Ultimi chiarimenti del Mef sulla questione sempre aperta dell'Antiriciclaggio.
Tra le FAQ riportate sul sito del Dipartimento del Tesoro, ieri ha trovato spazio un nuovo quesito riguardante il caso di un professionista che si limiti a consigliare al suo assistito di non accedere alla procedura di voluntary disclosure.
Ipotizziamo che ci venga richiesta una consulenza in materia di voluntary disclosure. L’assistito pone sul piatto tutte le sue ricchezze all’estero e ci consente di acquisire moltissime informazioni riguardo alla sua posizione economico-finanziaria, nonché alla sussistenza di condotte riconducibili a fattispecie di reato.
Nel caso di specie, però, la procedura di emersione volontaria dei capitali non rappresenta la strada migliore, e quindi possiamo soltanto limitarci a sconsigliargli la voluntary disclosure.
È tuttavia ormai maturato in noi il sospetto che il soggetto stia conducendo operazioni di riciclaggio di denaro. Dobbiamo effettuare una segnalazione dell’operazione sospetta?
Il Mef lo esclude.
Precisa infatti che gli obblighi antiriciclaggio si applicano soltanto nel momento in cui si concretizza un rapporto tra il professionista e il soggetto cui sarà resa la prestazione.
In altre parole, se il professionista si limita a valutare la posizione di un soggetto, ma, successivamente alla stessa, non segue alcun conferimento dell’incarico, non sussistono gli obblighi antiriciclaggio.
Come chiarisce il Mef, infatti, l’articolo 1, comma 2, lettera e) del d.lgs. 231/2007 qualifica il “cliente” come colui al quale “…, i destinatari indicati agli articolo 12 e 13 rendono una prestazione professionale a seguito del conferimento di un incarico”. Non essendoci stato conferimento di incarico non c’è obbligo di antiriciclaggio.
Nessuna adeguata verifica, nessuna registrazione e conservazione dei dati e nessun obbligo di segnalazione dell’operazione sospetta.
La Faq apparsa sul sito del Dipartimento del Tesoro, assume tuttavia, particolare significato anche con riferimento ad un inciso contenuto nella risposta fornita.
Il Mef chiarisce infatti: “l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette non si applica nell'esame della posizione giuridica del cliente in relazione a un procedimento giudiziario, compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento. L’esonero di cui all’art. 12 co. 2 del D.Lgs. 231/2007 non si estende quindi a tutti i casi di consulenza ma solo a quelli collegati a procedimenti giudiziari.”
Fermo restando il fatto che non sarebbe stato male se i concetti fossero stati espressi con un maggior grado di chiarezza, merita di essere rilevato, in questa sede, che il Mef sembra aver implicitamente riconosciuto che, nel caso della voluntary disclosure non si applichi l’esonero di cui all’articolo 12 del D.Lgs. 231/2007.
Pertanto, si può concludere che ad oggi, nonostante l’espressa richiesta del presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, i professionisti che assistono i contribuenti nella procedura della voluntary disclosure sono tenuti ad effettuare la segnalazione dell’operazione sospetta, nonostante la completa inutilità della stessa, come abbiamo avuto modo di analizzare nei precedenti interventi.
Ipotizziamo che ci venga richiesta una consulenza in materia di voluntary disclosure. L’assistito pone sul piatto tutte le sue ricchezze all’estero e ci consente di acquisire moltissime informazioni riguardo alla sua posizione economico-finanziaria, nonché alla sussistenza di condotte riconducibili a fattispecie di reato.
Nel caso di specie, però, la procedura di emersione volontaria dei capitali non rappresenta la strada migliore, e quindi possiamo soltanto limitarci a sconsigliargli la voluntary disclosure.
È tuttavia ormai maturato in noi il sospetto che il soggetto stia conducendo operazioni di riciclaggio di denaro. Dobbiamo effettuare una segnalazione dell’operazione sospetta?
Il Mef lo esclude.
Precisa infatti che gli obblighi antiriciclaggio si applicano soltanto nel momento in cui si concretizza un rapporto tra il professionista e il soggetto cui sarà resa la prestazione.
In altre parole, se il professionista si limita a valutare la posizione di un soggetto, ma, successivamente alla stessa, non segue alcun conferimento dell’incarico, non sussistono gli obblighi antiriciclaggio.
Come chiarisce il Mef, infatti, l’articolo 1, comma 2, lettera e) del d.lgs. 231/2007 qualifica il “cliente” come colui al quale “…, i destinatari indicati agli articolo 12 e 13 rendono una prestazione professionale a seguito del conferimento di un incarico”. Non essendoci stato conferimento di incarico non c’è obbligo di antiriciclaggio.
Nessuna adeguata verifica, nessuna registrazione e conservazione dei dati e nessun obbligo di segnalazione dell’operazione sospetta.
La Faq apparsa sul sito del Dipartimento del Tesoro, assume tuttavia, particolare significato anche con riferimento ad un inciso contenuto nella risposta fornita.
Il Mef chiarisce infatti: “l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette non si applica nell'esame della posizione giuridica del cliente in relazione a un procedimento giudiziario, compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento. L’esonero di cui all’art. 12 co. 2 del D.Lgs. 231/2007 non si estende quindi a tutti i casi di consulenza ma solo a quelli collegati a procedimenti giudiziari.”
Fermo restando il fatto che non sarebbe stato male se i concetti fossero stati espressi con un maggior grado di chiarezza, merita di essere rilevato, in questa sede, che il Mef sembra aver implicitamente riconosciuto che, nel caso della voluntary disclosure non si applichi l’esonero di cui all’articolo 12 del D.Lgs. 231/2007.
Pertanto, si può concludere che ad oggi, nonostante l’espressa richiesta del presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, i professionisti che assistono i contribuenti nella procedura della voluntary disclosure sono tenuti ad effettuare la segnalazione dell’operazione sospetta, nonostante la completa inutilità della stessa, come abbiamo avuto modo di analizzare nei precedenti interventi.
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