Ocse: gli incentivi fiscali, preferiti rispetto agli aiuti diretti

Ocse: gli incentivi fiscali, preferiti
rispetto agli aiuti diretti
È una delle novità di rilevo che emerge dall’ultimo Rapporto Ocse su ricerca e sviluppo nelle imprese
ricerca e sviluppo
Quale ruolo possono giocare nella crescita economica gli investimenti nel capitale della conoscenza? Quali sono gli strumenti fiscali più adeguati per supportare questo settore? A queste e ad altre domande provano a rispondere due report dell’Ocse pubblicati recentemente: “Supporting Investment in Knowledge Capital, Investment and Innovation ” e “Maximising the benefits of R&D tax incentives for innovation”.
 
Il tasso di investimenti in beni strumentali nei Paesi Ocse
Negli ultimi anni in molti Paesi Ocse il tasso degli investimenti effettuati dalle imprese nel capitale basato sulla conoscenza è aumentato più rapidamente di quello degli investimenti in macchinari, immobili e altri beni strumentali. Diversi studi condotti negli Usa e nei Paesi dell’Unione europea hanno evidenziato come gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo contribuiscano ampiamente alla crescita media della produttività del lavoro e che esiste una forte correlazione positiva tra il valore di mercato di un’impresa e gli investimenti effettuati in questo settore. I tecnici dell’Ocse sottolineano come l’economia fondata sul capitale della conoscenza faccia emergere nuove sfide per la politica della concorrenza, per le forme di finanziamento alle imprese, per l’occupazione e le norme sul mercato del lavoro, per i sistemi di proprietà intellettuale e le politiche legislative. Ad esempio, in quest’ambito, norme meno severe sull’istituto del  fallimento aiuterebbero l’attività soprattutto delle imprese di nuova costituzione.

Gli incentivi fiscali per la ricerca e lo sviluppo
L’Ocse riserva uno studio ad hoc sull’ utilizzo dei incentivi fiscali per la ricerca e lo sviluppo, “Maximising the benefits of R&D tax incentives for innovation”. Il report evidenzia come il numero degli Stati che hanno introdotto questo tipo di aiuti negli ultimi anni sia cresciuto costantemente. Nel 2011, 27 Stati Ocse hanno erogato un numero di agevolazioni fiscali per un importo superiore al doppio di quello erogato nel 1995. Nel quinquennio 2006-2011 in alcuni Paesi Ocse i bonus fiscali per la ricerca e lo sviluppo sono cresciuti di quasi il 25%. I Governi, infatti, preferiscono supportare la competitività delle imprese attraverso questa forma di sostegno piuttosto che tramite gli aiuti diretti, spesso identificati come aiuti di stato e, quindi, non compatibili con il libero mercato. L’Ocse raccomanda però ai Paesi membri di tutelare l’accesso a questi benefici fiscali da parte delle piccole e medie imprese. A beneficare dei bonus, infatti, sono soprattutto le multinazionali che, grazie a una pianificazione fiscale aggressiva, possono sfruttare i sistemi fiscali più vantaggiosi, per cui ad esempio spesso un brevetto viene creato in un determinato Paese e i redditi da esso prodotto vengono tassati in un’altra nazione. Eliminare queste situazioni, assicurando che i redditi tassabili non siano più separati artificialmente dalle attività che li hanno prodotti, è uno degli obiettivi del Piano d’azione “Base Erosion and Profit Shifting” elaborato dall’Organizzazione con sede a Parigi per contrastare l’evasione fiscale internazionale.

Economia della conoscenza e occupazione
Il report dell’Ocse, infine, evidenzia come le piccole e medie imprese che operano nell’ambito dell’economia della conoscenza giochino un ruolo di primo piano nella creazione di posti di lavoro. Una ricerca condotta in 15 Paesi membri dal 2001 al 2011 ha dimostrato come le Pmi riescano a creare occupazione anche durante i periodi di crisi economica. L’Ocse, quindi, consiglia ai Paesi membri di adottare in modo sistematico misure fiscali a sostegno delle Pmi, facilitando in primis l’accesso ai crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, ma anche ai rimborsi e alle compensazion

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