Sentenza scontata per certi versi
Commette il reato di appropriazione indebita il consulente fiscale che trattiene per sé le somme ricevute dai clienti per pagare le imposte.
Ai fini della configurazione del reato non rileva la mancata notifica della cartella esattoriale ai clienti beffati né l’incertezza sull’esatto ammontare del debito tributario gravante sui medesimi.
È quanto emerge dalla sentenza 11 giugno 2015 n. 24772 emessa dalla Seconda Sezione Penale della Suprema Corte.
Il delitto di appropriazione indebita, punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032,00, è commesso da chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.
Ai fini della configurazione del reato non rileva la mancata notifica della cartella esattoriale ai clienti beffati né l’incertezza sull’esatto ammontare del debito tributario gravante sui medesimi.
È quanto emerge dalla sentenza 11 giugno 2015 n. 24772 emessa dalla Seconda Sezione Penale della Suprema Corte.
Il delitto di appropriazione indebita, punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032,00, è commesso da chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.
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