IL PIÙ BEL DISCORSO SULLA LEADERSHIP…



OGNI CAPOUFFICIO, IMPIEGATO, TITOLARE DI NEGOZIO, PRESIDENTE DI UN’AZIENDA, O CHIUNQUE OCCUPA UN RUOLO DI LEADERSHIP DOVREBBE CONOSCERLO!

Nessun pensatore accurato giudicherà un’altra persona da quello che i nemici di quella stessa persona dicono di lei
Napoleon Hill

Tra poco ognuno di voi potrà controllare l’esistenza di un certo numero di uomini. Avrete ai vostri ordini cittadini leali ma non addestrati, i quali dipenderanno da voi e vorranno essere guidati, istruiti. La vostra parola sarà per loro legge. Un’allusione che lascerete cadere casualmente sarà da loro ricordata. I vostri vezzi verranno imitati, i vestiti che indossate, il mezzo di trasporto che possedete, le parole che usate e la maniera che avete di comandare saranno emulati. Quando sarete destinati al vostro corpo, vi troverete un gruppo volenteroso di uomini che non vi chiederanno altro che di possedere le qualità che susciteranno il loro rispetto, la loro fedeltà e obbedienza.

Essi saranno pronti a seguirvi ciecamente finché saprete convincerli di avere tali qualità. Venisse il tempo in cui vi renderete conto di non possederle, fareste bene a confidarvi. La vostra utilità nel corpo sarà pari a zero.

Questo è vero in ogni tipo di organizzazione con leader! Nell’attiva della società, possiamo dividere il mondo tra leader e seguaci. Le professioni hanno i loro leader, così come l’universo della finanza. Ma in tale leadership è sempre difficile, se non impossibile, sceverare l’elemento del suo comando dall’assetto egoistico del guadagno personale per i singoli individui, senza il quale ogni leadership perderebbe valore. Solo nel servizio militare, dove gli uomini si sacrificano liberamente, a costo della loro vita, per una fede, dove essi sono disposti a soffrire e morire per il diritto o la prevenzione di un torto, possiamo auspicare di veder attuata la capacità di guida nel senso più sublime e disinteressato del concetto. Perciò quando dico leadership, intendo la leadership.

Tra pochi giorni la maggior parte di voi, aspiranti ufficiali, dovrà assumere il comando di una compagnia. Ciò non vi renderà automaticamente dei capi ma semplici ufficiali. Esso vi metterà nella condizione di poter diventare veri leader, purché possediate gli attributi adatti. Ma dovrete comportarvi al meglio delle vostre possibilità, non tanto con i superiori quanto con i sottoposti. I soldati devono seguire in battaglia anche quegli ufficiali che non sono leader, ma la forza che li spinge non è l’entusiasmo, bensì la disciplina. Lo faranno pieni di dubbi, tremanti, e saranno indotti a chiedersi: “Quale sarà la sua prossima mossa?” diversi uomini obbediscono alla lettera del comando ma nulla più. Essi non conoscono la devozione per il comandante, l’entusiasmo esaltato a sprezzo del pericolo personale, il sacrificio individuale per difenderlo. Si trascinano stancamente sulle gambe perché il loro cervello addestrato dice loro che devono precedere. Ma non porteranno il loro spirito con sé.

I soldati freddi, passivi e insensibili non procurano grandi vittorie. Non vanno molto lontano e si fermano non appena possibile. La leadership non solo richiedere, ma ottiene la lealtà e l’obbedienza volontaria, ferma e risoluta di altri; e una devozione che li indurrà, a tempo debito, a seguire il re senza corona ovunque, se necessario. Forse vi chiederete: “In cosa consiste allora la leadership? Che cosa devo fare per divenire un leader? Quali sono gli attributi della leadership e come posso alimentarli?”.

La leadership è composta di diverse qualità . Tra le più importanti ritengo sia utile elencare


  1. la fiducia in sé,
  2. l’influenza morale,
  3. la capacità di sacrificarsi,
  4. l’atteggiamento paterno,
  5. la giustizia,
  6. l’iniziativa,
  7. il decisionismo,
  8. la dignità,
  9. il coraggio.

