Mobilità. Quali le condizioni per l’esonero del contributo? Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 13625/2014


Premessa – Qualora la procedura per il licenziamento collettivo del personale sia stata avviata dal commissario giudiziale, dopo il decreto di ammissione dell’impresa al concordato preventivo, l’impresa è esonerata dal pagamento del contributo di mobilità. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 13625/2014.

Il caso – La vicenda riguarda una richiesta di ammissione al concordato preventivo, presentata da una società al Tribunale di Vigevano, con cessione di beni ai creditori e contestuale avvio della procedura di mobilità ex L. n. 223/1991. Il Tribunale ammetteva la società alla procedura per concordato preventivo e nominava il commissario giudiziale; successivamente provvedeva a omologare il concordato con cessione dei beni, nominando il liquidatore giudiziale. Nel 2003 veniva notificato alla società un verbale di accertamento dell’Inps nel quale veniva contestato il mancato versamento della tassa d’ingresso alla mobilità per 44 dipendenti, a motivo del fatto che l’esonero di cui alla L. n. 223 del 1991 non era applicabile perché all’epoca della richiesta della procedura di mobilità non era stato ancora nominato il commissario giudiziale né tantomeno omologato il concordato preventivo. Nel 2005 veniva poi notificata dal concessionario per la riscossione la cartella di pagamento per € 319.571,96 per contributi e somme aggiuntive. L’opposizione proposta dalla società veniva respinta dal Tribunale, ma la decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello, che rideterminava l’ammontare dei contributi richiesti, escludendo le rate con scadenza successiva al 2000 (data del decreto di ammissione al concordato e nomina del commissario giudiziale). La Corte sosteneva che da tale momento la società fosse formalmente nelle condizioni di poter essere esonerata dal contributo di mobilità, sussistendo sia il requisito della cessazione dell’attività sia la nomina del commissario giudiziale; osservava poi che la domanda di esonero, già precedentemente presentata dal liquidatore sociale, era stata fatta propria sia dal liquidatore giudiziale che dal commissario giudiziale, che avevano chiesto al Giudice delegato l’autorizzazione a opporsi all’accertamento ispettivo. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l'INPS, addebitando alla Corte d’Appello di non avere considerato che il beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo d’ingresso alla mobilità spetta solo nell’ipotesi in cui la messa in mobilità sia disposta dal commissario giudiziale o dal liquidatore giudiziale, organi della procedura concorsuale e non, come nel caso, dal liquidatore della società.

La sentenza – La Suprema Corte accoglie il ricorso dell’amministrazione pubblica. Secondo gli Ermellini, la procedura di concordato preventivo inizia con l'emissione del decreto del Tribunale, che la dichiara aperta e nomina il giudice delegato e il commissario giudiziale, e non già con il deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura. Ne deriva, quindi, che il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità non spetta nel caso in cui l'atto con il quale viene avviata la procedura per il licenziamento collettivo del personale sia stato adottato non dal commissario giudiziale, successivamente al decreto di ammissione dell'impresa alla procedura concorsuale, ma dallo stesso imprenditore contestualmente al deposito dell'istanza di ammissione al concordato preventivo.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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