martedì 29 ottobre 2013

Società tra professionisti: ancora news


Approvato ed emanato il regolamento attuativo in materia di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel settore ordinistico, emanato ai sensi dell’art. 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

I professionisti potranno avviare tutta la procedura per costituire una Società tre professionisti, omologarne lo statuto presso un notaio e fare l’apposita comunicazione al registro delle imprese, prima, e all’ordine di appartenenza oppure a quello dell’attività prevalente (nel caso si società interdisciplinari), dopo. Questa nuova modalità di esercizio della professione, tuttavia, parte fra mille dubbi per quanto riguarda il regime fiscale e previdenziale da attuare. La normativa citata (cd. legge di stabilità per il 2012), ha superare l’annoso contrasto legislativo circa la costituzione di società tra professionisti secondo i consueti modelli codicistici. In precedenza la possibilità di esercitare in forma societaria le professioni intellettuali per il cui esercizio è necessaria l’iscrizione in appositi albi ed elenchi era stata oggetto di ampio dibattito. Infatti la legge 23 novembre 1939 n. 1815, se da un lato consentiva l’esercizio associato delle professioni sottoforma di «studio professionale associato», dall’altro vietava di «costituire, esercire o dirigere, sotto qualsiasi forma diversa da quella di cui al precedente articolo, società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria» (articolo 2).

Al fine di superare le limitazioni della legge 1815/1939 interviene la norma di cui all’articolo 10 della legge n. 183/2011 la quale stabilisce che  «prendere le mosse dalla considerazione per cui le professioni, sia a livello comunitario che internazionale, vengono ascritte fra le attività produttrici di servizi, e quindi, sia pure in una prospettiva allargata, vengono inquadrate fra quelle attività economiche e produttrici di ricchezza rispetto alle quali si pongono le esigenze di unificazione dei mercati e di abbattimento delle barriere protettive frapposte dalle legislazioni nazionali». E indubbiamente lo svolgimento della professione intellettuale in forma di impresa ha assunto, alla luce dell’ormai consolidato orientamento europeo, una nuova luce. Se, infatti, l’ordinamento italiano sembra escludere la natura imprenditoriale della libera professione, in ambito europeo non è controvertibile che la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, ivi inclusa, pertanto, la libera professione. Ne segue che anche in tale categoria economica si afferma la concorrenza la quale richiede, a sua volta, una crescente diffusione dei mercati di sbocco nonché garanzie di tempestività e continuatività delle prestazioni. Requisiti, questi, che «presuppongono una struttura organizzativa e una dotazione di mezzi di cui difficilmente il professionista individuale può disporre».

L’applicabilità delle regole della concorrenza al mercato professionale implica l’assoggettamento di questi ai divieti imposti dall’articolo 101 Tfeu a tutela della libera concorrenza tra imprese. Ma la stessa norma ammette eccezionali limitazioni dettate dalla normativa interna laddove intese a favorire la distribuzione o la produzione dei prodotti/servizi professionali. In tale contesto si pongono le considerazioni della Commissione europea espresse nella Relazione sulla concorrenza dei servizi professionali del 2004, particolarmente quelle contenute nel paragrafo 4.5 recante «Regolamentazioni inerenti alla struttura aziendale». Del resto gli stessi principi inerenti alla libertà di circolazione dei servizi e il diritto di stabilimento legittimano l’esercizio delle professioni in forma collettiva e di conseguenza obbligano ogni Stato membro a porre in essere ogni misura atta a garantire ai fornitori dei servizi e ai fruitori degli stessi un trattamento uniforme e non meno favorevole.

In tale contesto normativo, interno ed internazionale, il regolamento in commento è intervenuto a dettare la disciplina attuativa di determinati aspetti di dettaglio delle nuove società professionali, sulla scorta delle tre «materie» richiamate dal citato articolo 10, comma 10, della legge n. 183/2011. In particolare:

1) «criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere preventivamente comunicato per iscritto all’utente» (comma 4, lettera c) ;

2) «la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti» (comma 6);

3) «i professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta. Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate». (comma 7).

I contenuti del regolamento

L’articolo 1 contiene la definizione di «società tra professionisti» e «società professionale»: sono tali quelle società, costituite secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile (quindi modelli personalistici, capitalistici e cooperativi), soggette alla disciplina di cui all’articolo 10, commi da 3 a 11, della legge n. 183/2011, ed aventi ad oggetto l’esercizio di una o più attività professionali per le quali sia prevista l’iscrizione in appositi albi o elenchi regolamentati nel sistema ordinistico.

La «società multidisciplinare» è invece quella costituita per l’esercizio di più attività professionali ai sensi dell’articolo 10, comma 8, della legge di stabilità 2012.

