SCIOPERO COMMERCIALISTI: LA BASE ALZA LA TESTA… PRENDE UNA BELLA BOTTA E SI SVEGLIA CED A cura di Antonio Gigliotti

Son soddisfazioni, cari amici, non è vero?
Certo che sì, e voglio convincervi di questo, perché i comunicati stampa sprizzano gioia e i giornali titolano che i commercialisti hanno vinto. Quindi, evidentemente, voi che vi lamentate avete torto, ed io sono un populista.
Peggio ancora, voi (con me) siete conniventi con gli evasori, perché non li vogliamo proprio questi spesometri, e nemmeno le comunicazioni trimestrali, e nemmeno l’antiriciclaggio.

E se non li vogliamo (orsù, basta un click!) viene da pensare che sia per proteggere il nemico sociale numero uno, ovvero l’azienda, soprattutto se piccola, ancora peggio se artigiana e commerciante. Avete presente quella gentaglia che si sbatte tutto il giorno in laboratori artigianali o dietro un bancone, e certamente ha milioni di euro sotto il materasso? Avete presente quelli che se gli dici ‘controlla che mi manca una fattura’ ti chiedono ‘Fattura? Malocchio?’. Ecco, proprio quella brutta gente lì. E con loro, VOI, cari amici, avvocati del diavolo, difensori degli evasori, che pigramente incassate somme astronomiche ed avete pure il coraggio di lamentarvi.

Ma che dobbiamo fare, dopo essere stati presi così in giro, da TUTTI, se non prenderci in giro noi per primi?
Amarezza, delusione, sconforto. Sono questi i sentimenti di queste ore, che ci hanno dimostrato senza alcuna ombra di dubbio alcuni punti fermi: 1. Noi NON abbiamo diritto di sciopero, perché se scioperiamo veniamo multati (e chissenefrega della tanto osannata Costituzione). 2. Noi NON abbiamo voglia di lavorare, e per questo è giusto che veniamo castigati. Zitti e muti, produrre! 3. Noi NON siamo degni di considerazione.

E’ stata una SCONFITTA clamorosa su tutta la linea, altro che una vittoria. Guardiamoci in faccia ed ammettiamolo, ci avevamo creduto che per la prima volta la nostra categoria, abituata da sempre a prendere schiaffoni, finalmente facesse sentire forte e chiara la propria voce. Compatti, per la prima volta. Decisi, per la prima volta. E invece? Due caramelle, ci mandano a casa con due caramelle avvelenate, e ‘noi‘ siamo pure contenti.

A questo punto sorge spontaneo un dubbio: CHE CI FACCIAMO in una categoria che ormai ci risultata totalmente aliena? CHI SIAMO dunque noi? Mi riferisco agli studi mono personali, ai piccoli studi, a quelli che seguono le piccole aziende (ma ci rendiamo conto di quante sono e di quanto gettito producono, anche grazie al nostro lavoro?).

Inizio a pensare seriamente di aver cambiato mestiere, senza accorgermene. Io, voi, non siamo più commercialisti, o almeno non siamo il ‘tipo’ di commercialista che viene riconosciuto come tale, nemmeno dai nostri colleghi. Siamo impiegati. Impiegati statali (MA MAGARI!), o più correttamente centri di elaborazione dati, sottopagati (quando va bene).
Mettete insieme tutti gli anni passati chini sui fogli, sommate le quote di iscrizione di iscrizione all’Ordine e tutte le spese correlate allo ‘status’ di Commercialista, e stupite. Ma prima accertatevi di avere un antiacido a portata di mano, pensando a come l’Ordine stesso e le nostre rappresentanze hanno, per l’ennesima volta, ascoltato le NOSTRE rimostranze.

E’ ora di prenderne atto, o le cose cambiano, e subito, o saremo noi a dover cambiare, dirigendo la nostra professionalità in grandi strutture di alta consulenza (diventando un numero NEL mucchio, insomma) o rinunciando alla professione e passare ad elaborare solo dati per tante piccole imprese, che è poi quello che già ci costringono a fare, diventando un numero PER il mucchio.


“Per la mente che vede con chiarezza non c'è necessità di scelta, c'è azione.”
Jiddu Krishnamurti

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