ITALIA: TASSAZIONE AL 68%..MA DOVE VOGLIAMO ANDARE A cura di Antonio Gigliotti
Cari amici e colleghi,
è proprio vero che la vita non smette mai di sorprendere. Tuttavia sarei molto più contento se le sorprese fossero nella maggior parte dei casi positive, invece qui abbiamo giorno dopo giorno notizie e dati che ci tolgono il sorriso e la speranza nel miglioramento.
Ciò che ha catturato la mia attenzione questa volta è il rapporto annuale «Paying taxes» recentemente diffuso dalla Banca mondiale. In base ai riscontri effettuati dai ricercatori, è emerso che su 100 euro di utili realizzati da un’impresa, un 65,8% è destinato a imposte, tasse e contributi. Se ne deduce quindi che il livello di tassazione delle nostre imprese è il più alto tra quelli dei paesi Europei presi in esame.
È chiaro che abbiamo un problema. Un grosso problema. Se non si scioglie questo nodo, andare avanti è un processo non solo impossibile, ma anche impensabile. Nessuna via d’uscita all’orizzonte. Il punto sta nel risolvere questo problema pesante come un macigno, che impedisce all’economia italiana di respirare e crescere in maniera sana.
Se un’impresa guadagna e deve versare al Fisco molto più della metà dei propri utili, allora che senso ha parlare di misure per la ripresa? Senza contare il fatto che, in linea generale, questi interventi mirati alla crescita il più delle volte hanno mancato l’obiettivo. Prendiamo ad esempio il bonus Irpef: i consumi non sono aumentati, anzi il calo è costante.
Tornando al rapporto della Banca mondiale, vediamo che si sottolinea come il peso maggiore sulle spalle delle imprese italiane sia rappresentato daL costo dei contributi, per fronteggiare i quali le aziende devono mettere le mani su quasi il 35% degli utili. Altrettanto onerosa è poi la tassazione diretta, incluse IRPEF e IRES. Insomma, una bella insalata di ostacoli alla ripresa… imposti da quello stesso Stato che dovrebbe lavorare per toglierli dalla strada.
Io penso che per crescere non abbiamo bisogno di uno Stato di polizia. Non è questa la ricetta giusta. La via migliore e auspicabile sarebbe quella della riduzione degli adempimenti e della contrazione del livello di tassazione. Solo percorrendo questo cammino potremo venirne fuori. A nulla servono dunque i dibattiti televisivi, se di fondo mancano le misure concrete. I politici e i governanti sciorinano giorno dopo giorno lezioni imparate a memoria, affermando che le tasse sono state ridotte. Ma di quali tasse stiamo parlando?
Questa gente che parla senza conoscere deve trovare il coraggio di stare zitta, di andare a vedere quello che davvero accade tra i contribuenti, deve parlare con loro e registrarne il disagio. Provassero a parlare con gli artigiani e con gli imprenditori, soprattutto quelli afferenti alla piccola distribuzione!! Così potrebbero toccare con mano la loro insoddisfazione. O provassero a chiedere a uno qualsiasi dei tanti commercialisti italiani cosa ne pensa ::del fisco! In quel caso avrebbero una risposta chiara e pulita: nel sistema normativo e tributario la situazione è peggiorata, gli adempimenti aumentano e sono sempre meno comprensibili e meno utili.
Questa è la realtà! Amara quanto vera! Ne prendessero atto! Basta coi proclami! Non vogliamo più promesse. VOGLIAMO I FATTI.
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