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Imu seconda rata, addio con beffa: qualcuno a gennaio dovrà pagare

La cancellazione della seconda rata dell’Imu sarà in parte addebitata a nuove tasse per banche e assicurazioni, in parte al salvadanaio dello Stato ma 250 milioni freschi li metteranno i contribuenti
Un addio con colpo di coda. L’Imu mette a segno l’ultima beffa della sua breve ma contestatissima vita nel giorno in cui scompare. Nemmeno il tempo di dire addio alla tassa, e fine del tormentone, che spunta un ‘però’ a rimettere in discussione la sostanza delle cose. Partiamo dalle certezze: che la seconda rata non ci sarà è formalmente vero.

Il Consiglio dei ministri spiega in un comunicato diramato ieri sera: «Si abolisce la seconda rata dell’Imu 2013 sull’abitazione principale ad eccezione degli immobili classificati nelle categorie A/1, A/8, A/9. Per quanto riguarda l’Imu agricola per i fabbricati rurali e per gli imprenditori agricoli professionali relativamente ai terreni è prevista l’esenzione totale dal pagamento della seconda rata. Lo Stato rinuncia così a un gettito previsto di circa 2.150 mln. Il mancato gettito viene compensato tramite acconti e aumenti d’imposta a carico del settore finanziario e assicurativo». È tutto molto simile all’uscita di scena immaginata da molti: la tassa se ne va sulle prime case (compresi i terreni agricoli purché coltivati) e per stavolta rimango col portafogli chiuso, come se nulla fosse. In più c’è il sollievo per lo scampato ritocco delle accise sui carburanti.
Senonché, dopo aver chiarito analiticamente le coperture (1,5 miliardi con l’aumento dell’acconto Ires e Irap di banche e assicurazioni più 650 milioni a carico degli intermediari finanziari), la frase sibillina. Questa: «Per quanto riguarda il gettito ulteriore atteso dai comuni che hanno deliberato per l’anno 2013 aliquote superiori a quella standard, circa metà dell’importo viene ristorata dallo Stato; a fini perequativi l’altra metà verrà versata dai contribuenti interessati a metà gennaio 2014, alle stesse scadenze già programmate per altri tributi».

Traduzione. La norma impone ai Comuni che hanno deliberato per il 2013 aliquote superiori a quelle standard del 4 per mille, di fare pagare ai cittadini metà della maggiorazione, con scadenza gennaio 2014. L’altro 50% ce lo metterà lo Stato; ma in città come Milano ad esempio, dove l’aliquota è al 6 per mille, bisognerà chiamare alla cassa la gente per il restante 1 per mille. Il Fisco sulla casa non è riuscito a sfuggire dal cul de sac paradossale nel quale si è cacciato nemmeno nell’ora delle decisioni irrevocabili.
Questo accade perché quei 2.150 milioni di copertura non bastano a rimborsare alle città la differenza per gli aumenti di aliquota decisi nel 2013. Necessariamente, dovranno farsene carico i contribuenti per almeno 250 di quei 500 milioni che restano fuori. Avverrà in almeno 600 Comuni, dalle città grandi come Milano, Napoli o Bologna passando per capoluoghi di provincia come Brescia e Verona fino a una miriade di centri medi e piccoli. L’Imu in pratica è un’imposta che da abolita rischia di costare a molti anche più di quando era del tutto operativa.

Anche perchè tutta l’Imu pagata nel 2012 è inferiore alla sola quota mancante dell’Imu 2013. A Milano con l’aliquota balzata dal 4 al 6 percento, chi nel 2012 pagava 80 come un bilocale da 70mila euro, ora si troverà a gennaio con 140 di quota scoperta da rifondere. Più il valore della casa diminuisce più cresce la differenza. Anche a Bologna l’aliquota è stata alzata (dal 4 al 5) ma quella stessa casa da 70mila euro pagherà 70 invece che 80 euro. Il differenziale peggiore sotto le Due Torri è per chi nel 2012 ha versato zero (per valore catastale di 50mila euro) e ora dovrà dare 50 euro. A Milano è addirittura il doppio, cento euro.
Nel calcolo dell’Imu 2012 i proprietari di valore medio-basso potevano beneficiare della giostra di detrazioni, quelle da 200 euro per tutti più 50 euro per ogni figlio convivente. Mentre invece il conto lasciato inevaso da questa Imu — che scappa dal ristorante lasciando giusto un caffè pagato — è già comprensivo degli sconti.

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