Il regolamento conferma che restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 183. La norma (art. 10, comma 11, legge n. 183/2011) fa quindi salvo lo schema dello studio professionale associato, anche a seguito dell’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni. Resta inoltre immutata la disciplina delle società di ingegneria contenuta nell’articolo 90, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la disciplina delle società di revisione legale, di cui al Dlgs 27 gennaio 2010 n. 39, nonché le «associazioni di notari» di cui all’articolo 82 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento notarile) che rappresentano, rispetto alla legge n. 183, lex specialis .

La qualifica di società tra professionisti viene assunta, ai sensi del comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 183obbligo informativo,  le società il cui atto costitutivo preveda, tra l’altro, che «la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente». Per rendere operativa tale disposizione il regolamento prevede che la società professionale, al momento del primo contatto con il cliente, debba fornirgli, anche tramite il socio professionista, informazioni relativamente:

a) al suo diritto di chiedere che l’esecuzione dell’incarico conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui scelti e quindi consegnare al cliente l’elenco scritto dei singoli soci professionisti, con l’indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi, nonché l’elenco dei soci con finalità d’investimento;

b) alla possibilità che l’incarico professionale conferito alla società sia eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti per l’esercizio dell’attività professionale;

c) all’esistenza di situazioni di conflitto d’interesse tra cliente e società, che siano anche determinate dalla presenza di soci con finalità d’investimento.

L’adempimento di tali obblighi informativi, e l’eventuale indicazione da parte del cliente del professionista prescelto, deve risultare da atto scritto.

Da una prima lettura della normativa regolamentare sembrerebbe quindi confermata quella dottrina secondo cui la previsione contenuta nella lettera a), del comma 4, dell’articolo 10, della legge n. 183 («l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci») si leggerebbe nel senso che il rapporto d’opera si instaura fra società e cliente. Questi può eventualmente scegliere il professionista ma, in mancanza, la scelta viene effettuata dalla società con l’ovvio corollario che, in caso di recesso o impossibilità ad adempiere da parte del professionista incaricato, la società dovrà comunque garantire l’assolvimento dell’incarico (salva espressa opposizione del cliente). Lettura peraltro compatibile con il dato costituzionale di cui all’articolo 33, comma 5, che impone l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate: compatibilità basata sulla distinzione concettuale fra esercizio della professione ed esecuzione della prestazione professionale. Il primo può essere svolto in forma individuale e societaria; la seconda può essere svolta esclusivamente dalla persona fisica del professionista abilitato. Su tale linea, avverte la relazione illustrativa, si pone l’articolo 3 del regolamento che, accogliendo le osservazioni del Consiglio di Stato, espressamente rileva che gli obblighi informativi in capo alla società siano funzionali alla garanzia che tutte le prestazioni siano eseguite da soci in possesso dei requisiti richiesti. Peraltro il principio della personalità dell’esecuzione della prestazione professionale è rimarcato dall’articolo 5 del medesimo regolamento, secondo cui nell’esecuzione dell’incarico il socio professionista può avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, della collaborazione di ausiliari e, solo limitatamente a particolari attività caratterizzate da sopravvenute esigenze non prevedibili, di sostituti. Anche i nominativi di sostituti ed ausiliari devono essere comunicati al cliente secondo le regole generali e questi ha la facoltà, entro tre giorni dalla comunicazione, di esprimere per iscritto il proprio dissenso.

In tema di incompatibilità, stabilisce la norma primaria che «La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti» (art. 10, comma 6, legge n. 183/2011) e la norma regolamentare (articolo 6) chiarisce che l’incompatibilità della partecipazione contemporanea a più società professionali si determina anche nel caso della società multidisciplinare e si applica per tutta la durata dell’iscrizione della società all’ordine di appartenenza. Ma non è affatto chiaro (e la relazione illustrativa allo schema di regolamento non manca di rilevarlo) se tale incompatibilità sia riferita a tutti i soci (inclusi quelli di capitale) o ai soli professionisti. Peraltro il socio di capitale può far parte di una società professionale solo quando sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l’iscrizione all’albo professionale cui la società è iscritta; non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione; non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari. Per i soci di capitale requisiti di onorabilità sono rappresentati della mancata sottoposizione a misure di prevenzione personali o reali applicate anche in primo grado.

Una vera e propria lacuna della legge 183/2011 è la mancata disciplina delle conseguenze che il verificarsi della situazione di incompatibilità comporta, nonché delle modalità procedurali per la rilevazione di tali incompatibilità (l’accertamento potrebbe essere demandato al notaio rogante in sede di costituzione o modifica dell’atto costitutivo). Pertanto il regolamento si limita laconicamente a prevedere (articolo 6, comma 6) che il mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità integrano illecito disciplinare per la società tra professionisti e per il singolo professionista.