La fiducia in sé deriva, in primo luogo, dall’esattezza delle conoscenze; in secondo luogo, dalla capacità di impartirle; e, in terzo luogo, dalla sensazione di superiorità sugli altri che ne consegue. Tutto ciò conferisce a un ufficiale il suo senso di calma ed equilibrio. Per comandare bisogna sapere. Potreste ingannare alcuni uomini per un po’ di tempo, ma non potrete farlo all’infinito. I soldati non si fideranno del loro superiore se questi non conosce già ciò che deve conoscere: dai primi rudimenti fino alle nozioni più elevate.

L’ufficiale dovrebbe essere più informato dei documenti di quanto lo siano il suo sergente di compagnia e il furiere, messi assieme; dovrebbe saperne si approviggionamento più di quanto ne sappiano i sotto-ufficiali addetti alla mensa; dovrebbe conoscere le malattie equine meglio del veterinario della sua cavalleria. Dovrebbe essere altrettanto bravo come tiratore di qualunque soldato del suo reparto. Se l’ufficiale non ne sa abbastanza, e lo dimostra, è del tutto umano che il soldato semplice dica a se stesso: “ Che vada all’infero, non ne sa nemmeno quanto me”, e che si senta autorizzato a non tener in alcun conto gli ordini ricevuti.

Non c’è surrogato alla conoscenza accurata!

Informatevi nella maniera più completa, al punto che i vostri uomini vorranno cercarvi per porvi domande e che i vostri pari grado diranno gli uni agli altri: “ Chiedi a Smith, lui lo sa”. Non solo ciascun ufficiale dovrebbe conoscere tutti i doveri che rientrano nel suo rango, ma dovrebbe studiare anche quelli pertinenti ai due gradi direttamente superiori ai suoi. Ciò gli procurerà un duplice vantaggio. Si prepara ai compiti che potrebbero spettargli in qualunque momento della battaglia e si dota di una prospettiva più ampia, che gli permetterà di apprezzare la necessità di emanare ordini, essendo più pronto a eseguirli in modo intelligente.

L’ufficiale non solo deve sapere, ma deve essere in grado di enunciare quel che sa con proprietà di linguaggio, correttezza grammaticale ed espressività. Deve cavarsela da solo e parlare senza imbarazzo.  Mi dicono che nei campi di addestramento per cadetti britannici gli aspiranti ufficiali devono pronunciare un discorso di una decina di minuti su un argomento a piacere. Questo è un ottimo esercizio. Per parlare con chiarezza occorre infatti pensare altrettanto limpidamente. Se il pensiero è logico, ne conseguiranno ordini precisi ed efficaci.

Mentre la fiducia in sé deriva dalle superiori conoscenze rispetto ai sottoposti, l’influsso morale su di loro dipende dal fatto di credere di essere un uomo migliore. Per guadagnare e mantenerne tale influenza, dovrete possedere autocontrollo, forza fisica, capacità di resistenza e grande statura etica.

Bisogna che sappiate controllarvi così bene da non mostrare mai di aver paura, nemmeno negli eventi più spaventosi dei conflitti bellici. Se infatti indicaste la vostra condizione mentale con un movimento affrettato, come un tremore delle mani, un cambiamento dell’espressione del volto o un ordine frettoloso revocato frettolosamente, ciò si rifletterà amplificato nei vostri uomini.

In caserma o durante gli accampamenti, sorgeranno numerose occasioni che metteranno a dura prova il vostro carattere, amareggiandovi quanto più possibile. Se in tali circostanza perderete le staffe, non sarete all’altezza di comandare sugli altri. Gli uomini arrabbiati, infatti, fanno e dicono cosa che poi si pentono di aver detto o fatto. Un ufficiale non dovrebbe mai scusarsi con i suoi uomini, ma neppure rendersi mai colpevole di un atto per il quale il suo senso di giustizia gli suggerisce che deve scusarsi.

Un altro fattore che favorisce l’ascendenza morale è il possesso di una forza fisica e di una resistenza vitale che vi permetteranno di sopportare gli stenti a cui sarete oggetti insieme ai vostri soldati.  Né dovrà mancarvi l’intrepidezza con cui accettarli, facendo buon viso a cattiva sorte, minimizzandone perfino l’avversità. Non sdrammatizzate i guai, sminuite i cimenti che dovrete affrontare, contribuendo così a edificare la vitalità della vostra truppa, che quindi si doterà di uno spirito di corpo il cui valore è incalcolabile, specie nei momenti di grande tensione.

