Dal 1° gennaio 2014 scatta la normativa antiriciclaggio: ecco come evitare il blocco del proprio conto corrente
Quando si parla di riciclaggio, si intende quell'insieme di operazioni che puntano a dare una parvenza lecita a capitali la cui provenienza è illecita.
Per queste ragioni, nel lontano 2007 il legislatore italiano ha emanato due decreti legislativi, il D.Lgs. 109/2007 e il D.Lgs. 231/2007, dando attuazione alle direttive 2005/60 CE e 2006/70 CE, con lo scopo di prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Secondo questi decreti, le banche devono collaborare attivamente al fine di impedire lo svolgimento di queste operazioni illecite e, per riuscire nell'intento, esse dovranno conoscere bene i loro clienti, soprattutto attraverso la somministrazione di un questionario, oltre a monitorare le operazioni del cliente ed eventualmente segnalare quelle sospette all'Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d'Italia.
Dal 2007, però, poco o niente è stato messo in pratica e così le banche stanno cercando in questi mesi di rimediare al problema, contattando tutti i correntisti che non si sono messi in regola con la normativa antiriciclaggio (che partirà dal 1° gennaio 2014) e chiedendo loro di compilare e firmare un questionario col quale essi dichiarano di essere gli effettivi titolari.
In questi mesi, molti istituti di credito hanno inviato una lettera al domicilio dei correntisti per informarli di questa prassi, altri hanno avvisato la clientela con avvisi agli sportelli o tramite il Bancomat.

Se entro 60 giorni i correntisti non provvederanno a questa dichiarazione, il loro conto sarà immediatamente bloccato e poi chiuso, con la restituzione dei soldi, senza distinzione tra pensionati, casalinghe, uomini d'affari e grandi imprese. Il procedimento di adeguata verifica prevede alcune fasi: identificazione del cliente e di colui per conto del quale eventualmente opera (titolare effettivo); verifica dell'identità di questi soggetti; acquisizione di informazioni su scopo e natura di rapporti e operazioni; monitoraggio costante del rapporto continuativo. Se dal prossimo primo gennaio mancherà l'adeguata verifica, cioé se il cliente non comunicherà e attesterà con documenti adeguati i due dati fondamentali (il titolare effettivo, la natura e lo scopo del rapporto continuativo) scatterà il blocco del rapporto previsto dal decreto del 2012. La banca chiederà nuovamente al cliente le informazioni: se non verranno fornite chiuderà il rapporto e bonificherà il saldo su un conto indicato dal cliente stesso in un altro istituto – questione assai problematica –.
La questione, secondo quanto risulta da esperti del settore, è che gli intermediari si avvicinano alla scadenza in ordine sparso: gli istituti di credito e BancoPosta stanno dando direttive interne agli sportellisti e a tutti i dipendenti di eseguire i controlli sui clienti che si presentano allo sportello sulla base di richieste di informazioni inviate dall'istituto stesso. Alcuni intermediari, ma non tutti però, hanno inviato ai clienti non in regola una comunicazione per segnalare che le relative posizioni non sono in ordine con la verifica, dunque che è necessario recarsi in filiale e trasmettere agli sportellisti o ai direttori di agenzia la documentazione necessaria.
Le norme sul controllo dell'identità, del titolare effettivo e della natura e scopo "dei rapporti continuativi" sono in vigore dal 29 dicembre 2007 e sono state applicate alla lettera dal primo gennaio 2008. Il problema riguarda i rapporti preesistenti, che avrebbero dovuto essere controllati e regolarizzati "nel più breve tempo possibile". Questo adempimento è stato regolarizzato a macchia di leopardo e non sono disponibili dati sulla sistematicità di controlli e adempimenti. Dal 17 settenmbre 2012, con il decreto 169, l'allora Governo Monti ha introdotto però l'obbligo di chiusura dei rapporti in assenza di adeguata verifica. Obbligo rimarcato dalla delibera della Banca d'Italia del 3 aprile scorso che ha emanato le disposizioni attuative del Dlgs 231/2007 e ribadite dalla circolare del 30 luglio scorso del ministero dell'Economia e delle Finanze.
«I bancari, come in passato, non dovranno svolgere attività investigative ma piuttosto provvedere accuratamente all'adeguata verifica per costruire il "profilo di rischio di esposizione al riciclaggio" del cliente. I clienti ricordino che non si tratta di una "schedatura" per volontà di vessazione burocratica. Lo testimonia il fatto che in calce a ogni scheda dovrà esserci l'informativa specifica sul trattamento di quei dati a soli fini antiriciclaggio», spiega Mario Capocci, responsabile nazionale dei quadri direttivi della Fiba/Cisl ed esperto in materia di norme antiriciclaggio. «Ma i clienti devono sapere anche che compilare e sottoscrivere quei moduli è obbligatorio e che l'indicazione falsa o mendace fa scattare il codice penale», conclude Capocci.
