martedì 30 gennaio 2018

Lo psicologo: «Nei festivi non bisogna lavorare»

Papa Francesco ha difeso il riposo domenicale, Di Maio chiede la chiusura dei negozi nei giorni festivi. Ma il riposo è davvero l’opzione migliore, in un periodo di crisi economica generalizzata? Ne abbiamo parlato con un esperto
«Il settimo giorno è per il riposo». Lo ha detto ieri Papa Francesco, difendendo il diritto al riposo domenicale, nell’udienza generale del mercoledì. «È un’invenzione cristiana, quella del giorno settimanale di astensione dai lavori. In età romana non esisteva. Per tradizione biblica gli ebrei riposano il sabato, mentre nella società romana non era previsto un giorno settimanale di astensione dai lavori servili. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucarestia, a fare della domenica il giorno del riposo».


Pochi giorni fa, anche Di Maio aveva lanciato un appello per l’approvazione della proposta di legge per la chiusura dei negozi nei giorni festivi: «Le liberalizzazioni selvagge di Monti e dei decreti Bersani hanno fallito. Hanno solamente spalmato su sette giorni lo stesso incasso che i negozi facevano prima in sei. A fronte di nessun beneficio economico, le conseguenze sociali sono state disastrose. Hanno «massacrato le famiglie degli esercenti che non si riposano più. I bimbi devono crescere a contatto con i loro genitori. Famiglie più felici sono la premessa di una Italia più forte!».

Ma è proprio così? Lo abbiamo chiesto a Matteo Marini, psicologo che lavora da anni come consulente e formatore in diverse aziende nel settore delle consulenze aziendali, del benessere organizzativo, dello stress, della comunicazione aziendale e della comunicazione persuasiva, e che ha scritto diversi libri, tra cui Happy Worker. Come vivere il lavoro autonomo senza stress e Fucking Monday. Corso di sopravvivenza in ufficio (Giunti Editori).

La domenica è davvero sacra?
«Assolutamente sì: noi esseri umani abbiamo un bisogno fisiologico di decomprimere lo stress. Ma non bastano le pause del weekend: dovremmo farne anche durante la giornata lavorativa: ben vengano le pause caffè, i cinque minuti di relax. I lavori più stressanti sono quelli che non consentono la decompressione: pensiamo alla professione del chirurgo, che non riesce a “staccare” anche per molte ore. Ma dopo essersi concentrati molto, l’attenzione, e quindi la performance, diminuisce».

Lo stress è davvero così dannoso?
«Lo stress non è una malattia, ma porta a nevrosi ed è la causa dello sviluppo di diverse patologie. L’eccesso di stress uccide alcuni tipi di linfociti, per cui siamo meno difesi dalle malattie, diventiamo immunodeficienti, o al contrario possiamo sviluppare un ipertrofismo del sistema immunitario e essere colpiti da intolleranze e allergie».

Lavorare anche nei giorni festivi fa male a tutti?
«Sì, anche se bisogna tenere conto di diversi elementi. Una persona resiliente resiste sicuramente meglio. Poi, è importante il grado di gratificazione che si prova facendo il proprio lavoro. In ogni caso, anche chi è più resiliente e soddisfatto, mentre lavora ha rapporti limitati con la famiglia e gli amici: rinunciare alla vita sociale riduce la qualità della vita».

E chi lavora la domenica, ma sta a casa il lunedì?
«Rischia l’isolamento sociale, perché la maggior parte delle persone è libera nel weekend. Chi lo fa deve essere consapevole che il suo stile di vita aumenta lo stress».

Per le persone in difficoltà economiche, non è più stressante non avere un impiego che lavorare di domenica?
«Si può fare per un po’: il nostro cervello si basa sulle priorità, e la prima è dare sostentamento a se stessi e alla propria famiglia. Non poterlo fare risulta essere un elemento profondamente stressante. Ma anche lavorare troppo non è un’opzione sana: a lungo andare, produce conseguenze negative».

Perché è importante «staccare»?
«Il lavoro implica proiezione, l’identificazione in un ruolo. Ma sperimentarsi in altri ruoli e liberarsi da quello lavorativo è terapeutico. Bisogna essere, oltre che un lavoratore, un genitore, il presidente della squadra di calcetto, l’appassionato di alianti o di francobolli. Dentro di noi convivono tanti aspetti che formano la personalità: dobbiamo riuscire a dare nutrimento a ciascuno».

Essere pagati di più può compensare lo stress di lavorare nei festivi?
«Solo se poi si decomprime subito. Possiamo lavorare a Natale, se il giorno di Santo Stefano partiamo per una vacanza che possiamo permetterci grazie a un breve periodo di iper lavoro. Ma lo stress deve assolutamente essere abbattuto».

Ci sono fasi della vita in cui è più difficile «staccare».
«L’organismo, soprattutto quello delle donne, è fatto per resistere a stress grandi, ma le riserve degli individui non sono illimitati. Alle volte ci stupiamo di quanto siamo forti, ma non è una situazione destinata a durare per sempre, e pensare il contrario è delirio di onnipotenza. Dopo anni di stress, il corpo si esaurisce, subentrano patologie, e non si riesce più a compensare rimanendo a casa nel fine settimana».

Ogni quanto tempo è necessario «staccare»?
«L’importante è farlo spesso. Ad esempio, anziché le due o tre settimane di vacanze estive, sarebbero più efficaci tante mini ferie, come si usa fare in diversi Paesi europei. Anche perché, dopo due settimane di vacanza, l’impatto del ritorno al lavoro è piuttosto traumatico. Meglio partire frequentemente, per 4 o 5 giorni: le vacanze possono anche essere economiche, se ci si accontenta. Partire “ripulisce” dalla routine e ci fa ritrovare un po’ di quella natura nomade che fa antropologicamente parte di noi, e che per gli esseri umani è terapeutica».

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