La statura etica è un terzo elemento che vi farà guadagnare ascendenza morale. Per averla dovrete comportarvi in modo adeguato, con la lucidità mentale per distinguere il diritto ed essere decisi ad adoperarvi per il giusto.

Siate un esempio per i vostri uomini!

Un ufficiale può essere un propulsore del bene come del male. Non predicate ai soldati, ciò che potrebbe essere inutile, o peggio. Vivete l’esistenza come vorreste che la conducano loro e sarete sorpresi nel vedere quanti sottoposti v’imiteranno. Un capitano spaccone e bestemmiatore, che non si cura del suo aspetto fisico, avrà una compagnia composta da soldati sporchi, spacconi e blasfemi. Non dimenticare quel che dico: il vostro reparto sarà uno specchio per voi! Se la truppa è marcia, il motivo è il capitano depravato.

Un fattore essenziale della leadership è la capacità di sacrificarsi. Dovrete dare, dare continuamente. Donatevi in senso fisico, poiché le ore più lunghe, i lavori più ingrati e le maggiori responsabilità sono dovere del capitano. Questi deve essere il primo uomo ad alzarsi la mattina e l’ultimo a coricarsi di sera. Mentre gli altri dormono, lui lavora. Dovrete dare in senso mentale, mostrando simpatia e apprezzamento per le fatiche e le preoccupazioni degli uomini alle vostre dipendenze. La madre di questo soldato è morta, quell’altro ha perso tutti i risparmi nel fallimento della sua banca. Forse entrambi vogliono un aiuto, ma più che altro desiderano empatia. Non commettete l’errore di deluderli, affermando che anche voi avete i vostri guai, perché ogni volta che lo farete sarebbe come togliere un mattone dalle fondamenta della vostra dimora. I vostri uomini sono le vostra fondamenta, e la dimora della vostra leadership vi cadrà in testa se non la radicherete bene a terra.

Infine, dovrete donare qualcosa di voi stessi, essendo generosi con le vostre magre risorse finanziarie. Spenderete, infatti, spesso del denaro, prendendolo dalle vostre tasche, per difendere la salute e il benessere dei sottoposti, per aiutarli quando saranno nei guai. Di solito vi sarà restituito tutto. Ma talvolta dovrete metterlo tra le perdite irrecuperabili. Anche in questo caso varrà la pena farlo.

Quando dico che il paternalismo è fondamentale per la leadership, uso il termine nel suo senso migliore. Non mi riferisco al paternalismo che sottrae iniziativa, autostima e fiducia personale alle persone. Voglio invece evocare l’attitudine di benevolenza che si manifesta nella preoccupazione per l’agio e il benessere di chi è alle dipendenze.

I soldati sono come i bambini. Dovete provvedere affinché abbiano di che mangiare, vestirsi e ripararsi, e lo farete nel modo migliore che vi sarà possibile. Dovete garantire loro il cibo prima che possiate mangiare voi, e che ognuno abbia un letto comodo, nelle condizioni date, prima che possiate pensare a dove coricarvi voi. Dovete essere più solleciti per il loro benessere che per il vostro. Non potete trascurare il loro stato di salute, evitate quindi di stancarli eccessivamente con fatiche e lavori inutili. Così facendo, infonderete nuova vita in quel che altrimenti sarebbero semplici macchine. Darete un’anima alla vostra organizzazione, cosicché la sua massa risponderà come se fosse un uomo solo! Questo è lo spirito di corpo.

Quando la vostra compagnia avrà spirito di corpo, una mattina vi sveglierete per scoprire che è cambiata la situazione: invece di essere sempre voi a curarvi di loro, saranno loro, senza che ve lo immaginavate minimamente, a essersi assunti il compito di preoccuparsi per voi. Vedrete che un piccolo distaccamento provvederà a piantarvi subito la tenda, se siete in accampamento; a portarvi in caso di bisogno il giaciglio più pulito nella tenda; a farvi trovare misteriosamente due uova nella vostra cena, mentre nessun altro le ha; ad aggiungere un soldato agli attenti che strigliano il vostro cavallo; ad anticipare i vostri desideri. Allora, tutti i soldati saranno per voi pronti a ogni evenienza, e sarete arrivati!

