Letta, Imu non si paga: ma vista la Trise, tanto valeva tenercela?
Il governo assicura che l’Imu non si paga, ma l’unica certezza è che dovremo dare al fisco ancora tanto sotto altro nome. Confedilizia, intanto, stima maggiori imposte fino a 45 miliardi in più
«Quando abbiamo fatto l’accordo sul tema complessivo della casa l’avevo detto e ho mantenuto l’impegno (…) Le coperture saranno trovate e indicate attraverso l’anticipo che riguardano attività bancarie e assicurative»: così il premier Enrico Letta, ospite di Domenica In su Rai Uno, a proposito delle risorse per evitare la seconda rata dell’Imu 2013.
Quindi, se volessimo fidarci (visto che in due anni la disciplina dell’Imu è stata corretta svariate di volte) dovremmo esserci sbarazzati dell’imposta municipale.
Arriva uno studio di Confedilizia ad illustrare l’aggravio di tassazione patito dai proprietari di casa a partire dal 2012.
Quello è stato il primo anno di applicazione — nell’ambito della versione sperimentale dell’Imu — dei moltiplicatori catastali previsti dalla manovra Monti, per i quali la stessa legge istitutiva prevedeva che avessero un carattere di provvisorietà. Fino al 2011, infatti, l’Ici era applicata su una base imponibile che era di gran lunga inferiore rispetto a quella adottata a partire dal 2012.
Per le abitazioni, in particolare, il moltiplicatore da applicare alla rendita catastale ai fini del calcolo dell’imposta è passato nel 2012 da 100 a 160, con un aumento del 60 per cento. I moltiplicatori Monti sono stati posti a base dell’Imu anche nel 2013 ed essi costituiranno salvo modifiche anche la base di tassazione per il 2014 sia ai fini dell’Imu sia ai fini della Tasi.
Per farla breve: nel 2014, se il disegno di legge di stabilità non sarà modificato, le maggiori imposte dovute in ragione dell’accoppiata Imu-Tasi potranno variare da un minimo di 39,9 miliardi a un massimo di 45,2 miliardi, in ragione delle aliquote che saranno applicate dai singoli Comuni.
Per il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, «È’ indispensabile una decisa inversione di tendenza, con un ritocco almeno dei moltiplicatori Monti e il ripristino della Service Tax decisa dal Governo il 28 agosto, al posto dell’Imu-bis prevista invece dalla legge di stabilità, sempre basata sui moltiplicatori Monti».
Va bene, tutto questo rimescolamento normativo e terminologico si è reso necessario per sopperire alle croniche carenze accusate dal Belpaese. Ma, in fin dei conti, sorge insopprimibile una domanda: se tanto il contribuente rimane afflitto da una tassa che di diverso ha soltanto il nome (e un po’ di flessibilità in più), non potevamo tenerci l’Imu?
Daniele Passeri
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