In questa fase della vita inizio a definirli amici più che mentor. Le due persone da cui ho imparato di più sono probabilmente Bill Campbell and Andy Grove. L’intera vita di Andy è una lezione su come dovrei vivere la mia. Il modo con il quale Bill ascolta gli altri è così speciale che imparo qualcosa di nuovo ogni volta che sono con lui. Poi ci sono persone in altri settori, come NAS che ha la capacità di vedere il mondo da una prospettiva completamente diversa. Se io e te ascoltiamo la stessa canzone tu potresti cogliere 30 aspetti che io non ho colto.

PH: In un imprenditore alla prima esperienza quali sono quel 20% di skill che poi definiranno l’80% del suo successo?

BH: La questione centrale è che bisogna concentrate tutti gli sforzi sul product/market fit. Bisogna lavorare su prodotti che la gente può iniziare ad utilizzare fin da subito o che si riescono a vendere in maniera affidabile e duratura. Tutto il resto – come cultura, management, ecc. – è secondario. Mai distogliere lo sguardo dall’obiettivo!

PH: L’anno scorso hai pubblicato “The Hard Thing About Hard Things”, se dovessi ripubblicarlo oggi, cosa aggiungeresti (o cambieresti) nel libro?

BH: Probabilmente avrei approfondito di più gli aspetti duri e difficili. Non sapevo se il pubblico li avrebbe apprezzati, ma alla fine è stato proprio così. La mia più grande sorpresa riguardo al libro è che l’ho scritto per un pubblico molto di nicchia e invece l’hanno apprezzato tutti, dai pastori ai professori. Mi ha sbalordito questa cosa.

Impossibile una nuova bolla startup come nel 2000
PH: Qualcuno dice che siamo di fronte a una nuova bolla startup, soprattutto in Silicon Valley. Cosa ne pensi? Sta succedendo qualcosa di simile al 2001?

BH: Avendo fatto il CEO nel 2001, posso dire che non ci stiamo minimamente avvicinando a quello che successe all’epoca. Ci sono state delle valutazioni esagerate nel mondo hi-tech privato ma si sono “aggiustate” abbastanza rapidamente. Ad esempio nel mondo del software enterprise ci sono state alcune valutazioni altissime in privato, ma appena queste aziende si sono quotate pubblicamente e si è visto che la valutazione era inferiore, il mercato privato si è subito adeguato e corretto. Non vedo un crash all’orizzonte come nel 2001 quando il NASDAQ perse l’80% del suo valore. Sarei disposto a scommettere con chiunque che nei prossimi cinque anni una cosa del genere non succederà.

Bisogna lavorare su prodotti che la gente può iniziare ad utilizzare fin da subito o che si riescono a vendere in maniera affidabile e duratura
PH: Il mercato pubblico sta spaventando parecchie persone, si parla parecchio di startup “unicorni” e “decacorni”. Che effetto avrà tutto ciò sulle startup early-stage?

BH: Credo che il mondo degli investimenti early-stage, se fatto correttamente, è disconnesso da quello del mercato pubblico. La media delle exit nel mondo VC è sugli otto anni, nei quali il mercato pubblico sarà cambiato tantissimo.

Detto questo, c’è sicuramente il fatto che molti investitori fermerebbero le loro attività in caso di un crash del mercato pubblico, e questo renderebbe più difficile raccogliere capitali. Inoltre, per un VC che si trova coinvolto in una bolla, anche a un livello early-stage, sarebbe difficilissimo riprendersi se l’ecosistema intorno è cambiato rapidamente.

PH: Quale delle startup “unicorno” riuscirebbe a superare un’eventuale bolla startup? E perché?

BH: Airbnb, perché sono una grande azienda con una magnifica cultura aziendale e un “effetto network” incredibile.

PH: Quale credi che sia il modo migliore per entrare del mondo del VC per un giovane professionista?

BH: Avviare un’azienda o entrare in una startup e imparare cosa significa mettere in piedi un’attività da zero. È praticamente impossibile impararlo in altri modi.

Se ricominciassi? Farei il biohacker
PH: In quale momento il CEO dovrebbe abbandonare la figura di product owner e focalizzarsi sul resto del business?

BH: Su questo argomento ho scritto il post Why Founders Fail. Non credo che debba fare un passo indietro rispetto al prodotto, ma quando arriva sul mercato, deve iniziare a fare molta attenzione al resto del business e dell’azienda.

PH: Fare proiezioni finanziare è complesso quando i numeri sono puramente ipotetici. Ci dai qualche suggerimento su come impostare delle proiezioni finanziarie che siano credibili per un investitore?

BH: Se sei nel settore enterprise, il modo migliore è procedere col “metodo Salesforce”. In altre parole, aggiungi il valore delle persone produttive che hai a bordo.

Se sei nel settore consumer, le proiezioni finanziare solitamente sono un derivato di altre metriche. Io sarei semplicemente chiaro sul come le hai ottenute.

PH: Se dovessi iniziare oggi la tua carriera, con cosa partiresti?

BH: Vorrei essere un bio hacker. La computational biology è la cosa più interessante che io abbia mai visto. Mi piacerebbe lavorare in quel settore.

PH: Credi che si nasca imprenditore o ci si diventi?

BH: Per essere un imprenditore bisogna essere disposti a essere completamente vulnerabile e pensare esclusivamente per se stessi. Credo che siano caratteristiche che si possono apprendere, ma non ne sono sicuro.

Imprenditore si diventa. Forse
PH: Sei Startup L. Jackson travestito da Ben Horowitz?

BH: No, ma sono un suo grande fan. Come avrete notato, tendo a dire quello che mi passa per la testa, indipendentemente dal fatto che sia vantaggioso per me, quindi non ho bisogno di pseudonimi.

PH: Quali sono i tuoi tre libri preferiti? Quali libri hanno ispirato la scrittura del tuo?

BH: Il libro che ha più ispirato il mio è High Output Management di Andrew Grove. È difficile fare una lista dei miei libri preferiti. Alcuni che mi piacciono, in diverse categorie, sono: The Black Jacobins di C.L.R. James, Fooled by Randomness di M.N. Taleb, Tuff di P. Beatty.

PH: Fuori dal lavoro e della scrittura cosa fai? Hai degli hobby?

BH: I miei hoppy sono l’hip-hop, il barbecue e la macroeconomia. Marc Andreessen è più bravo di me in macroeconomia ma io lo distruggo sul barbecue e l’hip-hop.


Nessun commento:

Posta un commento