Non potete trattare tutti gli uomini allo stesso modo! Una punizione che provocherebbe un’alzata di spalle da parte di un sottoposto potrebbe essere una tortura mentale per un altro milite. Un comandante di compagnia che, per una determinata trasgressione, infligge sempre la stessa pena a chiunque, è troppo pigro oppure è uno stupido che non si premura di studiare il carattere dei suoi uomini. Allora, la sua giustizia sarà cieca. Studiate i vostri soldati attentamente, come un chirurgo studierebbe un caso difficile. Quando sarete sicuri della diagnosi, somministrate il rimedio. Ricordate che si applicano i rimedi per compiere una terapia, non per vedere la vittima che si dimena dal dolore. Forse sarà necessario incidere a fondo ma, se la vostra diagnosi vi convince, non fatevi stornare dallo scopo, magari mossi da una falsa simpatia per il paziente.

A braccetto con le meritate punizioni vanno gli atti di giustizia nei confronti di chi deve essere avvalorato. Gli screanzati non piacciono a nessuno. Se uno nella truppa compie un lavoro particolarmente buono, fate in modo di ricompensarlo a dovere. Qualcosa ce ne fosse bisogno, fate il diavolo a quattro per conferirgli il giusto credito. Non provate nemmeno a derubarglielo, riservandovelo per voi. Se lo faceste alla chetichella, perdereste il rispetto e la fedeltà di tutti i soldati. Alla fine lo verranno a sapere anche gli altri ufficiali di pari grado, i quali prenderanno a evitarvi come una peste. In guerra c’è abbastanza gloria per tutti. Date ai vostri sottoposti quello che gli spetta. Chi prende sempre e non dà mai non è un leader, ma un parassita.

Esiste un altro tipo di giustizia, quella che impedisce a un ufficiale di abusare dei suoi privilegi. Se chiedete rispetto ai soldati, assicuratevi di trattarli con pari rispetto. Edificate la loro virilità e autostima. Non tentate assolutamente di diminuirle. Un ufficiale prepotente e dispotico nel trattamento dei coscritti si comporta da vigliacco. Sarebbe come legare un uomo a un albero con le corde della disciplina e poi colpirlo in faccia sapendo bene che non può reagire. Gentilezza, rispetto e sollecitudine da parte degli ufficiali verso la truppa non sono incompatibili con la disciplina. Anzi, fanno parte della disciplina.

Senza decisione e spirito dì iniziativa, nessuno può pretendere di fungere da leader. Durante le manovre, quando capita un’emergenza, si vede spesso che alcuni diramano con calma ordini perentori che in seguito, dopo accurata analisi, si dimostrano, se non la cosa esatta da fare, quella che più le si avvicina. Altri invece blaterano a vanvera: non riflettono oppure emanano ordini che revocano subito; poi danno in fretta un altro ordine, che parimenti revocano perché inefficace, dimostrando così di trovarsi in uno stato di paura e agitazione.

A proposito del primo potreste dire: “Quell’uomo è un genio. Non ha avuto neanche il tempo di ragione sulla situazione. Agisce d’intuito”. Nient’affatto! Il genio è soltanto la capacità di riflettere in anticipo, spesso a costo di grandi pene.

La persona pronta è quella che si prepara per le evenienze. Studia prima gli eventi che possono accadere e stila dei piani provvisori per difendersi. Quando si troverà di fronte a un’emergenza, sarà pronta ad affrontarla. Deve possedere una sufficiente vivacità mentale per analizzare il problema e l’abilità di pensare rapidamente per determinare quali cambiamenti ai suoi piani si renderanno necessari. Deve inoltre essere decisa quando dirama gli ordini da eseguire e poi dovrà attenervisi. In una situazione d’emergenza, qualsiasi ordine ragionevole sarà meglio di nessun ordine dato.

La situazione esiste: affrontatela.