L’articolo 8 del regolamento prevede l‘obbligo di iscrizione della società in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti. La società multidisciplinare è invece iscritta presso l’albo o il registro dell’ordine o collegio professionale relativo all’attività individuata come prevalente nello statuto o nell’atto costitutivo. Nell’eventualità che non sia individuata tale attività prevalente resta aperta l’opzione di una plurima iscrizione con conseguenti regimi concorrenti. Segue la descrizione del procedimento di iscrizione con l’individuazione del consiglio dell’ordine o collegio professionale competenti, nonché le modalità di adozione del provvedimento di diniego di iscrizione. Prevista espressamente la cancellazione dall’albo per difetto sopravvenuto di un requisito previsto dalla legge o dal medesimo regolamento, nel rispetto del principio del contraddittorio, qualora la società non abbia provveduto alla regolarizzazione entro il termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è verificata la situazione di irregolarità (fermo restando il maggior termine previsto dall’articolo 10, comma 4, lettera b), della legge n. 183/2011 circa il ristabilimento della prevalenza dei soci professionisti che deve comunque essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci). Infine l’articolo 12, chiarisce che il professionista socio rimane vincolato e risponde disciplinarmente al proprio codice deontologico. Altresì la società è responsabile secondo le regole deontologiche dell’ordine nel cui albo è iscritta. La responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società nel solo caso di violazione deontologica ricollegabile a direttive impartite dalla società medesima.

L’assoggettabilità fiscale e previdenziale dei redditi prodotti dalle società tra professionisti

È opportuno rilevare che la norma primaria di riferimento (la legge n. 183/2011), si è incaricata principalmente di disciplinare gli aspetti civilistici delle società tra professionisti, tralasciandone gli aspetti fiscali e previdenziali. Allo stato attuale della normativa, il regime fiscale e previdenziale applicabile sarà pertanto desumibile dalla forma societaria adottata (ad esempio per le società di capitali il relativo reddito sarà considerato reddito di impresa). La circostanza della necessaria riconducibilità del reddito della società tra professionisti al reddito professionale a cagione dell’attività esercitata di natura esclusivamente professionale, pure legittimamente invocata dal Comitato unitario professioni (circ. 2 gennaio 2012), non sembra tenere pienamente conto che siffatte società introducono un elemento al loro interno «del tutto nuovo e di grande impatto, i soci investitori, che professionisti non sono». Ciò anche a voler considerare il ridimensionamento del ruolo dei soci non professionisti operato dalle modifiche introdotte in sede di conversione del decreto legge n. 1/2012.




A tale riguardo è utile ricordare che la legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante «Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense», nel definire la delega al Governo per disciplinare le nuove società tra avvocati, prevede espressamente, tra i principi della delega, la qualificazione dei redditi prodotti dalle predette società quali redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali, ai sensi del capo V del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Le società tra avvocati, tuttavia, pur se potranno essere costituite esclusivamente in forma di società di persone, società di capitali o società cooperative, saranno composte soltanto da soci avvocati iscritti all’albo. La tesi della riconducibilità del reddito prodotto dalle società tra professionisti di cui all’articolo 10 della legge n. 183/2011 alla categoria del reddito professionale, pertanto, dovrà essere suffragata da un chiaro ed esplicito intervento legislativo, non integrabile in un mero intervento regolamentare, circostanza della quale è ben consapevole la stessa relazione illustrativa al regolamento (ed analoga previsione si auspica circa l’esclusione delle novelle società dal fallimento e dalle procedure concorsuali diverse da quelle di composizione delle crisi da sovraindebitamento). Si legge nella medesima, infatti, che «restano estranei all’oggetto del provvedimento illustrato, per assenza di riferimenti nella normativa primaria, i profili fiscale e previdenziale delle società professionali, aspetti che trovano adeguata regolamentazione legislativa per talune professioni (ingegneri, architetti) e che, quanto agli avvocati, sono stati di recente esplicitamente trattati dalla citata riforma ordinamentale». In proposito vale la pena ricordare che, per quanto concerne la società tra professionisti (avvocati) introdotta con Dlgs n. 96/2001, l’Agenzia delle Entrate ha precisato con la risoluzione n. 118/E/2003 che il relativo reddito deve essere qualificato come reddito di lavoro autonomo. Pertanto il rinvio operato dalla norma alle disposizioni che regolano la società in nome collettivo deve essere inteso solo a fini civilistici, ferma restando la specificità del tipo e la natura non commerciale dell’attività svolta. Viceversa per le società di ingegneria i relativi redditi sono stati considerati dall’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 56/E/2006, redditi di impresa.

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