venerdì 18 luglio 2014

Lettura interessante

Il giudice e la sentenza
Quando il giudice dimentica, trascura, omette un piccolissimo dettaglio sulla verità delle cose, la sua sentenza è falsa.

È una sentenza che non tiene conto della realtà storica, che è essenziale perché la sua sia una sentenza giusta. Ed è giusta, se è fondata sulla verità.

Una sentenza costruita su una falsità storica, una falsità di natura, mai potrà dirsi giusta, perché le manca il principio stesso della giustizia, che è la verità.

Verità e giustizia sono una cosa sola. Falsità e ingiustizia sono una cosa sola. La giustizia è verità, mai potrà essere falsità. Se è falsità è ingiustizia.

Il giudice sentenzia che ogni donna ha il diritto di essere madre. È un diritto sacrosanto. Nessuno potrà mai togliere questo diritto a una donna.

Se ha il diritto di essere madre, ha anche il diritto di allevare, educare, far crescere i suoi figli. Perché allora il giudice ordina che il figlio può essere sottratto alla madre?
Se a una madre lo toglie e a un’altra lo lascia, non compie una disparità nel suo giudizio? Non è iniquo nella sua sentenza? Non è ingiusto nel suo decidere?

A meno che non vi sia il reale pericolo, una verità storica che subentra in seguito, che costituisce la donna incapace non materialmente, ma spiritualmente di poter allevare il suo bambino, facendolo crescere spiritualmente sano.

In questo caso vi è una verità storica che obbliga il giudice a intervenire per il rispetto del diritto del bambino, il quale vive di suoi particolari diritti.

Perché allora questo stesso principio a godere dei suoi particolari diritti non lo si concede anche a colui che è già concepito, che è già persona umana nel grembo della madre?

Per questo bambino non vi sono diritti. Lui può essere ucciso. A lui la vita potrà essere tolta per sempre.

I legislatore ha dimenticato, ha omesso, ha trascurato un piccolo dettaglio di verità: la donna ha il diritto di concepire, ma non di uccidere.

Una volta concepita, la vita appartiene al concepito, è sua. È vita con il diritto di essere vissuta per tutta la sua naturale durata, fino alla morte naturale.

Sono piccoli dettagli che vengono dimenticati. Il guaio è che di questi piccoli dettagli se ne dimenticano tanti, troppi, moltissimi, quasi tutti.

Se ne dimenticano così tanti da aver perso il concetto, la nozione stessa della verità, della realtà, della natura delle cose e delle persone.

Ma ritorniamo al nostro primo dettaglio dimenticato: ogni donna ha il diritto di essere madre. Lo ripetiamo: è un diritto incancellabile. Nessuna struttura potrà abolire questo diritto. Se lo facesse, sarebbe non solo ingiusta, ma disumana.

Il dettaglio dimenticato dal giudice, il dettaglio omesso, il dettaglio trascurato, volutamente, coscientemente, oppure per crassa, affettata, supina ignoranza, o anche per odio contro la verità stessa, è questo: essere madre significa dare vita dalla propria vita, dare la vita che è fruttificata nel suo stesso corpo.

Essere madre è un processo naturale. Le due vite, che si sono fatte una vita sola nel matrimonio, traggono dal loro corpo, attraverso un atto di grandissimo amore, la vita per una terza persona. È il figlio.

Questa è la maternità ed è questo il desiderio che nessuno potrà mai togliere a una donna.

Se però qualcosa del loro corpo non funziona – è questo il rischio della natura umana – e se neanche la scienza saggia, intelligente, vera, può risolvere, aiutando il corpo a superare il suo limite strutturale momentaneo, il giudice non può intervenire.

Non può dire che è diritto della madre ricorrere alla fecondazione eterologa. La madre in questo caso non è madre. Mai lo potrà divenire con una vita non generata da lei.

Gestisce una vita, ma non è madre di quella vita. Questo dettaglio al giudice è sfuggito, quindi la sua sentenza è falsa, perché priva di ogni verità naturale.

Una donna ha diritto di essere madre. Madre vera, non madre finta. Madre naturalmente vera. Non madre naturalmente falsa.

Da questa argomentazione escludiamo la maternità e la paternità di adozione, perché in questo caso si entra in un altro capitolo della verità: maternità e paternità spirituale.
Ora stiamo trattando del desiderio della maternità materiale, fisica, naturale ed è tutt’altra cosa. Qui il diritto è naturale e la natura può concederlo e non concederlo.

Non desiderare “lo sperma d’altri” poi per chi è cristiano, è legge divina e non solo legge di natura. È legge a cui tutte le donne sono obbligate.

E questo indipendentemente dalla sentenza ingiusta perché falsa del giudice, che avendo preso il posto di Dio, ha deciso che il desiderio deve essere realizzato anche desiderando il seme altrui.

Diciamo fin da subito che questa sentenza, sviluppata e applicata su ogni altro campo dei desideri, apre la porta al caos e alla paralisi del sistema umano.
Il desiderio è stato costituito principio assoluto di azione per l’uomo. Non è la verità il principio assoluto, ma il desiderio.

Questo succede quando il giudice trascura – non vogliamo indagare sui reali motivi di questa grave omissione di cui però si è responsabili davanti a Dio e all’uomo – ignora, rinnega, tradisce, dimentica un piccolissimo dettaglio della verità.

Chi volesse avvalersi di questa sentenza, sappia che essa è falsa, perché fondata sulla falsità del concetto di maternità.
Autore: Francesco Petitto

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