È meglio fare qualcosa, seppur errata, che esitare a lungo e arrovellarsi per trovare la cosa giusta, finendo però per non fare nulla. Una volta che avrete deciso, attenetevi a quella linea d’azione. Non oscillate. I soldati non si fidano di un ufficiale che non sa dominare la sua mente.

Talvolta potrete trovarvi a dover fronteggiare una situazione che nessun essere umano saprebbe prevedere. Ma se vi siete preparati ad affrontare altre possibili emergenze, l’addestramento mentale di cui sarete provvisti vi permetterà di agire con calma e prontezza. Spesso vi capiterà di dover agire senza alcun ordine dai gradi superiori. Il tempo non vi consente di aspettarli, e allora sarà di nuovo importante lo studio che avrete fatto sul loro comportamento. Se avete una visione generale dell’interna situazione e potete farvi un’idea del probabile piano dei vostri superiori, in base all’addestramento ricevuto per affrontare le situazioni d’emergenza sarete stabile se la responsabilità è vostra, determinando senza eccessivo ritardo gli ordini appropriati.

Nella leadership militare è importante l’elemento della dignità personale. Stringete amicizia con i vostri uomini, ma non diventatene intimi. Essi dovrebbero rispettarvi e avere soggezione, ma non temervi! Se ritengono di potersi permettere un atteggiamento di familiarità con voi, la colpa è vostra e non loro. Saranno le vostre azioni ad averli incoraggiati. Ma soprattutto non svilitevi corteggiando la loro amicizia per accaparrarvene i favori. Se lo fate, vi disprezzeranno. Se siete degni di lealtà, rispetto e devozione, i soldati ve li riconosceranno senza che glielo chiediate. Se non ne siete degni, non potrete far nulla per procurarveli. È estremamente difficile che un ufficiale sia dignitoso se indossa una divisa sporca e piena di macchie, se non si rade da tre giorni e sulla faccia gli spunta la barba. Un uomo simile non ha rispetto di sé e quindi non può neppure pretendere di avere dignità. Ci saranno circostanza in cui vi sporcherete i vestiti e non potrete radervi per diversi giorni. Sarà così anche per i vostri uomini. Allora, sarete scusati se non sarete impeccabili. Anzi, in tali occasioni apparire troppo puliti sarebbe un errore, poiché i soldati penserebbero che non abbiate fatto la vostra parte. Ma non appena le cose torneranno alla normalità, siate l’esempio per quanto concerne la pulizia personale.

E ora parliamo del coraggio. Dovrete averlo a livello sia mentale sia morale, che userete per aderire senza tergiversare a un preciso corso di attività, le azioni che secondo il vostro giudizio saranno indispensabili per conseguire i risultati più adatti. Specie durante le operazioni, spesso vi accorgerete che, dopo aver emesso un ordine esecutivo, sarete assaliti da dubbi e apprensioni, credendo di avere mezzi migliori per realizzare l’esito desiderato. Allora, sarete tentati di cambiare gli ordini. Non fatelo finché non sarà palese che il primo ordine fosse del tutto erroneo. Nel caso anticipaste i tempi, verreste di nuovo assaliti da altri dubbi circa l’efficacia del nuovo corso d’azione. ogni volta che cambiate gli ordini senza ragioni apparenti, indebolirete la vostra autorità ed eroderete la fiducia che i soldati hanno in voi.

Abbiate il coraggio morale di attenervi ai vostri ordini fino alla fine.

Il coraggio morale richiede inoltre che vi assumiate la responsabilità delle vostre azioni. Se i subordinati eseguono fedelmente i comandi, che però li conducono al fallimento, l’insuccesso sarà vostro, non loro. Peraltro, vi sarebbero spettati gli onori se le cose fossero andate bene. Prendetevi tutte le colpe se l’azione finisce in disastro. Non azzardatevi ad attribuirle a un subordinato, facendo di lui il capro espiatorio. Questo sarebbe un atto di grande viltà. Il coraggio morale vi servirà anche per decidere il destino di chi sta sotto di voi. Spesso vi chiederanno un consiglio sulla promozione o sulla degradazione di ufficiali e sottoufficiali alle vostre dipendenze. Non dimenticate mai l’integrità personale e il dovere nei confronti della patria. Non deviate mai dal senso di giustizia, facendovi condizionare dai sentimenti di amicizia. Anche se il vostro sottotenente fosse vostro fratello carnale, degradatelo nel caso vi rendeste conto che è inadatto all’incarico. Qualora non lo degradiate, la vostra mancanza di integrità morale potrebbe causare la perdita di vite umane. Se per contro vi si chiede un rapporto su un uomo che, per motivi personali, non vi piace, non mancate di rendergli giustizia. Ricordate che dovete mirare al bene generale, non a soddisfare un rancore individuale.