Per queste ragioni, nel lontano 2007 il legislatore italiano ha emanato due decreti legislativi, il D.Lgs. 109/2007 e il D.Lgs. 231/2007, dando attuazione alle direttive 2005/60 CE e 2006/70 CE, con lo scopo di prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Secondo questi decreti, le banche devono collaborare attivamente al fine di impedire lo svolgimento di queste operazioni illecite e, per riuscire nell'intento, esse dovranno conoscere bene i loro clienti, soprattutto attraverso la somministrazione di un questionario, oltre a monitorare le operazioni del cliente ed eventualmente segnalare quelle sospette all'Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d'Italia.
Dal 2007, però, poco o niente è stato messo in pratica e così le banche stanno cercando in questi mesi di rimediare al problema, contattando tutti i correntisti che non si sono messi in regola con la normativa antiriciclaggio (che partirà dal 1° gennaio 2014) e chiedendo loro di compilare e firmare un questionario col quale essi dichiarano di essere gli effettivi titolari.
In questi mesi, molti istituti di credito hanno inviato una lettera al domicilio dei correntisti per informarli di questa prassi, altri hanno avvisato la clientela con avvisi agli sportelli o tramite il Bancomat.
Se entro 60 giorni i correntisti non provvederanno a questa dichiarazione, il loro conto sarà immediatamente bloccato e poi chiuso, con la restituzione dei soldi, senza distinzione tra pensionati, casalinghe, uomini d'affari e grandi imprese. Il procedimento di adeguata verifica prevede alcune fasi: identificazione del cliente e di colui per conto del quale eventualmente opera (titolare effettivo); verifica dell'identità di questi soggetti; acquisizione di informazioni su scopo e natura di rapporti e operazioni; monitoraggio costante del rapporto continuativo. Se dal prossimo primo gennaio mancherà l'adeguata verifica, cioé se il cliente non comunicherà e attesterà con documenti adeguati i due dati fondamentali (il titolare effettivo, la natura e lo scopo del rapporto continuativo) scatterà il blocco del rapporto previsto dal decreto del 2012. La banca chiederà nuovamente al cliente le informazioni: se non verranno fornite chiuderà il rapporto e bonificherà il saldo su un conto indicato dal cliente stesso in un altro istituto – questione assai problematica –.
La questione, secondo quanto risulta da esperti del settore, è che gli intermediari si avvicinano alla scadenza in ordine sparso: gli istituti di credito e BancoPosta stanno dando direttive interne agli sportellisti e a tutti i dipendenti di eseguire i controlli sui clienti che si presentano allo sportello sulla base di richieste di informazioni inviate dall'istituto stesso. Alcuni intermediari, ma non tutti però, hanno inviato ai clienti non in regola una comunicazione per segnalare che le relative posizioni non sono in ordine con la verifica, dunque che è necessario recarsi in filiale e trasmettere agli sportellisti o ai direttori di agenzia la documentazione necessaria.
Le norme sul controllo dell'identità, del titolare effettivo e della natura e scopo "dei rapporti continuativi" sono in vigore dal 29 dicembre 2007 e sono state applicate alla lettera dal primo gennaio 2008. Il problema riguarda i rapporti preesistenti, che avrebbero dovuto essere controllati e regolarizzati "nel più breve tempo possibile". Questo adempimento è stato regolarizzato a macchia di leopardo e non sono disponibili dati sulla sistematicità di controlli e adempimenti. Dal 17 settenmbre 2012, con il decreto 169, l'allora Governo Monti ha introdotto però l'obbligo di chiusura dei rapporti in assenza di adeguata verifica. Obbligo rimarcato dalla delibera della Banca d'Italia del 3 aprile scorso che ha emanato le disposizioni attuative del Dlgs 231/2007 e ribadite dalla circolare del 30 luglio scorso del ministero dell'Economia e delle Finanze.
«I bancari, come in passato, non dovranno svolgere attività investigative ma piuttosto provvedere accuratamente all'adeguata verifica per costruire il "profilo di rischio di esposizione al riciclaggio" del cliente. I clienti ricordino che non si tratta di una "schedatura" per volontà di vessazione burocratica. Lo testimonia il fatto che in calce a ogni scheda dovrà esserci l'informativa specifica sul trattamento di quei dati a soli fini antiriciclaggio», spiega Mario Capocci, responsabile nazionale dei quadri direttivi della Fiba/Cisl ed esperto in materia di norme antiriciclaggio. «Ma i clienti devono sapere anche che compilare e sottoscrivere quei moduli è obbligatorio e che l'indicazione falsa o mendace fa scattare il codice penale», conclude Capocci.
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