Deve essere d’altronde scontato che abbiate una buona dose di coraggio fisico. Non c’è bisogno che sottolinei quanto ciò sia necessario. Il coraggio è qualcosa di più della temerarietà, la quale comporta l’arditezza, cioè assenza di paure. Solo gli ottusi sono temerari in questo senso, perché non hanno il senno per valutare i pericoli e non ne sanno abbastanza da provare paura.

Il coraggio, comunque, è quella fermezza d’animo, quell’integrità morale che, pure riconoscendo il pericolo in agguato, non distoglie da ciò che si deve fare. La temerarietà è fisica, il coraggio è mentale e morale. Potreste sentire freddo dappertutto; potrebbero tremarvi le mani, cedervi le ginocchia: questa è paura. Tuttavia, se non vi fermerete, se malgrado questo cedimento fisico continuerete a incitare la truppa contro il nemico, dimostrerete di avere coraggio. E le manifestazioni fisiche della paura svaniranno. Forse le sperimenterete una sola volta. E’ il “nervosismo del cacciatore” che cerca di sparare al suo primo cervo.

Non arrendetevi davanti a tali manifestazioni fisiche.
Il più bel discorso sulla Leadership….
Diversi anni fa, mentre seguivo un corso sulle demolizioni, la mia classe dovette esercitarsi con la dinamite. L’istruttore ci disse di fare attenzione a come ci muovevamo: “È  mio dovere avvisarvi nella manipolazione di esplosivi. Ognuno di noi può contare su un solo incidente”. Lo stesso avvertimento lo trasmetto a voi. Se cedete alla paura che proverete senza’altro al momento della vostra prima azione, se sarete dei fifoni e, esplorando i crateri delle granate, manderete allo sbaraglio i soldati, stati sicuri che non avrete più l’occasione di comandarli.

Usate il giudizio quando chiedete ai sottoposti di mostrare coraggio fisico o audacia. Non domandate a nessuno di loro di andare dove non oserete mai. Se in base al buon senso capite che un posto è troppo rischioso per voi, lo sarà anche per i soldati. Sapete bene che la vita è preziosa per loro quanto lo è per voi. Talvolta alcuni tra i vostri uomini saranno esposti a pericoli che non potete condividere. Si deve portare un messaggio al di là della linea di fuoco. Chiedete dei volontari. Se i soldati vi conoscono e sanno che siete nel “giusto”, non mancheranno mai dei volontari, poiché essi sapranno che mettete passione nel vostro lavoro, che state dando il massimo per la patria, che portereste volentieri voi il messaggio oltre le linee se poteste farlo. Così, li ispirerete con il vostro esempio ed entusiasmo.

Infine, se aspirate a essere capi, vi consiglio vivamente di studiare gli essere umani. Non restate alla superficie, scoprite cos’è che hanno dentro. Alcuni sono molto diversi da quello che sembrano a prima vista. Cogliete i loro meccanismi mentali.

Gran parte del successo del generale Roberto E. Lee come leader è ascrivibile alle sue capacità psicologiche. Egli conosceva molti scuoi avversari fin dai tempi di West Point, ne conosceva le idee e le concezioni, sapeva che in certe circostanze avrebbero fatto determinate cose. Era pressoché sempre in grado di anticipare le loro mosse e di bloccarne le velleità.

Nell'attuale guerra non conoscerete mai i vostri nemici come lui conosceva i suoi. Potrete conoscere però i vostri soldati. Studiateli uno a uno per capire quali sono i loro pregi e difetti, su quali potete contare fino all’ultimo respiro e su quali non potete contare. Conoscete i vostri uomini, conoscete la vostra attività, conoscete voi stessi!

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